Recensione: Oblivion Awaits

Di Stefano Burini - 11 Febbraio 2016 - 0:01
Oblivion Awaits
Band: Malrun
Etichetta:
Genere: Metalcore 
Anno: 2015
Nazione:
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65

I Malrun non sono onestamente uno di quei gruppi in possesso di particolari doti artistiche o tratti distintivi in grado di farli spiccare in maniera netta nell’ormai sterminato panorama *core. 

Volete una prova di quanto appena affermato? Date qualche ascolto ai due full length finora dati alle stampe dalla band danese: troverete del melodic metalcore di certo ben suonato e tutto sommato nemmeno spiacevole da ascoltare, quanto purtroppo drammaticamente privo di guizzi, sia che si parli dell’ancora acerbo “The Empty Frame” (2012) oppure del fin troppo compìto “Two Thrones” (2014).

Questo, almeno, fino a oggi. I Malrun, a poca distanza dell’ultimo studio album hanno infatti deciso di separarsi dal vecchio cantante Jacob Løbner e, più o meno contestualmente all’ingaggio del sostituto Nicklas Sonne, di dare una bella sterzata a quel loro sound innocuo ed impersonale.

Con Il nuovo EP “Oblivion Awaits” i danesi accantonano finalmente buona parte delle partiture anonime che imprigionavano l’energia e l’inventiva delle chitarre di Mads Ingeman e Patrick Nybroe e con il traino dell’esuberante vocalismo di Sonne – uno che non sfigurerebbe al microfono di una hard rock band – arrivano a lambire l’alternative e l’hard ‘n heavy a tinte groovy di ultima generazione senza disedegnare qualche tentazione progressiva. Nulla di particolarmente innovativo né di miracoloso ma un insieme di certo più vivace di quanto finora prodotto dalla band di Aarhus, in grado di far ben sperare in prospettiva.

Delle sei canzoni proposte è difficile estrarre un vero e proprio high-light: le melodie funzionano tutte a dovere e così pure il buon lavoro da parte di chitarre, basso e batteria, equamente diviso tra ritmiche di chiara derivazione metalcore e momenti di maggior respiro. Dovendo tuttavia, fare qualche titolo, vale la pena citare la riuscita “Cold”, valorizzata da un’ottima prova vocale, e la conclusiva “Breaking The Illusion”, carica come una molla e davvero trascinante grazie ad uno sviluppo ben congegnato.

Non faranno la storia del metal(core), dicevamo in apertura, tuttavia bisogna ammettere che con questo nuovo EP e con il cambio al microfono i Malrun hanno dato una discreta scossa ad una proposta altrimenti davvero troppo opaca. Ora non resta che attendere la prova sulla lunga distanza per poter valutare l’effettiva crescita sulla lunga distanza. 

Stefano Burini

 

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