Recensione: Orthodoxyn

Di Pier Tomasinsig - 26 Aprile 2008 - 0:00
Orthodoxyn
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Anno: 2007
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82

Progredire senza snaturare: questa sembra essere la parola d’ordine degli Arkhon Infaustus, gruppo francese attivo sin dal 1997 e giunto ormai al quarto full-lenght della sua onorata carriera. Ad un ascolto sommario, per la verità, si potrebbe essere tentati di liquidare questo ‘Orthodoxyn’ come un altro buon disco che nulla aggiunge e nulla toglie al classico death-black metal proposto dalla formazione d’oltralpe. Eppure, un simile giudizio sarebbe certamente riduttivo, alla luce della lenta ma costante evoluzione stilistica che ha connotato il percorso musicale dei nostri dal violentissimo e oltranzista album d’esordio ad oggi.
Così, laddove “Hell injection” si attestava su connotati prevalentemente black metal con influenze death, già nel successivo, devastante, “Filth catalyst” l’equilibrio si era sensibilmente spostato a favore della componente death, mostrando un songwriting più ricercato e una significativa progressione tecnica, ma senza rinunciare a neppure un’oncia della cattiveria degli esordi. Il successivo “Perdition insanabilis” non aveva fatto altro che portare ulteriormente avanti questo discorso, lasciando però maggiore spazio rispetto al passato alle parti lente e cadenzate, che andavano così ad arricchire il consueto massacro sonoro con momenti di grande atmosfera.

Questa maturazione graduale, all’insegna della coerenza, è anche la chiave di lettura di “Orthodoxyn”. La ricetta fondamentalmente è sempre la stessa: un feroce connubio di death e black metal, dove la prima componente ormai è del tutto predominante, in particolare nel riffing, serrato e compresso, a tratti anche abbastanza articolato, con un cantato che come al solito contrappone un growling, a volte molto profondo e gutturale, a parti in screaming.
 
Se anche non si riscontrano innovazioni particolari, va detto che in quest’album gli Arkhon Infaustus dimostrano di aver conseguito una impressionante maturità compositiva. Le tracce, che si susseguono senza soluzione di continuità, sono molto varie e curate, e alternano continuamente momenti cadenzati, ai limiti del doom, mid-tempo ricchi di groove e pesanti come macigni, accelerazioni furiose e incontrollate, veri e propri assalti frontali all’insegna del minimalismo e della cacofonia, secondo i dettami tipici del black metal.
Proprio questa capacità di coniugare una certa dose di ricercatezza e di tecnicismo, per la verità mai eccessivo o fine a se stesso, con un impatto diretto e molto violento, risulta uno dei principali punti di forza del combo francese, che riesce a prendere dai diversi generi quanto gli serve e ad amalgamare il tutto in un connubio molto riuscito e personale, che riprende le atmosfere del doom, la complessità e la pesantezza sonora del death, la furia grezza e primordiale del black. Un buon esempio di quest’amalgama si può trovare nella emblematica ‘Magnificat Satanas’, sorta di preghiera blasfema in cui i nostri, tra rallentamenti dal sapore oscuro e maligno e improvvisi scoppi di brutalità, mettono ben in chiaro tutte le caratteristiche della loro musica.

Come si sente con chiarezza nella traccia citata, infatti, le parti atmosferiche -sulla scia di quanto già s’intravedeva nel precedente “Perdition insanabilis”- sono molto presenti; in particolare si nota come, ancor più che in passato, le parti di lead guitar assumano spesso un ruolo di primo piano, tanto nei momenti più melodici quanto in quelli più tirati, disegnando trame dissonanti, stranianti, a tratti ipnotiche e sempre molto inquietanti: in alcuni passaggi, e con i dovuti distinguo, sembra quasi di ascoltare una versione più death-oriented dei conterranei Deathspell Omega.

È chiaro che questa relativa maggiore complessità di fondo e la presenza costante di un certo tipo di soluzioni melodiche, per quanto ben lontane dal risultare “catchy”, rendono ‘Orthodoxyn’ per molti versi abbastanza distante dalla ferocia sconcertante e irrazionale degli esordi. Certamente qualcosa è andato perso da questo punto di vista, ma deve essere molto chiaro che i nostri sono ancora ben lungi dall’ammorbidirsi. Il verbo a cui il combo francese continua ad attenersi è sempre quello della ricerca dell’estremismo in tutte le sue forme, una ricerca che oggi si sviluppa attraverso un approccio più ragionato e meno viscerale, che si rispecchia anche nell’artwork e nei testi, sempre incentrati su satanismo e occultismo, ma in modo meno “pacchiano” che in passato, nonchè sotto il profilo della produzione, abbastanza pulita da permettere di apprezzare ogni sfumatura, ma non così patinata da perdere il feeling cupo e marcio che ha sempre contraddistinto il suono degli Arkhon Infaustus.

Non c’è molto altro da dire: la qualità infusa nelle nove tracce che compongono ‘Orthodoxyn’ è tanta, più che sufficiente a far perdonare i piccoli difetti che ancora sussistono, come una certa prolissità che di tanto in tanto si avverte. Se avete sempre apprezzato gli Arkhon Infaustus, o semplicemente se siete in cerca di un ascolto estremo che lasci il segno e non si confonda nella massa, non commettete l’errore di trascurare una delle migliori uscite in campo death-black del 2007.

Line-up corrente:

Dk Deviant – Vocals, guitars
Toxik H. – Guitars
666 Torturer – Bass, vocals
Azk.6 (aka Altar) – Drums

TRACKLIST:

1. Trigrammaton 
2. When They Have Called  
3. Magnificat Satanas 
4. Behind The Husk of Faith  
5. La Particule de Dieu 
6. Narcofili Sancti 
7. Evanggelion Youdas 
8. Annunciation To the Holy Ghost 
9. Orthodoxyn 

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