Recensione: Only Human

Di Fabio Vellata - 11 Maggio 2018 - 12:00
Only Human
Band: Vega
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2018
Nazione:
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80

Potremmo essere banali, raccontare la solita storiellina biografica, citare quanti album sono stati prodotti in precedenza, dare una breve descrizione di qualche frammento, elencare i titoli delle canzoni in bello stile ed il gioco sarebbe fatto.

Ma diciamoci la verità: ci siamo un po’ stancati di raccontare più o meno sempre le stesse cose. Soprattutto quando la band in questione sono i Vega di Nick Workman, quel simpatico gruppetto fondato dopo i Kick che, nell’arco di quattro album a partire dal 2010, ha saputo stabilirsi saldamente tra le cose migliori prodotte in ambiti AOR nel corso degli ultimi dieci – quindici anni.
Quindi, inutile dire che “Only Human”, quinto disco in carriera realizzato con il moniker Vega (si noti: ci siamo cascati comunque nella solita tiritera biografica!), mantiene linearità di stile, suono e talento. Confermando per sommi capi tutto quanto di buono sentito e vissuto sin qui. Belle vibrazioni, melodie attraenti, ottime parti strumentali ed eccellente produzione.

Fine della trasmissioni?
Ma no, vogliamo essere un pizzico più precisi: ci sta, quando si parla dei Vega
E una volta tanto, non solo per tessere le lodi dell’ennesimo grande disco, ma pure per soffermarci su qualche piccola magagna che – fisiologico – rende “Only Human” un gran bel cd, non però all’altezza del pirotecnico predecessore. Una specie di “album perfetto”, talmente perfetto da essere pressoché difficile, forse impossibile, da replicare.

Partiamo dall’inizio: “Let’s Have Some Fun Tonight”.
Un pezzo solo “carino” quale incipit di un prodotto che, paradossalmente penalizzato dalla memoria di ciò che era arrivato un paio di anni prima, soffre gioco forza del confronto costante ed inesorabile che può sussistere tra un capolavoro ed un buon cd.
Magari pure “buonissimo”: già con la seconda canzone – “Worth Dying For” – in effetti, la navicella tenta di prendere quota, spostandosi dalla routine un po’ banalotta del primo episodio verso qualcosa che appartiene in maniera più consona alle corde dei fratelli Martin e del buon Nick Workman.
Ma non è ancora quello che ci si aspetterebbe dai Vega. Quello arriva con il terzo brano “Last Man Standing”: ed è già di per se singolare il fatto che in un disco dei Vega si debba scorrere al numero “3” per rintracciare una melodia davvero incisiva. Che, va detto, merita comunque applausi sperticati, per un ritornello che realmente si pianta in testa e costringe a canticchiare senza sosta: il pezzo AOR dell’estate?
Una sorte che si riflette anche nelle successive “Come Back Again”, “All Over Now” e “Mess You Made”, tracce dotate di cori molto solidi a testimoniare di come “Only Human” stia progressivamente mollando gli ormeggi per volare verso i livelli conosciuti. Oltretutto, con i soliti arrangiamenti de-luxe, che giocano con gli anni ottanta per prendere al “cuore”, ma sfruttano tutto il potenziale odierno per garantire suoni precisi, profondi e puliti.
Una progressione che si compie con la title track, stupendo esempio di AOR moderno e melodico che odora di primavera per poi, inaspettatamente scendere nella tensione di “Standing Still”, brano che fugge senza particolari sussulti, rivelandosi mero filler di contorno.
Una scaletta che ottiene tuttavia pronto riscatto grazie a “Gravity”, un altro di quei pezzoni per merito dei quali Workman e la sua cricca di compari sono diventati il nostro gruppo preferito tra quelli della nuova generazione. Mica poco…

È curioso notare come le note d’accompagnamento del promo in nostro possesso parlino di “farfalle nello stomaco suscitate dall’ascolto di alcuni brani”: una definizione che pare una sciocchezza, ma dopo tutto nemmeno così grossa. Almeno, l’ascolto di un pezzo come “Turning Pages”, in effetti, qualche momento d’emozione ce lo ha provocato sul serio, allineandosi alle cose migliori prodotte dal sestetto britannico.
Meno le successive e conclusive “Fade Away” e “Go to War”, carine, frizzanti, orecchiabili, divertenti. Con punti di contatto – soprattutto la finale “Go to War” – con alcune cose made in Sweden sentite di recente.
Ma non proprio tanto significative da iscriversi al club dei momenti memorabili in senso stretto. Non di quelli per lo meno, a cui i Vega ci hanno spesso abituato. 

Ed è proprio quello il nocciolo della questione. Con il precedente “Who We Are” il gruppo inglese ci aveva mostrato qualcosa di straordinariamente potente, eccitante, superiore. Come detto in precedenza, ai limiti della perfezione.
Con “Only Human” si ritorna invece un po’ sulla terra, con un disco bello e solido che però vive di qualche momento di stanca, patisce il paragone con l’immane predecessore e scivola in qualche riempitivo di troppo.

Fatte le dovute proporzioni di epoche e valori, verrebbe quasi da lanciare un parallelo con i Def Leppard della seconda metà degli anni ottanta.
Con “Hysteria” misero a segno un colpo senza precedenti. Il successivo “Adrenalize” non fu in grado di doppiarne la grandezza, ma rimase comunque a livelli qualitativi di grandissimo slancio.
Così è con “Only Human”: un disco “solo umano”. 
Bello ma “terreno”, piacevolissimo ma un po’ più normale ed ordinario rispetto al sovrannaturale che lo ha preceduto.
Con la certezza però che dopo tutto, anche essere “semplicemente umani”, possiede i suoi bei lati positivi… 

 

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