Recensione: Presence Of Mind

Di Andrea Loi - 20 Luglio 2006 - 0:00
Presence Of Mind
Band: Lost Weekend
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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80

Ho sempre avuto un debole per questi Lost Weekend.

In pochi li conosceranno, ma perché non dare il giusto spazio ad artisti che hanno contribuito alla “causa” con ottimi dischi e che per le perverse regole del music business sono stati relegati (ingiustamente!) nell’oblio,
o se preferite in un “limbo” da cui solo la tenacia e la costanza degli appassionati possono riportare alla luce?

Ascoltati per la prima volta nella compilation della Frontiers, “Union” (1998), rimasi colpito dalla frizzante energia di questi quattro inglesi (ora la formazione è a cinque elementi) che uniscono sonorità tipiche dell’AOR di lusso condite a un'”aggressività” che di fatto ne potenzia il sound con chitarre sempre in primo piano: il cosidetto “Aor elettrico” (termine coniato dal maestro Beppe Riva) di cui il primo Bon Jovi fu un degno rappresentante.
In ordine di tempo l’album in questione rappresenta il secondo full length.
Il gruppo ha infatti sfornato altri due album in studio
(Lost Weekend, 1996 e New Religion, 2002 entrambi su Now And Then / Frontiers) più un “Best of” uscito nel 2005 che rappresenta tutt’ora, nel momento in cui scrivo, l’ ultima “testimonianza sonora” della band.

In definitiva un Pomp Aor pregevolissimo, accompagnato al basso da Robin Patchett e, alle pelli, da Jack Himsworth.
L’asse portante è quasi esclusivamente un inno a quello che il rock melodico americano ha prodotto negli Eighties: tutti i brani del cd assumono, anche grazie al perfetto equilibrio chitarre-tastiere, una freschezza dalle sonorità trascinanti e coinvolgenti con chiari riferimenti alle produzioni dei Survivor targate anni ’80 (non si può sbagliare…), capeggiati dalla voce magica e calda di Paul (anche se il suo cantato in certi frangenti mi pare un po’ troppo sofferto).

Ci troviamo di fronte a dodici tracce ben arrangiate e suonate con incantevole dedizione, rendendo veramente difficoltosa una scelta tra i brani; tuttavia episodi come “The Best Is Yet To Come”, dove viene fuori la personalità più intimista, e “This Moment So Long” per quella più hard, possono essere eletti a manifesto sonoro riguardo le coordinate sonore del gruppo,
in un genere ormai snobbato da molti e che solitamente – sigh!- è fuori dai grandi circuiti.

Pensate, ho trovato questo cd nelle offerte speciali, a un prezzo irrisorio che mi ripaga ampiamente dell’ investimento fatto.

Che dire? Consigliato vivamente agli amanti del genere …

Tracklist:

01 Holding On.
02. I Need You
03. One Chance
04. Slippin’ Through My Hands
05. The Best Is Yet To Come
06. Kiss From The Heart
07. All Hands To The Fire
08. One Day At A Time
09. This Moment So Long
10. I Don’t Want To Be A Friend
11. Can You Believe
12. In Time

Line Up:

Paul Uttley (Vocals)
David Thompson (All Guitars)
Robin Patchett (Bass)
Jack Himsworth (Drums)

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