Recensione: One

Di Mauro Gelsomini - 23 Novembre 2004 - 0:00
One
Band: Neal Morse
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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69

A due anni esatti dalla sua dipartita dagli Spock’s Beard, Neal Morse si presenta con il quinto album solista, il secondo dalla separazione, avvenuta peraltro senza particolari motivi, almeno ufficialmente.

Accompagnato dagli ormai fidati Mike Portnoy (già compare del nostro nei Transatlantic) e Randy George al basso, Morse non trattiene più il suo scrosciante desiderio di scrivere testi a sfondo religioso, e quasi come un predicatore – una sorta di Michael Sweet del prog rock – rielabora le sue riflessioni in quello che potremmo quasi definire un concept sulla separazione e il successivo riavvicinamento dell’uomo con Dio, in concomitanza con la presa di coscienza che molti avvertono in età “matura”. Non è certo di maturità dal punto di vista artistico, ciò di cui Neal abbisogna, anche se forse un po’ di freschezza compositiva non guasterebbe, dal momento che questo “One” molto deve al precedente “Testimony”, dello scorso anno, ma soprattutto ai capolavori degli Spock’s Beard, “Snow” e “Beware Of Darkness” su tutti.
Migliora invece il lato tecnico: la produzione è più vicina agli anni ’70 di quanto non fosse stata quella dell’album precedente. Via dunque i synth e gli amplificatori/processori digitali e spazio a veri organi e mellotron, e ai cari vecchi valvolari, per un guadagno decisamente riscontrabile in termine di calore e feeling.

Apre l’album una coraggiosa suite in quattro movimenti, “The Creation”, tipicamente Spock’s Beard, che introduce la genesi dell’umanità come un iniziale tutt’uno con la divinità e la sua separazione a causa del peccato originale. L’idea di un Dio che cerca insistentemente l’uomo è ben resa dalle fughe e i controcanti di cui tutto il disco sarà costellato. Fa da breve intermezzo d’atmosfera “The Man’s Gone”, prima che “Author of Confusion” irrompa in tutta la sua progressione, con il disarmante coro centrale che ricorda molto per costruzione quello meraviglioso in “Beware Of Darkness”. A gettare un’ombra sulla song ci pensa Mike Portnoy, con il suo immancabile “omaggio” al maestro Peart (“Tom Sawyer”).
Altra suite, “The Separated Man”, e ancora quattro movimenti che ricordano molto la produzione stavolta più intimista e sofferta di “Snow”, con un grandioso “mordi e fuggi” acustico di chitarre a fare la parte dei cori nel pezzo precedente. In “Cradle To The Grave” fa la sua apparizione Mr. Phil Keaggy (Kansas), con un solo acustico e uno elettrico, oltre a duettare con Neal alla voce e ad occuparsi di gran parte delle backing vocals insieme a Chris Carmichael, già collaboratore nel debut di Morse solista in qualità di violinista. Con “Help Me / The Spirit And The Flash” si riaffaccia il folk tutto mediterraneo di “The Light”, ed è forse la canzone più autobiografica del lotto, anche se il madrigale non è proprio il massimo per esprimere la richiesta d’aiuto che Morse avrebbe inoltrato all’inizio della fase compositiva dell’album, e le sue preghiere, a detta dello stesso Morse, sarebbero state ascoltate ed esaudite.
C’è spazio anche per un brano in stile Transatlantic, “Father of Forgiveness”, manco a farlo apposta il più debole e noioso, che fa da apripista alla ovvia conclusione, ovvero il ritorno del figliol prodigo, “Reunion”. Influenze di Beatles, U2 e persino Van Morrison per i corni nella sezione centrale, rendono deliziosa questa terza suite decisamente appesantita – come tutto il disco, del resto – da un lirismo veramente troppo ostentato e, come spesso accade in casi del genere, a volte fanatico.

Tracklist:

  1. The Creation
    1. One Mind
    2. In a Perfect Light
    3. Where Are You?
    4. Reaching from the Heart
  2. The Man’s Gone
  3. Author of Confusion
  4. The Separated Man
    1. I’m in a Cage
    2. I am The Man
    3. The Man’s Gone (Reprise)
    4. Something Within Me Remembers
  5. Cradle to the Grave
  6. Help Me/The Spirit and the Flesh
  7. Father of Forgiveness
  8. Reunion
    1. No Separation
    2. Grand Finale
    3. Make Us One

P.S.: la versione limitata in confezione digibook contiene un bonus CD di inediti, remix e cover di George Harrison (“What Is Life”), U2 (“Where The Streets Have No Name”), Badfinger (“Day After Day”) e Who (“I’m Free/Sparks”).

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