Recensione: Post Mortem Blues

Di Giuseppe Casafina - 17 Settembre 2017 - 0:01
Post Mortem Blues
Band: The Ossuary
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2017
Nazione:
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80

Voi ci credete ai colpi di fulmine? Io sì…

Quando, mesi or sono, ascoltai per la prima volta questo disco dei The Ossuary, ci rimasi di sasso. Ma di sasso proprio, stonato al 100%.

Ero, infatti, da buon fanatico del verbo profuso dai primi Black Sabbath, incredulo nel poter ascoltare una band a me corregionale (pugliesi, dalle stesse menti che han dato forma agli storici Natron) dall’impatto sicuramente ‘Sabbathiano’, ispirazione prima di ogni doom metal band che si rispetti, ma autrice allo stesso tempo di un sound che aveva molto di suo, un tocco personale già particolarmente spiccato e ricco di sfumature a loro modo complesse e particolari.

Queste sono le caratteristiche di un disco quale “Post Mortem Blues”, un disco che ho tenuto in pole position nel mio lettore per settimane e che, ogni volta ripreso, cresceva di spessore. Partendo dalla iniziale ‘Black Curse’ non si può notare sin da subito l’ottima produzione del disco, con le sue chitarre granitiche ed in primissimo piano, di pura scuola Black Sabbath, ma soprattutto non si può non notare l’eccellente carica del pezzo, caratteristica che rimarrà pressochè intatta fino alla fine del platter: a formare il sound dei doomsters baresi vi è come già detto un magistrale ed attento lavoro di chitarre, completato da un lavoro di basso particolarmente aggressivo, nonostante la sua duttilità nel disegnare linee melodiche mai stabili e sempre ancorate al culto della ‘pentatonica settantiana’. Completa il tutto il lavoro assolutamente magistrale di Max Marzocca dietro le pelli e il timbro vocale di Stefano Fiore, vocalist in possesso di una timbrica calda ed estremamente personale, più vicina a certi territori classicamente heavy (ma che conserva comunque quel piglio quasi blues che odora così tanto di vintage) e la quale, sebbene sia distante anni luce da certi luoghi comuni tipici di un certo Doom Metal, si amalgama perfettamente al sound generale della band.

“Post Mortem Blues” è un disco possente, viscerale, istintivo ed è chiaramente frutto di menti esperte che, mettendoci al 100% il proprio io, hanno forgiato un lavoro di tutto rispetto che vanta un sound in grado di competere alla grandissima con le realtà doom metal al di fuori dei confini nazionali ed europei e riuscendo anche, in alcuni franbgenti, a raggiungere un livello veramente superiore: pezzi come ‘Graves Underwater’, figlia dei primi Sabbath più epici, oppure ‘Blood On The Hill’ e la conclusiva e catcombale ‘The Great Beyond’, sono veri e propri inni a quel sound tradizionalista ma mai scevro di passione quale è sempre stato il Doom Metal. Sorprende la titletrack, in pratica una versione in salsa heavy settantiana di certi pezzi rock n’roll anni cinquanta, il cui impatto dei The Ossuary trasforma il tutto in un inno alla follia, alla sempre onnipresente decadenza dell’oltretomba.

In pratica siamo al cospetto di una formazione che, sebbene non inventa assolutamente nulla di nuovo e che allo stesso tempo appare per certi versi decisamente scolastica, sa come far bene il proprio mestiere, forgiando un disco di eccellente fattura, ricco di idee e con un songwriting sempre attento e ricolmo di momenti ad alternanza che altro non fanno che assicurare ulteriore longevità al tutto. In conclusione, l’assoluta mancanza di pezzi riempitivi dona ulteriore luce propria ad un debutto che sicuramente non deve mancare per nessuna ragione nella collezione di qualsiasi amante sfegatato delle sonorità Doom/Sabbathiane (quale il sottoscritto), o di musica heavy in genere.

Il suono della Catacomba forgiato da questi ragazzi ha fatto centro regalandoci un disco un debutto con tutti i crismi e privo di orpelli e sbavatura di alcun tipo.

Considerando che parliamo di un debutto, ciò non è assolutamente cosa da poco.

Consigliatissimi.

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