Recensione: Pangea

Di Vittorio Cafiero - 12 Agosto 2016 - 11:27
Pangea
Band: Paradox
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2016
Nazione:
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80

C’era stata forte preoccupazione tra i fan dei Paradox poco dopo l’uscita del precedente “Tales Of The Weird”, quando si era diffusa la notizia dei gravi problemi di cuore che affliggevano il loro mastermind Charly Steinhauer: un intervento a cuore aperto di sei ore, una vita in pericolo e il futuro della band decisamente in bilico. Eppure, con la classica tenacia teutonica, il nostro non si è arreso, tanto da rimettere in sesto prima la salute, poi la sua creazione in ambito musicale, che oggi, dopo trent’anni, torna sulla scena forte di “Pangea”, settimo sigillo di una carriera basata su un approccio decisamente classico al thrash-speed di matrice europea. Certo, sette album in trent’anni di carriera non sono tantissimi, ma quando sono caratterizzati da un livello qualitativo alto e costante, tutto è perdonato.

Ci eravamo lasciati nel 2012 con un album davvero convincente; è passato quasi un lustro, la line-up è completamente rivoluzionata, quello che non è cambiato, diciamolo subito, è la riconoscenza che ancora una volta dobbiamo ad un gruppo ben lontano dal successo commerciale e dalle copertine dei magazine, ma che imperterrito continua a proporre quello che alla fine conta di più: ottimo metal, ben scritto, suonato e avvincente. Ecco, avvincente è probabilmente il termine migliore per descrivere il thrash della band bavarese: nessuna innovazione particolare, nessun orpello artificiale, un’immagine perfettamente innocua e un impatto assolutamente standard in quanto a produzione e ad energia; eppure, dal 1986, i Paradox piacciono. Praticamente a tutti gli appassionati del genere. E non può che essere così, quando ciascun album, nellla sua completezza, è valido. Bei pezzi che si memorizzano facilmente senza essere minimamente stucchevoli, perfetta scelta delle linee melodiche, ottimo alternarsi di elementi pesanti a stacchi più ragionati, armonie inappuntabili. I Paradox fanno centro con una facilità che davvero spiazza, in certi casi. Sembra quasi che Steinhauer – questa volta coadiuvato dai greci Gus Drax (Suicidal Angels) alla chitarra e Kostas Milonas alla batteria, nonché dall’iperattivo sloveno Tilen Hudrap (Vicious Rumors, Testament) al basso – sia in possesso di una formula magica, di una sorta di pilota automatico che, una volta inserito, lo metta nelle migliori condizioni per tirare fuori dal cilindro musica di qualità. Così era stato fin dall’inizio, con il mitico “Product Of Imagination” del 1987, così ha continuato ad essere fino al penultimo “Tales Of The Weird”, con tutto quello che è passato in mezzo, senza eccezioni. “Pangea”, che da titoli e testi ha tutta l’aria di essere un concept fantascientifico, è un lavoro compatto in quanto a stile, eppure ogni pezzo è facilmente distinguibile l’uno dall’altro, vuoi per un refrain particolarmente ficcante, vuoi per un assolo significativo, vuoi per l’azzeccata scelta delle strofe nella forma-canzone. E’ dunque abbastanza semplice pescare degli highlight: dall’inizio terremotante di “Apophis” con il suo ritornello in crescendo, a “The Raging Planet”, leggermente più drammatica nei toni e condita da un ottimo assolo, per arrivare fino a “Ballot Or Bullet”, scelta come pezzo apripista e assolutamente trascinante in un’ipotetica situazione dal vivo (nota: obbligatorio solo immaginare il contesto live, perché al momento l’attività concertistica sembra non rientrare nelle possibilità di Steinhauer). La tracklist si sviluppa in modo fluido e per nulla noioso, nonstante si tratti di un album che raggiunge l’orda di durata, cosa abbastanza insolita per un disco thrash metal classico. A spezzare il ritmo ci pensa senza dubbio “Vale Of Tears”: attacco da power ballad in tipico stile anni ’80, per un pezzo che sfiora gli otto minuti e vede l’interessante alternarsi di rallentamenti e ripartenze che ne aumentano l’intensità. Ci si avvicina alla fine, ma il bello deve ancora venire: per chi scrive, infatti, il climax viene raggiunto da “Alien Godz”: la partenza standard è solo la quiete prima della tempesta, il pezzo guadagna subito in velocità diventando uno dei pezzi con i BPM più elevati dell’intero album e che vede in gran spolvero il basso di Tilen Hudrap, senza il minimo timore reverenziale di mettere in mostra inaspettate doti da solista (a margine: segnatevi questo nome, il ragazzo ‘si farà strada’); ma la potenza e la velocità non sono tutto…una cavalcata di quasi sette minuti corre il forte rischio di deragliare, invece il controllo della situazione rimane costante e l’energia viene veicolata in innumerevoli saliscendi ritmici che ne ottimizzano la dinamica.

Poco altro da aggiungere; in definitiva, ennesimo lavoro avvincente in casa Paradox: un ritorno che assieme all’omonima uscita targata Flotsam & Jetsam si colloca sui gradini più alti di un ipotetico podio del disco thrash dell’anno. Ancora una volta, tanto di cappello a Charly Steinhauer che nonostante tutto ritorna con la classe e la capacità che solo i grandi sanno tirar fuori nei momenti complicati. Mai come questa volta, lunga vita ai Paradox, lunga vita alla musica di qualità!

Vittorio Cafiero

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