Recensione: Planning Great Adventures

Di Fabio Vellata - 24 Novembre 2013 - 0:01
Planning Great Adventures
Band: Elbow Strike
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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77

Girare il mondo, conoscerne i contrasti e poi, tentare di tradurre tutto nel linguaggio dell’hard rock per darne una propria particolare interpretazione.

Con un moniker che sa tanto di sfida e combattività (“Elbow Strike”, il letale “colpo di gomito” delle arti marziali), arriva finalmente al traguardo discografico il progetto di Chris T. Bradley, poliedrico artista anglo-italiano dalle molteplici influenze e numerosi interessi.
Scritto e concepito in varie parti del globo nell’arco di un triennio – per poi ottenere forma definitiva in quel di Trieste –  “Planning Great Adventures” è un album che sin dal titolo offre un’idea “pratica” del suo contenuto: un’avventura musicale dai risvolti sorprendentemente piacevoli, inseribile per sommi capi proprio all’interno del “macro genere” hard rock che, tuttavia, presenta una gamma decisamente ampia di stili, sfumature e divagazioni, tali da caratterizzarne un’essenza tutt’altro che di facile o immediata omologazione.

Un po’ di tutto: dallo stoner psichedelico all’hard rock di radice groove. Dal post grunge al southern polveroso e vissuto. Dal blues compassato e ciondolante, alle atmosfere futuribili, industrialoidi e disarmoniche.
Un grosso calderone all’interno del quale dar sfoggio di creatività, utile nel dare corpo ad un concept lirico dai risvolti di critica sociale che, prendendo spunto da un possibile contatto dell’umanità con esseri alieni, si dipana nel tentativo di osservare il nostro mondo da una visione “esterna”, attraverso la quale, un ipotetico visitatore sarebbe indotto a porsi una serie di domande decisamente spinose e di difficile risposta.

Un’eloquente dichiarazione dello stesso Bradley, semplifica con particolare efficacia il tenore emotivo con cui il disco è costruito:

«Scrivere di storie d’amore non fa parte del mio carattere, avevo più voglia di scrivere qualcosa sulla mia incazzatura, su questo mondo un po’ impacchettato e controllato dai potenti. Arriva il new world order ma in realtà ci stanno solo mettendo un numero e categorizzando, abbiamo la villetta alla americana con il giardinetto fuori e la macchina e allora pensiamo di essere liberi e invece ci hanno solo pulito la gabbia»

Il risultato sono undici tracce nervose e dissimili tra di loro, ricche di peculiarità seppure mai di complicata interpretazione o eccessivi “sofismi” sonori.
“Planning Great Adventures” insomma, è un disco che pur avvalendosi di un piano concettuale complesso, non indugia mai in troppe digressioni, prediligendo un approccio diretto, sicuro e concretamente rock anche nella propria natura multi sfaccettata.
Non troppo arduo, in effetti, familiarizzare con brani dal taglio ruvido e secco come l’iniziale “Elbow Strike Mo Fos”, traccia sostenuta da un chitarrismo accesso e potente, la crepuscolare e notturna “Monster”, oppure “Stone Man”, episodio bluesy dall’incedere polveroso e “vissuto”.
Un po’ atipici sono invece i sapori di “Tokio Town”, pezzo dall’evidente connotazione southern che, di primo acchito ben difficilmente si potrebbe pensare come affine negli umori al caos di una tentacolare metropoli come la capitale giapponese. Come non citare poi, l’irruenza di un brano come “U.F.O.”, passaggio che nella costruzione e nelle vocals rimembra da vicino i grandissimi Killing Joke, arricchiti da riff di chitarra assassini che ricordiamo di aver già sentito da qualche parte negli album dei PitchShifter.
Un approccio vocale quello di Bradley che richiama Jaz Coleman anche nella successiva “Up Competing”, preludio a quelli che, senza dubbio, possono essere indicati come i punti massimi del cd: “Waiting for The Sun”, interpretata dal singer olandese di fama funky E1Ten (frontman dei GotchaAllstarz) e la Nefiliana “We’re Not Alone”, per impasto melodico, struttura e pura e semplice orecchiabilità, un binomio che si profila realmente come nucleo “forte” dell’intero cd.
Dark rock psichedelico ed oscuro infine per la conclusiva “Winter Night”, traccia che chiude con stile un disco singolare e di difficile catalogazione, ricco di spunti e sfumature cui, tuttavia, non manca l’invidiabile caratteristica della buona facilità d’ascolto.

Opera prima interessante e piuttosto ben congeniata per mister Bradley, artista e compositore “trasversale”, che si mostra capace di mettere in campo un po’ di buone idee e di tramutare in musica concetti e pensieri discretamente complessi.
Alice in Chains, Clutch, Black Sabbath, Killing Joke, Soundgarden e Black Label Society sono nomi che a vario titolo si accavallano nella mente facendo scorrere le undici canzoni di cui “Planning Great Adventures” è composto: un biglietto da visita complessivo più che sufficiente nel promuoverne senza riserve effetti e risultati.
 
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