Recensione: Phormula (Reissue)

Di Matteo Bovio - 15 Luglio 2002 - 0:00
Phormula (Reissue)
Band: Ephel Duath
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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55

Sono più convinto che nessuno trovandosi a dover recensire un lavoro abbia piacere nel dare un voto negativo; la prima cosa che viene da pensare è infatti che si sta valutando il prodotto della fatica di un gruppo, costato probabilmente molti sforzi e chissà quali sacrifici. E questo dev’essere proprio uno di questi casi, perchè non è possibile ignorare lo sforzo che dev’esserci stato nella stesura di “Phormula”. Tuttavia verrei meno al mio compito se valutassi solo l’intenzione e non il prodotto effettivamente riuscito.

L’impressione generale è che gli Ephel Duath abbiano molte cose da dire, e che vogliano farlo in una botta sola; tragico errore, perchè questo album si è rivelato essere un calderone di infinite idee, amalgamatesi tutte in un’indistinguibile ammasso. Si trova veramente di tutto: black tiratissimo, suoni dal sapore classico, intriganti pad melodici; ma il problema è che si trova tutto assieme!!! Non ho idea se l’intenzione sia stata quella di risaltare il contrasto; se così fosse, l’esperimento non è assolutamente riuscito, perchè lo sforzo dell’ascoltatore è più incentrato nel cercare di distinguere quali e quanti strumenti siano coinvolti piuttosto che nell’ascolto vero e proprio.

Non sono poi certo d’aiuto certi improvvisi cambi di tempo che, più che destare ammirazione, lasciano la netta sensazione di essere espressione del voler ostentare tecnicaglia. La scelta sonora è probabilmente l’elemento migliore in assoluto, soprattutto per quel che riguarda il suono della drum-machine (dettaglio assolutamente importante, a differenza di quanto di solito si sia portati a credere). Peccato appunto che non ci sia dato di cogliere nei particolari questo immenso lavoro, proprio perchè questi ultimi si perdono in mezzo al chaos generale. Delle 8 tracce presenti sfido chiunque a riconoscerne una in particolare: sarò ripetitivo, ma è incredibile questo paradosso secondo cui per il voler creare qualcosa di vario gli Ephel Duath abbiano invece generato un prodotto mediamente indistinto ed omogeneo.

Presenti anche due remix, abbastanza interessanti ma sicuramente non sufficientemente per risollevare le sorti dell’album, e il loro demo del 98 (“Opera”); ed è sgradevole notare come Phormula sia stata un’involuzione di un’idea di base che di per sè era veramente ottima. Questa ristampa (l’originale uscì nel 2000 per la Code666) poteva secondo il mio modesto parere essere risparmiata; spero di cuore che la band riesca nel futuro a trovare un giusto equilibrio tra la voglia di fare e quel pizzico di razionalità che serve per ordinare costruttivamente le idee. Un equilibrio che li promuoverebbe probabilmente come una delle migliori band in campo estremo di sempre.
Matteo Bovio

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