Recensione: Part Two: Emotional Creatures

Di Mauro Gelsomini - 4 Aprile 2007 - 0:00
Part Two: Emotional Creatures
Band: Steve Thorne
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2007
Nazione:
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70

Non tarda ad arrivare il follow-up del progetto “Emotional Creatures”, viaggio introspettivo di Steve Thorne nei meandri dell’indole umana. Tematiche tutt’altro che originali, per la verità, ma il nostro non desiste – da buon vecchio inglese – dall’intento di farcire il tutto con liriche provocatorie, additando qua e là droga, guerre e politica filo-statunitense.

Grande attenzione è ancora una volta dedicata alla produzione, viste le innumerevoli sfumature sonore che l’ascoltatore può cogliere senza il minimo sforzo, e visto anche il nutritissimo cast di guest musician intervenuti per l’occasione: Tony Leven (Peter Gabriela/King Crimson), Pete Trewavas (Marillion) e John Jowitt (IQ, Arena) al basso, Nick D’Virgilio (Spock’s Beard) e Gavin Harrison (Porcupine Tree) alla batteria e alle percussioni, Martin Orford (IQ) e Geoff Downes (Asia) alle tastiere, ai clavicembali e all’Hammond, John Mitchell (It Bites/Arena/Kino) e Gary Chandler (Jadis) alle chitarre.
Steve si occupa di tutte le voci, degli effetti, ma anche di synth e chitarre aggiuntivi.

Rispetto alla prima parte, c’è da dire che questo episodio punta più all’accessibilità, con brani più cantabili, in cui la forma canzone è individuabile in maniera più chiara, ricordando in molti passaggi – vuoi anche per la somiglianza timrbica di Steve con Fish e Peter Gabriel – le soluzioni più easy di Marillion e Genesis, se non addirittura del Gabriel solista, anche se alcuni – pochi per la verità – momenti di grande intimismo che sfiorano la cripticità di certi IQ.
Gli arrangiamenti di grande classe e raffinatezza non sfociano mai in spettacolarizzazioni di magniloquenza o tecnica; al massimo noterete un “Asia-sound”, fortemente condizionato dalle tastiere di Geoff Downes, sulla sola “The White Dove Song”, mentre, intermezzi atmosferici a parte, gli altri brani si stagliano tutti su un prog-rock immediato e accattivante, orientato alla melodia, dove la leggerezza degli strumenti acustici fa la parte del leone anche nelle fasi dinamiche, che vedono D’Virgilio in grande spolvero.

Le attese probabilmente alimentate dalla line-up sono dunque sapientemente misurate e controllate dallo stile di Thorne, pacato, atmosferico, delicato, gentile, rendendo il disco appetibile per quasi tutti i palati, anche se la predilezione per le sonorità meno “hard” è quasi un requisito obbligatorio.

Tracklist:

  1. Toxicana Apocalypso
  2. Wayward
  3. Crossfire
  4. Roundabout
  5. Hounded
  6. All The Wisemen
  7. Great Ordeal
  8. 6 AM (Your Time)
  9. Solace
  10. The White Dove Song
  11. Sandheads

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