Recensione: Occulta ReligiO

Di Matteo Orru - 30 Settembre 2018 - 0:04
Occulta religiO
Band: Abhor
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2018
Nazione:
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80

Il 2018 segna,tra gli altri,pure il ritorno degli Abhor,che se di cult band non si può ancora parlare ben poco ci manca. I signori del male padovani ci avevano abituati a produrre album in maniera costante,con una media di circa un full lenght ogni due anni,sta volta ne abbiamo aspettato tre ma l’attesa viene decisamente premiata.

I nostri proseguono il discorso da dove lo avevano lasciato e,se a metà degli anni duemila si era assistito a un inasprimento della loro proposta,che passò da un metal a tinte oscure e sinfoniche a un black di matrice più tradizionale con tempi sostenuti e blast inferociti, già nel 2011 con Ab Luna Lucenti, Ab Noctua Protecti tornarono sui loro passi sino ad arrivare alla completa maturità odierna.

Occulta religiO non è altro che la quadratura del cerchio,l’essenza della malignità,dell’occulto visto dal profondo dell’anima nera più intima e perversa.

I suoni si fanno più maturi e plumbei creando atmosfere rarefatte e dilanianti;se l’incipt Elemental Conjuring può trarre in inganno con il suo incedere crescendo e spedito,già da Fons Mallorum i ritmi si fanno più compassati e pesanti,facendoci piombare in un’atmosfera oscura,tetra e demoniaca.

I richiami alla scuola occulta classica italiana sono presenti in ogni angolo del disco e sono intrisi di incenso e pozioni letali,servendoci su un piatto d’argento un calice colmo di sangue con pillole di Paul Chain e dei Necromass più riflessivi.

Il sempre presente Ulfhedhnir col fidato compagno alchimista Saevum sa bene come come si può suonare musica malvagia e infernale senza andare esclusivamente a 2000 bpm; in Occulta religiO prevale l’intimismo e il desiderio di percorrere un viaggio tra sentieri medievali lungo le mura dell’antica Padova, tra eleganti palazzi signorili e fiumi stagnanti sfocianti in acquitrini, tra lampade a gas che concedono un piccolo lume di speranza nella fittissima nebbia che aleggia tra magnifiche piazze e la torre della Spercola che svetta imperiosa.

Lo scream lacerante si mescola sapientemente con spoken vocals mentre l’organo mefistofelico trascina negli inferi in maniera lenta ma irreversibile concedendo un esperienza ultraterrena facendo piombare direttamente a fine 1700, tra figure vampiriche e ambigue vestite con drappi neri e porpora e la curiosità verso il male più introspettivo (ascoltare tra tutte la maligna Black Bat Recalls e la conclusiva title track).

Per chi scrive ci sarebbero da sprecare più di queste poche righe per esprimere le sensazioni che un disco del genere riesce a trasmettere nel 2018, soprattutto quando si è cresciuti a pane, Death SS e Aleister Crowley. Un percorso mentale al limite dello psichedelico intricato in selve oscure e nebbiose dove l’elemento di classe italica è predominante (e scusate se è poco), abbellito e valorizzato da una produzione mai eccessiva ma che si coniuga in maniera esemplare con ogni singola nota suonata.

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