Recensione: Presence [EP]

Di Daniele D'Adamo - 21 Maggio 2017 - 18:26
Presence [EP]
Band: Mesarthim
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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86

La stella binaria Gamma Arietis, cioè i Mesarthim, continua nel suo viaggio infinito fra le galassie. Dopo il capolavoro “.- -… … . -. -.-. .” (2016), è ora il turno dell’EP “Presence” che, per l’appunto, chiude il capitolo che si era aperto con “.- -… … . -. -.-. .” stesso per poi proseguire con gli altri due EP, “The Great Filter” (2016) e “Type III” (2016).

Così come era cominciata, la saga finisce. Cioè, con un altro masterpiece: ‘Eschaton Part I’, opener-track di “Presence”. La materia interstellare prende la sua forma definitiva, raccogliendo la polvere che vaga leggera nel vuoto fra i sistemi planetari. Incommensurabili melodie si svolgono davanti agli occhi, materializzati dall’incredibile capacità artistica del duo australiano. La visionarietà è completa, assoluta, totalizzante. Improvvisamente, dopo le leggere e rarefatte note dell’incipit, si aprono, come cateratte di frammenti lucenti, le Porte del Cosmo. Sono proprio le note, ad assurgere a livello di Divinità. Divinità che fa capo a un sentimento profondo e sconvolgente: l’Amore. Per la musica, per la Natura, per un altro essere vivente, per un proprio simile, per la vita, per la morte. La voce femminile che accompagna le cascate di scintille che alimentano il Mare della Solitudine stravolge l’anima e il cuore, trasporta la mente in uno stato di trance ove, finalmente, si trova la pace.

Presence” ha un taglio più elettronico, rispetto a “.- -… … . -. -.-. .”; quasi a spingere con più insistenza i pensieri in alto, lontano. Quasi a volerli disperdere nell’etere a causa di un ipnotico stato mentale. Quasi a volerli frammentare per gettarli nel vuoto. Tuttavia, malgrado quest’approccio più tipico dell’electronic music, non sparisce affatto la magia del post-black, della shoegaze, dell’eerie emotional music, del metallo. Di fronte allo sguardo, allora, si concretizzano paesaggi lunari, tetri, bui, angosciosi; alternati ad altri più simili a quelli terresti. Dotati di atmosfera. Blu. Profondo, blu.

‘Eschaton Part II’, dal ritmo meno malinconico, sembra l’ideale spinta artistica per dipingerli. Anche se, come un leit motiv che si ripete, la voce straziante che modula lo scream lascia intuire, sempre e comunque, che il dolore e la sofferenza non sono altro che la norma, mentre la felicità e la serenità, solo l’eccezione. La maestosità delle armonie è sterminata, senza luogo né tempo.

La title-track, poi. Se possibile, ancora più contaminata dall’elettronica Enigma-style, che l’ammanta di un morbido e sensuale groove. La furia scatenata dal suono delle chitarre, però, non fa mai dimenticare che trattasi sempre di post-black. Comunque, di metal. Estremo. Il drumming veloce e furente ne è una componente essenziale, del resto.

Senza tregua, i Mesarthim, opera dopo opera, lavoro dopo lavoro, stabiliscono senza ombra di dubbi di avere in mano genialità allo stato puro nonché gigantesco senso musicale. Capaci di aprire le porte dell’anima per entravi dentro, quindi trasportare i pensieri e le emozioni lontano, chissà dove. Forse, sempre là, in quel luogo.

Dove nascono i sogni.

Daniele dani66 D’Adamo

 

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