Recensione: Open Up and Say…Ahh!

Di Dokken83 - 3 Maggio 2006 - 0:00
Open Up and Say…Ahh!
Band: Poison
Etichetta:
Genere:
Anno: 1988
Nazione:
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85

Siamo in uno dei periodi magici per l’hard rock e simili e nelle classifiche di mezzo mondo gruppi come Bon Jovi , Moltey Crue , White Lion e appunto Poison (ma la lista potrebbe essere infinita) occupano posizioni degne di nota nelle varie classifiche musicali. Gruppi che naturalmente non propongono esattamente la stessa ricetta musicale, infatti si va dal melodic hard rock/AOR di Bon Jovi al class metal dei Pretty Maids, dal Pomp rock dei Magnum per giungere proprio al glam/hard rock di gruppi come i Poison. Il disco di cui stiamo aprlando, “Open Up and Say…Ahh! È uscito nel 1988 e fu subito un successone grazie allo straordinario hit-single “Every Rose Has Its Thorn“ song di cui parlero nel corso della recensione. Diciamolo subito , la musica che il gruppo propone è semplice, semplicissima, eppur di grande impatto. Il sound qui proposto è sempre sorretto da una buona ritmica e una melodia, nella sua semplicità, sempre avvincente e diretta.

L’album comincia con con “Love On the Rocks” canzone festaiola (dalla quale deriva, con molta probabilità, l’aggettivo party metal) soretta dalla chittara di C.C. Deville e da una melodia che cattura subito l’ascoltatore specialmente in virtù di un ritornello di grandissimo impatto. Il disco prosegue con “Nothin’ but a Good Time” e “Back To the Rocking Horse” altre due sbarazzine canzoni in pieno stile Poison intente a catturare con estrema facilità l’attenzione. La quarta traccia, “Good Love”, è una canzone dal flavour tipicamente rock’n roll sorretta splendidamente dall’ottima prestazione vocale di Michaels che ben si amalgama con gli altri strumenti presenti. Troviamo altri due pezzi vincenti con “Tearin’ Down the Halls” (solito buon ritornello ) e “Look But You Can’t Touch” che mettono ancora una volta in mostra l’attitudine “festaiola” della band. La traccia numero sette è la straordinaria “Fallen Angel” (classico rock patinato degli anni ’80), indubiamente uno dei brani più belli del lotto, specialmente in virtù dei magici refrain contenuti in essa. La seguente e già citata “Every Rose Has Its Thorn” è il brano che, indubbiamente, contribuì a fare la fortuna del disco in questione. Trattasi di una splendida ballad dal flavour country che riuscì, al tempo, a far breccia nel cuore di milioni di americani. Davvero bellissima. Il disco si conclude con le seguenti “Your Mama Don’t Dance” e “Bad To Be Good” intente a dimostrare ancora una volta la caratura tecnica della band in questione. In definitiva questo disco rimane, indubbiamente, una delle migliori espressioni del glam/hard rock nella decade ottantiana.

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