Recensione: Power & Volume

Di Alex Casiddu - 17 Marzo 2013 - 13:37
Power & Volume
Band: Free Fall
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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76

Pare proprio che per i Free Fall le lancette del tempo si siano fermate a trent’anni fa, incuranti delle nuove mode e dell’evoluzione che, nel frattempo, ha travolto la musica.
Questi svedesi fanno una cosa semplice ma efficace: infilano il jack dei propri strumenti negli amplificatori e macinano riff di puro rock n’ roll.
Basta dare un’occhiata alla copertina di “Power and volume” per capire che qui si bada al sodo e non si cercano “effetti speciali”, conferma che arriva una volta schiacciato il tasto play: niente tastiere o intro sinfoniche ma solo chitarra, basso, batteria ed una voce che sembra arrivare direttamente dai fumosi locali degli anni settanta, quando imperversavano i primi Led Zeppelin, Ac/dc e Ufo.

La partenza è affidata alla veloce “Power and volume”, title track che scopre subito le carte di questa formazione all’esordio discografico sotto Nuclear Blast; ovvero la voce graffiante di Kim Fransson, la chitarra retrò ed energica di Mattias Barjed e la sezione ritmica nuda e cruda di Jan Martens al basso e Ludwig Dahlberg alla batteria, polmoni e motori pulsanti di questa corazzata.
Se nella prima traccia sembra di sentire dietro al microfono il compianto Bon Scott, tanto è la somiglianza vocale del singer, con la successiva “Free fall” il buon Kim diventa un clone di Robert Plant, veramente indistinguibile dall’originale quando si lancia nei classici urletti che nel corso della storia sono diventati un marchio di fabbrica del cantante inglese.

“Midnight vulture” e “Top of the world” mantengono sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore grazie a ritmi alti e ai riff della sei corde di Mattias che, come un treno in corsa, non accenna minimamente a diminuire, dando sempre quella marcia in più alle composizioni.
La lunga “Attila” – sei minuti e trenta secondi – ci avvolge con la sua aura lisergica, catapultandoci negli anni in cui i The Who e il rock psichedelico dominavano la scena in maniera incontrastata, regalando “viaggi cosmici” ai loro sostenitori.              
I suoni acidi la fanno da padrone anche in “World domination”, dove i riff abrasivi della chitarra si fanno duri come se ci trovassimo veramente di fronte ad un carro armato in marcia per “la conquista del mondo”.

Questo album probabilmente farà storcere il naso a molti; di fatto non si trova nulla di nuovo, ritmiche già sentite centinaia di volte e timbrica vocale che in molti, nel corso degli anni, hanno imitato ed anche abusato in ogni modo, ma i Free Fall hanno chiarito a suon di note di non voler cercare chissà quali suoni o effetti ad iniziare, come già detto, dalla spartana copertina.

Il disco si avvia verso la fine con “Love bombing” e “Damnation”, episodi in stile AC/DC, veloce e con un ritornello killer il primo; un mid tempo più ragionato il secondo, con la voce dell’ottimo Kim che si erge per l’ennesima volta a manifesto del combo svedese, contendendo il ruolo di protagonista al compagno Mattias.
Il sipario si abbassa sulle note di “Meat”, tanto lunga da sembrare una jam session improvvisata; nella quale ogni musicista, per qualche secondo, ha il proprio spazio per una sorta di assolo; un modo per raccogliere gli onori del lavoro fatto, chiudendo in modo accattivante “Power and volume”.  
Questo debutto può degnamente affiancarsi ai lavori dei vari The Answer, Rival Sons e Wolfmother; colleghi che si rifanno, proprio come i Free Fall, a sonorità datate che, fortunatamente a distanza di decadi, non tramontano mai e magicamente riescono ancora ad ispirare flotte di giovani musicisti.

Se è vero, come scritto poc’anzi, che in questo disco non troverete alcuna novità, è altrettanto vero che riceverete in cambio quintali di energia, passione, sudore ma specialmente una cosa che da quando è nata ci fa star bene… il Rock n’ Roll!!!

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