Recensione: Perfect Insanity

Di Fabio Vellata - 19 Ottobre 2009 - 0:00
Perfect Insanity
Band: Jaded Heart
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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72

Nono capitolo in quindici anni di carriera per i Jaded Heart, band oramai divenuta nome storico della scena tedesca ed europea che, dopo gli esordi marchiati da un solido e melodicissimo hard rock ha, nell’ultimo triennio, poco alla volta mutato forma, spostando il proprio orientamento stilistico verso fogge musicali più ricercate e di diversa estrazione.

Motore principale, è di certo la crescente influenza esercitata da Johan Falberg, singer di scuola prog (ex Scudiero) entrato in formazione nel corso del 2006 (anno d’uscita dell’ottimo “Helluva Time”) in luogo del fondatore Michael Bormann, ma parimenti da tenere in seria considerazione anche il lento e persistente movimento evolutivo della band – germoglio presente sin dagli esordi e mai del tutto espresso – che, esaltato dalla spinta fornita dal nuovo frontman, ha condotto ad un graduale cambio d’approccio, spostando il raggio d’azione del gruppo entro un fronte dai connotati non più di pura radice hard rock, quanto piuttosto dal respiro notevolmente più “progressivo”, andando così a cogliere numerosi punti d’analogia con quanto sperimentato dai conterranei Axxis, pur se con approdi di “forma” differenti.

“Perfect Insanity”, è un ulteriore tassello in questa direzione, un album ricco di sfumature e dall’insospettabile complessità che, pur mandando a segno una serie di idee interessanti e di buona levatura, non manca tuttavia di restare invischiato in alcune situazioni non proprio vincenti, maturando in tal modo, una sostanza che si rivela nel complesso positiva, ma non ancora capace di esplodere del tutto il nuovo potenziale che, solo a tratti, si lascia apprezzare in modo compiuto.
Necessari più che mai, una certa dose di pazienza ed un’accurata assimilazione delle composizioni – aspetti già di per se anomali per un gruppo che, in tempi meno recenti, aveva dalla sua invidiabile immediatezza e facilità d’ascolto – sono ad ogni modo da rilevare anche una bella serie di trovate melodiche che infondono all’impianto strutturale dei pezzi un profilo decisamente più elaborato e composito. Dazio da corrispondere all’evoluzione, è però purtroppo, una latente mancanza di dinamismo percepibile allorquando le trame indugiano eccessivamente nella reiterazione d’alcune strofe, dilungando con un’inutile prolissità, brani altrimenti più ficcanti.

Una natura insomma, che si presenta con i più classici pro e contro del caso. Una prova più che lampante di un songwriting transitorio e non ancora del tutto maturato nella propria metamorfosi, ci deriva ad esempio da una coppia di brani come “Fly Away” e “Hell Just Arrived”. Armonie ben studiate, cori ad effetto e musicalità ricercata, cui fanno da contro altare, un improvviso impoverimento in termini di verve ed una staticità repentina, tali da far scemare l’attenzione dell’ascoltatore conducendola ai limiti della noia. Meglio invece, le esuberanze “power” delle veloci “Love Is A Killer”, “Freedom Call” e “Exterminated”, tracce che palesano una voglia ancora intatta di premere sull’acceleratore – pur se con sonorità diverse dagli esordi – favorendo la nascita di gradevoli sensazioni “heavy”, mentre da dimenticare, i passaggi ripetitivi di un episodio monotono come “Rising”, fortunatamente compensato dalla delicata e morbida ballad “One Life One Death” e dall’ottima “Psycho Kiss”, momenti più tradizionali che, forse per questo, si fanno preferire di gran lunga al resto della scaletta.
Bilanciati tra raffinatezza strumentale “prog”, suoni power ed attitudine hard rock sempre più rara, risultano infine i rimanenti pezzi della tracklist, mai in nessun caso sgraditi all’orecchio, ma nemmeno costruiti in modo tanto sopraffino da suscitare particolari sussulti di giubilo, prefigurando scenari da capolavoro.

Un novero d’ottimi professionisti con alle spalle una produzione perfetta, alle prese con una progressiva trasformazione che, poco alla volta, sta iniziando a mostrare una forma ed un volto sempre più definito.
“Perfect Insanity” è, in buona sostanza, un disco ancora incompleto, poggiato sulle qualità dei singoli e suddiviso tra luci ed ombre, seppur già comunque in grado di fornire confortanti indicazioni sulla bontà dell’operato di Fahlberg e soci, ormai non più semplice band hard rock, ma realtà inserita in contesti spinti verso lidi meno immediati e spontanei.

Un risultato complessivamente accettabile ed un ulteriore affinamento della rinnovata vita artistica del gruppo germanico che, solo con il tempo e le uscite future, sapremo se destinata ad ottenere l’auspicato successo.

 

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Tracklist:

01.    Intro
02.    Love Is a Killer
03.    Fly Away
04.    Blood Stained Lies
05.    Tonight
06.    Freedom Call
07.    One Life One Death
08.    Psycho Kiss
09.    Come To The Feast
10.    Exterminated

Line Up:

Johan Fahlberg – Voce
Michael Muller – Basso / Cori
Axel Krause – Batteria
Peter Ostros – Chitarra
Henning Wanner – Tastiere

 

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