Recensione: Planetary Alignment

Di Riccardo Angelini - 18 Aprile 2008 - 0:00
Planetary Alignment
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Anno: 2008
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55

Solita vecchia storia. Quando ti trovi fra le mani un disco di George Bellas, non è difficile prevederne il contenuto. La qual cosa, se da un certo punto di vista mette in una botte di ferro i die hard fan del chitarrista statunitense, non può che avvilire chi al solo a guardare la copertina sente un brivido gelido corrergli giù per la schiena.

In realtà Bellas cambia, o almeno ci prova. Lascia nel cassetto gran parte dei suoi soliti abiti neoclassici e se ne esce col disco più progressive della sua carriera. Ma è sempre Bellas, nel bene e nel male. Sulla tecnica, com’è ovvio, c’è poco da dire: questo signore è ormai in giro da più di dieci anni, si è fatto il famoso mazzo fin dalla più tenera età e la lunga militanza a fianco di gente come Mark Boals (nei Ring Of Fire) e Vitalij Kuprij – giusto per citare due illustri collaborazioni fra le tante – lo ha rapidamente trasformato in uno degli esecutori più precisi della scena odierna. Se invece vogliamo parlare di espressività, di senso artistico – in soldoni: di quanto è piacevole starlo a sentire – la musica cambia. O meglio, non cambia affatto. Le dieci tracce di “Planetary Allignment” sono esattamente quello che ci si attende: scale iperveloci, unisoni e assoli a tutto spiano, cambi di tempo che non corrispondono a cambi di registro e soprattutto tanto, tanto, tanto shred. Se vi sembra un film già visto, c’è una ragione.

Di solito, di fronte a un album come questo, gli approcci possibili sono fondamentalmente due. Se il genere non vi garba, metterete su il disco una volta, due, tre… alla ricerca di qualcosa – una melodia, un gioco ritmico, una nota soltanto – capace di catturare la vostra attenzione. Entro la fine del terzo ascolto (i più perseveranti ovvero masochisti arriveranno forse al quarto) consegnerete il CD alla pila dei frisbee e rimetterete su un “Perpetual Burn” a caso. Se al contrario lo shredding duro e puro è la vostra fede, apprezzerete fin da subito gli arrangiamenti barocchi di “Color By Numbers” (otto minuti e quindici, buona fortuna), le progressioni chitarra/tastiera di “Subatomic Particles” e la prosopopea chitarristica di “Gravitons”. Se dopo un’ora non ne avrete ancora abbastanza, vi basterà premere di nuovo il tasto “play” e ricominciare il girotondo.

La questione è dunque presto risolta. Siete incalliti feticisti del chitarrismo iperbolico? La mamma vi ha cresciuti a pane e Stratocaster? Benvenuti nel giardino dell’Eden. Cercate nella musica il nuovo o quantomeno il bello? Vi viene la nausea al solo pensiero delle solite scale ipertecniche iperveloci iperinconcludenti? Vade retro, per me si va nell’eterno dolore. Siete sbarcati sul pianeta Terra l’altro ieri e non sapete da che parte stare? Fate pure un giro di prova, ma non dimenticate l’aspirina: vi servirà a tiro della quarta traccia. Forse prima.

E smettetela di fare quella facce contrite. Del resto lo sapete, così è Bellas. Prendere o lasciare.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1. Color By Numbers
2. Encoded In Light
3. Subatomic Particles
4. New Worlds Discovered
5. Parallel Universe
6. Overlapping Dimensions
7. Escape Velocity
8. Gravitons
9. Planetary Alignment
10. Supersymmetry

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