Recensione: Point of Entry

Di Abbadon - 15 Settembre 2003 - 0:00
Point of Entry
Band: Judas Priest
Etichetta:
Genere:
Anno: 1981
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
75

Esorditi nel 1974 col tutto sommato discreto “Rocka Rolla”, i Judas Priest si erano presentati agli anni 80 con un curriculum che dire spaventoso era riduttivo, basti pensare a “Sad Wings of Destiny”, “Stained Class”, “Killing Machine” e “Unleashed in the East” (primo live album per una Heavy Metal Band). Inaugurati alla stragrande anche gli eightes con il devastante “British Steel”, Rob Halford e i suoi compagni erano attesi ad un’altra grande conferma, e nel 1981 la band ci prova mettendo sul mercato il suo ottavo album, intitolato “Point of Entry”. Dopo aver letteralmente consumato questo disco devo però dire, da fan sfegatato dei Priest (soprattutto in questi ultimi periodi), che Point of Entry pur rimanendo un album nettamente più che discreto, rappresenta un bel passo indietro rispetto al suo leggendario predecessore. A posteri si può chiaramente vedere che come se non bastasse “British Steel” a svalutare l’ottavo capitolo della saga del combo formato (al tempo) da  Tipton, Downing, Halford, Hill e Holland, ci si mette pure l’opera partorita nel 1982, tale “Screaming For Vengeance”. L’essere posto in mezzo a 2 dei migliori dischi in assoluto del combo di certo non giova  al nostro prodotto, che rischia di essere visto semplicemente come un flop, o come disco di transizione. E valutarlo così sarebbe un errore, perché non è assolutamente tutto da buttare, anzi. A dire il vero più che brutto, Point (che venne presentato con due cover, una Europea, qui presente, e una Americana) mi sembra sia stato concepito in un momento di calo di ispirazione del fantastico trio di compositori formato da Rob “Metal God” Halford, Glenn Tipton e KK Downing. A confermare questa mia ipotesi è la contrapposizione molto forte tra pezzi tutto sommato sufficienti, ma trascurabili, ad altri che alla prova dei fatti si sono rivelati davvero eccellenti, nonché riproposti in futuro nei concerti e nei Best Of.
Infatti la prima delle dieci tracce di questo disco (con due aggiunte per la versione rimasterizzata) è secondo me davvero ottima, meritevole di stima. “Heading out to the Highway”  si apre subito con un riff molto azzeccato, pungente ma non fastidioso, che accompagna un Halford piuttosto controllato ma sempre riconoscibilissimo nel suo grande stile. Questo controllo gli sfugge parzialmente nei refrain, dove si lascia andare a dei pregevoli acuti, che impreziosiscono una song che è quasi priva di assolo, eccezion fatta per una quindicina di secondi dedicati ad una chitarra elettrica che, pur nella sua incredibile semplicità, fa cascare le brache per terra (in senso squisitamente positivo). Purtroppo a questa eccellente opener fa seguito un pezzo, intitolato “Don’t Go”, assolutamente non all’altezza del precedente. Ben scandita ma anche frammentata, Don’t go risulta piuttosto malinconica e anche noiosetta nel suo scorrere, ma viene vivacizzata dal discreto refrain e dal buon solo. Nulla di cui fare i salti di gioia però, e quindi passiamo alla terza “Hot Rockin'”, che pur non essendo una bomba risulta molto godibile. Ottimo l’inizio, rockeggiante e abbastanza frenetico, e buona anche la prosecuzione, che si mantiene sugli stessi tempi ma provoca un discreto headbanging. Ancora ottimo l’assolo, cosa inevitabile quando hai due chitarristi come Tipton e Downing. Discreti e nulla più Halford, Holland e Hill.  Canzone non spettacolare ma piacevole è anche “Turning Circles”, che si basa su un giro piuttosto ridondante all’inizio, ma che alla lunga subisce delle interruzioni che smorzano la sensazione di ripetitività. Intonatissimo Rob nel bel refrain, dove molla anche un discreto acuto, e assolo docile ma penetrante. Dobbiamo attendere un’eccellente song e tre pezzi su livelli tutto sommato medi (alcuni pure bassi per i Judas Priest) per arrivare alla vera e propria superstar di “Point of Entry”, ovvero la blasonata “Desert Plains”, quasi sempre riproposta alle varie esibizioni live. L’inizio incute subito una sensazione di attesa, scandita benissimo dalla batteria. Il riff non è trascinante ma ottimo, e il cantato si fonde col suonato come nelle migliori occasioni, senza mai avere cadute di tono. Coinvolgentissimo il ritornello, quasi rassegnato ma non per questo di meno effetto, anzi. Inizio decisamente Heavy per “Solar Angels”, track che apre la seconda metà dell’album. Anche qui la lead guitar all’inizio crea una sensazione di attesa, ma poi ci ritroviamo davanti a una canzone normalissima, lenta, senza grandissime pretese o eccessi ma nemmeno pecche. Fa piacere sentirla qualche volta, ma dopo un po’ onestamente stufa.  Molto più rapida della precedente è “You say yes”, ma anche qui non c’è molto degno di nota. Musicalmente la song è terribilmente simile per tutta la sua durata, da segnalare il cantato, eseguito a regola d’arte. Per arrivare al primo pezzo tutto sommato buono post “Desert Plains” dobbiamo aspettare “All the Way”, dove la vena Hard Rock dei Priest prevale nettamente su quella Heavy. Quello che ascoltiamo è infatti un brano puramente rock, non eccezionale, ma tuttavia non male. A livello di ritmiche e di struttura lo accosterei ad un brano medio degli UFO, anche per la scelta delle sonorità, e visto che a me gli UFO piacciono, ho detto tutto. Buonissima batteria quella che introduce le schitarrate e i riffs di “Troubleshooter”, discreta song sulla falsariga di Don’t Go per quanto rigurda la frammentazione della song, ma con dalla sua parte una maggiore varietà ed imprevedibilità. A chiudere questo come detto fondamentalmente poco ispirato lavoro dei Judas Priest è la sufficiente “On the Run”, che nonostante la ripetitività delle strofe presenta dei buoni lavori della chitarra elettrica, che la risollevano un po’.
Che dire… la prima volta che ho sentito questo disco sono rimasto basito. Vuoi che la opener (ascoltata subito più volte di fila) mi era rimasta tremendamente in mente, ma pensavo di trovarmi davanti all’ennesimo capolavoro targato Preti di Giuda, magari sottovalutato visto che non ne parlava nessuno, invece dopo averlo sentito tutto non ho potuto che essere un po’ deluso. Intendiamoci : in assoluto è un album più che discreto, che presenta tra le sue file anche canzoni decisamente “da vetrina”, ma che se paragonato a tutto quello che avevano fatto prima i Priest quasi scompare. Ripeto che probabilmente si trattava di un periodo di scarsa verve compositiva, anche perché non è facile essere i Priest, tutti vogliono sempre il massimo, sempre e comunque, e questa volta non lo è stato. Fatto sta che la band non si diede per vinta, producendo solo un anno dopo uno dei suoi capolavori massimi, ovvero Screaming For Vengeance. Fortunatamente questo era solo un episodio (ma magari l’80% delle band di oggi avesse questi livelli….).

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :
1) Heading out to the Highway
2) Don’t Go
3) Hot Rockin’
4) Turning circles
5) Desert Plains
6) Solar Angels
7) You say Yes
8) All the Way
9) Troubleshooter
10) On the Run
Aggiunte nella rimasterizzazione :
11) Thunder Road
12) Desert Plains (Live)

Ultimi album di Judas Priest

Band: Judas Priest
Genere: Heavy 
Anno: 2018
89
Band: Judas Priest
Genere:
Anno: 2008
85