Recensione: Orchid

Di newblackclown - 19 Maggio 2004 - 0:00
Orchid
Band: Opeth
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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90

Il genio non ha un confine, un itinerario preciso dove collocarsi, sedersi, riposarsi.
Questo genio è sempre diverso, non può fare a meno di totalizzare le sue arti in un unico canale, dove sfonda presto le barriere e le discipline del campo, per aprire le porte ad uno scenario differente, prodotto con le ali della creatività.
Orchid, 1995, inizia l’avventura di una band, tra le viscere e le radici di un black solido ed antico, cucinato però con un braccio coraggioso ed ecco che il nero più esistenzialista si impreziosisce con la luce di una ritmica capricciosa dalle sonorità più morbide.
Il primo grido degli svedesi Opeth (‘La città della Luna’, da un testo di Wilbur Smith) risale in realtà al 1987, ed al moniker Eruption. Da quel momento un numero infinito di musicisti si sono succeduti accanto al trono d’ebano di Mikael Akerfeldt, ma solo con il viola di una gelida orchidea si comincia a parlare della Band in maniera Ufficiosa.
Un’odissea.
La melodia è in una continua evoluzione, nessuna song presenta un tema fisso, si dispiega in un moto ondoso irregolare, grazie all’enorme duttilità stilistica della band, capace di farci assaporare una chitarra acustica angosciata, per poi martellarci con una strumentazione completamente elettrica, innescata da una grandinata di doppia cassa.
Via il mantello e subito è cravatta con In Mist She Stands Waiting, una song che ci incalza subito con la durezza dei suoi Riff rotondi e ripetitivi, questa forza diventa presto illusione quando tutto sfuma sotto la nebbia di una foresta scandinava, dove una candela morente rischia di spegnersi sotto le minacce del vento…
“…Touching her flesh in this night
My blood froze forever
Embraced before the dawn
A kiss brought total eclipse…”

Contemplazione. Pura. Questa scelta dei testi sembra quasi paradossale per una band celebre anche per i suoi toni aggressivi, in molte tracce dell’album non c’è mai una componente di movimento tanto evidente da suggerire il marmoreo flusso della melodia; però ponendo maggiore attenzione alle liriche, è abbastanza facile intuire come questi menestrelli dell’insignificante possano ingigantire la più piccola cosa amplificandola con una sensibilità pungente, quasi quanto il loro talento.
Cosi le track oscilleranno festose tra il Black ed il Prog, con una cura del suono decisamente più in rilievo rispetto al virtuosismo, cosi abbiamo note tirate fino alla disperazione, da degli scultori dalla tecnica finissima, ma dal cuore pieno di lacrime.
Un arpeggio e siamo tra le braccia di Under The Weeping Moon, ogni colpo di batteria scandisce il tempo di questa cavalcata attraverso gli stemperati scenari del gelo nordico, dove un batuffolo di neve si tramuta in poesia nell’ascendente ricerca della verità. Non ci sono parole che possono intrappolare la grazia delle atmosfere, quasi tutti i pezzi hanno un momento di stasi, come a simulare l’interesse per un determinato paesaggio che gli strumenti vanno ad esplorare.
Se si può parlare di pittura per le prime due canzoni, Silhouette mi riserva solo ammirazione, un pezzo strumentale gestito dal solo pianoforte, una struttura melodica incredibile simile agli autori irrazionali russi della seconda metà del diciannovesimo secolo…Magnifica e veramente originale per tutta la scena metal, una landa dove troppo spesso gli strumenti classici scivolano nel pacchiano.
Cosi The Forest Of October, The Twilight Is My Robe, ci prendono per mano fino ai cancelli del Requiem dove è ancora la chitarra acustica a farci da Caronte attraverso i sentieri di quest’opera, ma alla fine del suo canto non ci troviamo dinanzi ad un affresco nordico ma…The Apostle In Triumph. Splendido lavoro di chiusura, dalle cadenze decisamente evocative e dai temi superomistici (o meglio “Oltreomistici” come ha specificato Mikael in un’intervista), con un’ascesa verticale dove la voce pulita guadagna sempre più spazio rispetto al Growl, permettendosi di chiudere l’album con il soffio della sua estasi.
Smettetela di ascoltare i vaneggiamenti di questo povero ragazzo innamorato:
Uscite di casa e con la spada o la moneta catturate questo piccolo sogno inciso sul velo di un Cd.

TrackList:

01 – In Mist She Stands Waiting
02 – Under The Weeping Moon
03 – Sillouette
04 – Forest Of October
05 – The Twilight Is My Robe
06 – Requiem
07 – The Apostle In Triumph

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