Recensione: Precambrian

Di Davide Iori - 22 Gennaio 2008 - 0:00
Precambrian
Band: The Ocean
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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91

Precambrian, un album forse poco atteso dalla maggior parte degli ascoltatori metal, ma diventato oggetto del desiderio e dell’aspettativa di coloro (pochi forse, ma in aumento rapido) che in questi anni sono venuti a conoscenza del fenomeno The Ocean. I The Ocean, una band che nulla ha di convenzionale: già definirli gruppo musicale è riduttivo, in quanto essi sono un collettivo in costante cambiamento ed evoluzione, dove i musicisti che registrano le tracce in studio non sono quelli che le vanno poi a suonarle dal vivo, dove all’interno della formazione è annoverato un tecnico delle luci che sta direttamente sul palco a comandare il lightshow durante i concerti. A tirare le fila di questa realtà fluida e multiforme troviamo un certo Robin Staps, emerso dal nulla con la pubblicazione dell’EP Fogdiver e da allora sempre al comando di una nave che non ha mai percorso due volte la stessa rotta. Strumentale e dalle influenze elettroniche il primo lavoro, epico e stupendamente contaminato il secondo, aggressivo e quasi hardcore il terzo, nel quale avviene il debutto dei nostri su Metal Blade, con tanto di tour europeo finalmente ben programmato e vera e propria esplosione mediatica con recensioni entusiaste su quasi tutta la stampa specializzata.

Insomma, c’è poco da dire: sebbene i The Ocean ad oggi siano ancora un gruppo underground e per intenditori essi sono già un punto di riferimento della scena metal e questa loro ultima pubblicazione è chiamata a confermare lo stratosferico livello qualitativo mostrato finora. Le domande sono molte: dove andranno a parare i nostri, quale delle loro influenze sarà preponderante, quale lasciata più in secondo piano? Interviste e comunicati stampa ci hanno già avvertito che in questo disco i nostri hanno deciso di non scegliere, almeno non palesemente. E allora via a questo doppio CD, con un primo capitolo dedicato all’estremismo sonoro hardcoreggiante e meshugghiano ed un secondo intimistico e solenne, a tratti addirittura progressivo nel vero senso del termine. Ma non anticipiamo nulla per ora e continuiamo con l’analisi generale dicendo che, oltre ad essere un progetto quantomai impegnativo (si parla di 1 ora e 22 minuti di musica) questo Precambrian è anche un concept album. Si avete capito bene, ma non un concept nel senso classico del termine, dove viene raccontata una storia quasi stessimo leggendo un romanzo, qui si sta parlando di un progetto ben diverso, descrittivo. Robin Staps e compagni infatti si prefissano lo scopo di trasporre in musica tre eoni geologici, Adeano, Archeano e Proterozoico, i quali vanno a costituire un’unità informale (ossia non accettata negli ambienti accademici) che viene definita con il termine oramai desueto di Tempo…
Precambriano appunto.

Hadean/Archean
Compito di aprire le danze in questo colossal musicale spetta all’episodio più estremo del lotto, il miniCD che, in 22 minuti di furia sonora, si prefigge di descrivere 2 miliardi di anni di preistoria del nostro pianeta, quelli che esso ha passato senza che alcuna forma di vita comparisse a solcarne la superficie o a cullarsi tra le sue acque. Seguendo la falsariga di AEolian i The Ocean piazzano come opener la traccia più brutale a loro disposizione, una sfuriata di 3 minuti e 47 secondi nella quale i nostri dimostrano di aver imparato alla perfezione la lezione impartita dai Meshuggah versione Chaosphere, ma dove cercano anche di inserire anche qualcosa di personale, innanzi tutto rinunciando al tipico drumming alla Haake con piatto dritto a scandire il tempo, ma soprattutto mettendo già in questo episodio elementi che diventeranno poi caratteristici delle canzoni successive, ben lontante dal concetto classico di experimental death/thrash e più vicine invece a realtà hardcore come ad esempio Breach e Converge. La cosa viene fuori completamente a partire da Eoarchean, ma bisogna specificare che comunque siamo già abbastanza distanti da quanto sentito in AEolian, dove alcune canzoni erano la riproposizione quasi fedele della filosofia musicale applicata dai capostipiti di un certo genere. In Precambrian la mente di Staps e compagni sembra essere rivolta principalmente alla sperimentazione e la cosa si nota soprattutto in Neoarchean, dove il tema di chitarra iniziale riesce a passare dall’allegro e quasi country/folk al cibernetico e straniante a seconda dell’arrangiamento. Davvero una bellissima idea per un primo CD nel quale vediamo all’opera una band che si inserisce in un genere già inflazionato ma che riesce a farlo con una sua personalità e portando elementi nuovi alle orecchie dell’ascoltatore.

Proterozoic
Non mi nascondo: se stavo attendendo Precambrian in maniera tanto spasmodica era soprattutto perchè volevo sentire questo secondo CD, nella mia mente, come credo in quella di molti appassionati, destinato a diventare il successore e probabilmente il fratello maggiore di quel capolavoro che è FluXion. Purtroppo però mi ritrovo costretto ad annunciare che, con mio ingiustificato rammarico, non è possibile abbozzare un confronto tra questo CD ed il suo predecessore. Perchè? Non è forse questo il capitolo sinfonico, ragionato, introspettivo e progressivo di Precambrian? Certo, ma non per questo esso è somigliante al già citato FluXion. Le differenze saltano all’occhio immediatamente e sono quantomai importanti: se nel disco dalla copertina blu infatti ci trovavamo davanti ad una musica tanto potente quanto sinfonica, tanto aggressiva quanto solenne, ed a una strutturazione dei brani che, pur dando una coerenza non indifferente all’insieme, caratterizza ognuno di essi come un episodio a se, da ascoltare anche staccato dagli altri, ora ci troviamo di fronte ad un opera estremamente più minimale e riflessiva, dove la saturazione dello spazio sonoro viene raggiunta raramente, dove l’apporto degli strumenti classici viene misurato con cura e gli arrangiamenti spesso non comprendono mai più di uno di essi per volta. Certo, gli episodi più pesanti non mancano, vedere ad esempio Statherian, ma l’orecchio non può fare a meno di notare come in questo caso Staps e co. abbiano deciso di rivolgersi maggiormente alla tradizione psichedelica e riflessiva (Pink Floyd, vi dice nulla?) portata nel nuovo millennio in una maniera che, come stile, potrebbe ricordare vagamente quanto già compiuto dagli Isis. Siderian e Calymmian sono esempi in questo senso in un disco che va assaporato nella sua interezza in quanto gli episodi sembrano composti in modo da sottostare al disegno complessivo più che per risultare bastanti a se stessi. Naturalmente siamo in un disco dei The Ocean e quindi le distorsioni a palla non mancano di certo (Rhyacian ed Ectasian sono episodi portentosi in questo senso), ma la virata stilistica c’è e si sente, soprattutto in quanto mancano pezzi come Equinox e Dead on the Whole, immediatamente coinvolgenti e con caratteristiche quasi da singolo. La cosa tuttavia non è un difetto, solo una scelta artistica adeguata allo status di concept album che la band ha voluto dare a questo Precambrian. L’alternanza di parti aggressive a sezioni psichedeliche, il tutto condito dagli episodi sinfonici che abbiamo già imparato a conoscere ed ad amare, trova il suo habitat naturale in canzoni mediamente lunghe che permettono a tutti i musicisti di esprimersi al loro meglio.

Il concept
Spesso si tende a guardare i concept album con una vena di approvazione a priori, quasi che il fatto che la band si sia impegnata a strutturare le canzoni secondo uno scopo sia di per se motivo per dare al disco in questione un bonus a priori. La verità è che spesso quando si ha a che fare con dischi di questo tipo ci si ritrova davanti a trame mal congeniate, pezzi che centrano poco con quanto si dovrebbe esprimere ed a contenuti infilati dentro a forza. Non volendo dunque fare l’errore di alzare il voto senza motivi validi mi accingo ad analizzare questo platter dal punto di vista contenutistico e, devo dire, questa analisi non sarà esente da perplessità.

Partendo dal primo CD Hadean/Archean salta subito all’occhio come la furia musicale sia troppo strutturata e troppo ben arrangiata per descrivere un’epoca nella quale sulla terra era un tripudio di eruzioni vulcaniche e l’atmosfera era ancora una nube nera spazzata dal vento. Se l’opener Hadean è fantastica nel rievocare il tempo in cui sul nostro pianeta nemmeno una roccia s’era formata, Neoarchean con i suoi riff progressivi non è perfetta per descrivere qualcosa di ancor più che selvaggio. Risulta inoltre discutibile la scelta di utilizzare la voce per rendere un eone nel quale non vi era nemmeno una forma di vita. Il cantato, pur estremo, ha l’effetto di evocare la presenza di qualcosa di senziente o comunque in possesso di forza vitale, verrebbe dunque da obbiettare che il primo CD avrebbe reso meglio in forma strumentale. Certo, il cantato potrebbe essere giustificato come una sorta di narrazione fatta da un essere onniscente, ma la cosa regge poco e male.

Per quanto riguarda il secondo CD (Proterozoic) sicuramente il concept diviene meglio strutturato ed anche maggiormente adeguato alle diverse epoche descritte. Nonostante si noti la mancanza di una traccia per il periodo Ediacarano (successivo al Cryogeniano) la musica qui si sposa alla perfezione con una situazione globale caratterizzata da sconvolgimenti geologici, ma, contemporaneamente, anche dalla formazione dei primi organismi unicellulari all’interno della placida culla del brodo primordiale. Particolarmente azzeccati sono dunque Cryogenian, che traspone perfettamente la glaciazione totale del pianeta che caratterizzò quel tempo, ed anche Statherian, con una voce parlata a simboleggiare l’emersione dei continenti, luoghi che sarebbero divenuti la casa dell’uomo.

Per quanto riguarda i testi le perplessità invece si fanno tuttavia consistenti. Tutta l’analisi che avete finora letto viene infatti messa in dubbio quando ci si rende conto che essi non hanno nulla a che vedere con la natura o le ere geologiche e, sebbene rimangano sempre in forma estremamente metaforica, sembrano riferirsi alla società moderna. Che I The Ocean abbiano voluto utilizzare gli eoni come una specie di allegoria di qualche genere? Che essi altro non siano che un modo per mascherare significati più nascosti? Non possiamo saperlo, rimane solo la sensazione che tra i titoli delle canzoni ed il loro contenuto lirico ci siano ben pochi collegamenti possibili.

Conclusioni
Precambrian è un’opera mastodontica ed affascinante, che ci mostra una band in forma smagliante all’apice della sua vena creativa. Le premesse ci sono tutte, la realizzazione anche, con una produzione perfetta ed un packaging di raro pregio. L’unico difetto che si può trovare a questo colossal è forse la mancanza di un hit single degno di questo nome nel secondo CD (dominato invece da brani lunghi ed elaborati adatti a fare da sottofondo ad un viaggio notturno in macchina o per un ascolto intellettuale) e di un lavoro maggiormente curato di adattamento del concept all’interno del primo. Certo, la band ha preferito privilegiare la bellezza della musica alla coerenza dell’opera artistica e non c’è da biasimarla, anche perchè la maggior parte degli ascoltatori non si fa i problemi che ci siamo fatti noi in sede di recensione, ma i capolavori non ammettono sbavature e questo disco, purtroppo, non è un capolavoro. Forse Robin Staps si è fatto prendere troppo dal progetto ed ha dimenticato che fa sempre piacere scapocciare su una Dead on the Whole o su una The City in the Sea, forse si è fatto prendere troppo poco e non ha pensato che non basta mettere nomi altisonanti ai brani per far gridare al miracolo del concept. Più probabilmente, e qua giungiamo al famoso medium, il processo compositivo è andato avanti da solo, senza guardare in faccia a nulla, e questo ha creato le due mancanze che ora stiamo a sottolineare.

Rimane il fatto che le canzoni che troviamo in questo Precambrian sono dannatamente belle. In fondo è questo che conta no? E allora correte nei negozi a comprare questo disco, se amate la musica non potete farne a meno.

Davide “Ellànimbor” Iori

Tracklist:

Hadean/Archean:
1. Hadean
2. Eoarchean
3. Paleoarchean
4. Mesoarchean
5. Neoarchean

Proterozoic:
1. Siderian
2. Rhyacian
3. Orosirian
4. Statherian
5. Calymmian
6. Ectasian
7. Stenian
8. Tonian
9. Cryogenian

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