Recensione: Obeisance Rising

Di Vittorio Cafiero - 26 Dicembre 2013 - 23:53
Obeisance Rising
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2012
Nazione:
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90

“They Live, We Sleep”

Cosa si nasconde dietro la superficie patinata dell’America ottantiana? Ancora peggio, chi comanda davvero le nostre vite, chi scrive le regole del gioco e ci tiene ostaggi in una pseudo-vita dove tutto è programmato, pianificato e, soprattutto, controllato? Queste erano le domande tipicamente orwelliane che il grande John Carpenter si poneva mentre, sotto pseudonimo, scriveva la sceneggiatura di They Live (Essi Vivono), non il migliore, ma certamente uno degli episodi più profondi della sua cinematografia. Tanto significativo, da essere ancora oggi attuale nella sua declinazione più profonda – l’uomo è un essere libero? – e, chiariamolo, da non confondere con pacchiane teorie complottiste da social network. Argomenti seri e sentiti, dunque, al punto di portare gli Hideous Divinity a costruirci attorno l’intero contenuto concettuale del loro esordio discografico, Obeisance Rising.          

Un passo indietro. Che la scena death metal italiana sia stata prolifica negli ultimi anni è cosa oramai risaputa. Altrettanto, che quella della Capitale sia probabilmente la più rappresentativa. In un contesto così fertile, Enrico Schettino (ex ascia degli Hour Of Penance) crea a partire dal 2007 un’entità death pensante e personale, che, dopo alcuni anni di gestazione successivi al demo Sinful Star Necrolatry, dà alla luce il debut album oggetto della presente analisi, licenziato dall’eccellente label di settore Unique Leader (Deeds Of Flesh, Disgorge, Rings Of Saturn, tra i tanti).

Pensante e personale, si diceva: ciò che colpisce degli Hideous Divinity, infatti, non è tanto il tipo di genere proposto (un death che mescola perfettamente violenza, brutalità e tecnica sulla scia di act quali Behemoth, Nile, Suffocation), quanto piuttosto la personalità nell’approccio alla composizione, studiata senza essere fredda o distaccata, profonda e ricercata eppure niente affatto noiosa. Il risultato è un album feroce, ma implacabilmente preciso nella sua rabbia, mai fine a se stesso in termini di efferatezza.

Il viaggio degli Hideous Divinity nei meandri del controllo psicologico subito dalla razza umana è (diversamente dal film di Carpenter) privo di speranza, di illusioni, di luce. Forse meno politicizzato e più sci-fi oriented. Musicalmente parlando, dopo l’inquietante e cinematografica introduzione di A New Morning, ci si immerge subito nel reame dell’Orrida Divinità, ossia un death metal tutto d’un pezzo, seppur dotato delle opportune variazioni sul tema: velocità e tecnica la fanno da padrone (non che la fase solista sia da meno, ma ciò lo si percepisce soprattutto a livello di base ritmica), tuttavia l’aspetto emozionale non viene mai a mancare, grazie soprattutto all’interpretazione di Enrico ‘H’ Di Lorenzo alle vocals (medico chirurgo e foniatra, talmente esperto di tecniche di canto estremo da essere un apprezzato insegnante, forse figura unica nel suo genere), ma anche grazie agli stacchi rallentati (The Servant’s Speech) che, in alternanza con repentine accelerazioni, arricchiscono di pathos i pezzi in un crescendo di tensione. Proprio a tal proposito, è doveroso menzionare anche Summoning Fists To Heaven, per chi scrive uno dei pezzi migliori del lotto, che si avvicina alla perfezione grazie all’eccellente susseguirsi, senza soluzione di continuità, di parossisitici blast-beat a sostegno delle strofe e di clamorosi stop-and-go che irrobustiscono la marzialità della composizione; anche la fase solista delle chitarre è di tutto rispetto, valida soprattutto nell’attacco dell’assolo, davvero incisivo. Altrettanto impressionante è la successiva A New Hope Of Worms, più orientata su ritmi veloci e particolarmente indicata per le esibizioni dal vivo, grazie anche ad un “ritornello” (virgolette d’obbligo) ad uso e consumo della partecipazione del pubblico. Discorso simile per Cerebral Code Of Obeisance, dove la dichiarazione di sottomissione – “…obey to…” – è tanto esplicita da stamparsi subito nella mente dell’ascoltatore.  
Concettualmente parlando, la rappresentazione di questa pseudo (davvero pseudo?)-realtà è tutt’altro che diretta: aleggia un senso di opprimente claustrofobia tra le strofe e le brevi liner note che accompagnano ciascun pezzo aiutano solo in parte. Poco male, del resto la mancanza di immediatezza è voluta in questo lavoro e ne è elemento indispensabile.
Si prosegue con I Deny My Sickness che, senza concedere tregua, è un assalto frontale e diretto, relativamente breve, specialmente se si considera il trittico finale, dove gli Hideous Divinity danno il meglio di sé, in tre pezzi lunghi ed elaborati per gli standard del genere: Laughing At The Ephemeral Race è un trionfo di soluzioni, tanto da regalare ancora sorprese dopo innumerevoli ascolti, As Flesh Gospelled Pure Hate (altro climax dell’intero lavoro) è un uragano che sommerge e trova i suoi punti di forza soprattutto nella struttura e nella metrica dei versi, dove Di Lorenzo si esalta in un cantato che alterna growl e scream e nelle accelerazioni che, a ondate, travolgono l’ascoltatore. Chiude la lunga Enclosured, che ancora una volta conferma il fil-rouge dell’abum: nessuna concessione alla facilità di ascolto, nessuna soluzione di comodo per accontentare l’ascoltatore meno esigente. Un lungo epilogo strumentale chiude il pezzo in una spirale scomoda, quasi opprimente.

Perfettamente registrato e mixato nei 16th Cellar Studios di Stefano Morabito, mecca del death metal tricolore, Obeisance Rising è caratterizzato da una performance esecutiva che lascia senza parole. Il fatto che della line-up originale siano rimasti solo il fondatore Enrico Schettino alla chitarra ed Enrico Di Lorenzo alla voce potrebbe essere un elemento di preoccupazione, se non fosse che la base ritmica (‘Mizio’ Montagna alla batteria e Flavio Cardozo al basso) sia stata nel frattempo sostituita, rispettivamente, dagli altrettanto validi Giulio Galati e Stefano Franceschini, forse i migliori nel genere in Italia nel loro ambito (provare per credere, selezionando i video linkati). Alla seconda chitarra, oltretutto, il ruolo di Fabio Bertoletti è attualmente coperto da Antonio Poletti, altra figura cardine del metal capitolino, per aver suonato nientedimeno che su capolavori quali Wish I Could Dream It Again, Arte Novecento e Dreams D’Azur (Novembre).   

Obeisance Rising è senza dubbio il miglior album death metal uscito in Italia negli ultimi anni, che proietta istantaneamente gli Hideous Divinity nel gotha della musica estrema tricolore e, visti gli attestati di apprezzamento ottenuti all’estero, permette ai Nostri di guardare ai maestri del genere senza complessi di inferiorità. E la sensazione è che sia solo l’inizio di una grande avventura.

Vittorio “Vittorio” Cafiero

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