Recensione: Paradiso

Di Mauro Gelsomini - 19 Agosto 2004 - 0:00
Paradiso
Band: Metamorfosi
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2004
Nazione:
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78

Nella poltiglia informe che è diventato il music business da una decina d’anni a questa parte, c’è ancora spazio per chi onora gli ideali di cui questo sito da sempre si ritiene difensore e detentore. Parlo di quel desiderio di incontaminazione da “esigenze discografiche”, di quell’ingenuo perseguire ciò che ci piace indipendentemente dalle pressioni esterne, emozionandoci (e, a volte, ma questo non è necessario, emozionando) come ai bei tempi.

E allora ecco che questi “giovincelli” riescono con una caparbietà straordinaria a giungere al loro terzo album a trent’anni di distanza dall’ultima fatica da studio, “Inferno”.
I due membri fondatori, Jimmy Spitaleri (voce) ed Enrico Olivieri (tastiere), non dati per vinti, e nel 1995 hanno deciso di rituffarsi nella difficile avventura di completare il concept dantesco iniziato nei ’70. L’opera rock non vuole essere una riproposizione in musica del capolavoro letterario, bensì una sua rivisitazione per denunciare i mali della società moderna. Il discorso prosegue, attualissimo, con il capitolo seguente, che ne riprende anche sonorità e atmosfere. Sembrerebbe dunque che gli anni non siano passati per i nostri, e che i due dischi siano stati concepiti in tempi ravvicinati; è pur vero che questa considerazione nasconde in qualche modo una certa carenza di evoluzione, che potrebbe rendere inutile, per qualcuno, la fatica di Spitaleri e compagni, ma io mi domando quanto inutile sarebbe potuto risultare, piuttosto, uno sforzo volto a sperimentare su un terreno in cui tutto è stato già seminato e raccolto.

Per chi non li conoscesse, i Metamorfosi suonano un prog rock energico, dalle molteplici sfumature folk e jazz, che trova nei suoni synth di Olivieri e nella voce carismatica di Spitaleri le sue caratteristiche distintive. A tratti sembra di ascoltare gli Area più sfarzosi, mentre in altri frangenti ho notato qualche somiglianza con i Fiaba de “Lo Sgabello del Rospo”. Ad ogni modo si tratta di innegabili portabandiera di un genere prettamente italico.
Fin dall’inizio del platter ci accompagneranno dunque moog, hammond, pianoforti e organi, che con superbia fanno da tappeto al lirismo della voce di Spitaleri, in grado di esaltare la maestosità e il pathos dei momenti topici. Gli interventi dei due mattatori si alternano su una base portante ben congegnata dal batterista Fabio Moresco e dal bassista Leonardo Gallucci, il quale è autore anche degli arrangiamenti di chitarra classica. La mancanza di chitarre elettriche è ben sopperita dalla massiccia presenza di synth, ai quali si aggiunge il lavoro in veste di guest del giovane tastierista Marco Maracci.
Spiccano tra le composizioni “Il Cielo di Marte”, gemma purissima di art prog, e la strumentale “Empireo”, in cui mi sono compiaciuto di risentire soluzioni pompose già apprezzate in “Beethoven’s Last Night” dei più metallici Transiberian Orchestra.

Graditissimo ritorno, dunque, di una band in grado di regalare ancora sfaceli in sede live, e che deve essere presa a modello per la sua voglia di essere presente.

Tracklist:

  1. Introduzione
  2. Sfera di fuoco
  3. Cielo della Luna
  4. Salita a Mercurio
  5. Cielo di Mercurio
  6. Salita a Venere
  7. Cielo di Venere
  8. Il sole
  9. Cielo di Marte
  10. Cielo di Giove
  11. Cielo di Saturno
  12. Stelle fisse
  13. Empireo
  14. La chiesa delle stelle

P.S.: l’uscita di questo album sembrerebbe essere stata ritardata ulteriormente a causa di problemi con la censura, anche se non mi è ben chiaro se riguardasse l’artwork o i testi. Mi ripropongo di appurarlo in una intervista alla band.

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