Recensione: Out To Every Nation

Di Mauro Gelsomini - 10 Giugno 2004 - 0:00
Out To Every Nation
Band: Jorn
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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72

Ennesima fatica per l’instacabile furetto norvegese che, dopo il successo del debutto con i Masterplan, torna al suo progetto solista con questo terzo album, dopo Starfire (2000) e Worldchanger (2001). “Out To Every Nation” prende le distanze dall’hard rock melodico che aveva visto impegnato Jorn nel suo debut da solista, e che lo aveva coinvolti in numerosi progetti paralleli (Millenium, The Snakes, Brazen Abbot, Nikolo Kotzev’s Nostradamus o i Vagabond, prima band di Lande). Le avvisaglie di una predilezione per le sonorità più pesanti e oscure erano già state lanciate in Worldchanger, con la song Tungur Knivur, ma i fan non dimenticheranno di certo i passati da blackster di Jorn, che addirittura militò in una band come i Mundanus Imperium.
Jorn Lande si cimenta dunque in un metal a tinte forti, non certo tirato ritmicamente, ma dall’impatto più oscuro e pesante rispetto al passato, senza però perdere mai di vista l’aspetto melodico, scelta che risulterebbe peraltro poco felice vista l’inclinazione naturale della voce di Lande per l’hard rock più classico. Ed in effetti non mancano i momenti cantabili – il refrain della titletrack è illuminante al proposito – né quelli più posati, come la ballad intimista “Behind The Clown”, che per certi versi mi ha ricordato molto la profondità di certe composizioni degli Ark di Burn The Sun, altro fortunato progetto di Lande.
Tuttavia l’aspetto che mi è sembrato caratterizzante il sound di questo album è la ricercatezza di riff pesanti e di linee melodiche non immediate, ricordando in più d’un momento la produzione solistica di Ronnie James Dio. E non siamo distanti neanche a livello di timbrica, basti pensare alla tellurica opener “Young Fever”, rock’n’roll sudato e aggressivo ribadito a più riprese durante tutta la durata del platter, e portato all’apice con “Rock Spirit”, che riporta ai fasti i migliori Whitesnake, e con loro i fantasmi di quel David Coverdale di cui Jorn a più riprese è stato additato come l’erede naturale. La vena bluesy del serpente bianco è espressa in modo esemplare con la song “Something Real”, mentre fanno capolino anche i Deep Purple nell’up-tempo di “Through Day And Night”. Nei brani la straordinaria voce di Lande non è mai su un piedistallo rispetto al resto degli strumenti, e la scelta è più che mai azzeccata se si pensa che alla chitarra c’è un grandissimo Jorn Viggo Lofstad, in grado di contribuire alla causa con assoli di grande classe, e la sezione ritmica è affidata ad altri due personaggi di qualità: Magnus Rosèn degli Hammerfall al basso e Stian Kristoffersen alla batteria.
A stemperare i meriti di questo album, che risiedono più che altro nel gusto degli arrangiamenti e nella eccezionale abilità esecutiva di Jorn e soci, ci pensa purtroppo la composizione, mai intensa come in Worldchanger, né in grado di fornire highlight che resteranno indelebili nella memoria dell’ascoltatore. Ad ogni modo, è impensabile, per un amante della musica, del canto, e in definitiva dell’heavy metal, privarsi di un prodotto come questo.

Tracklist:

  1. Young Forever
  2. Out To Every Nation
  3. Something Real
  4. Living With Wolves
  5. Vision Eyes
  6. One Day We Will Put Out The Sun
  7. Behind The Clown
  8. Rock Spirit
  9. Through Day And Night
  10. When Angel Wings Were White

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