Recensione: Primal Exhale

Di Gaetano Loffredo - 15 Giugno 2005 - 0:00
Primal Exhale
Band: Excalion
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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60

Avevo appena terminato di lodare i norvegesi Pagan’s Mind ed in generale i gruppi “secondari” della scena power scandinava ed ecco che mi capita tra le mani il promo del debut album dei finnici Excalion; un buon disco del quale, però, non credo rimarrà traccia nel tempo.
Mi rendo conto che ci  sono persone le quali, pur di suonare ciò che sta loro a cuore, rischiano anche involontariamente di veder etichettata in malo modo la loro musica per il solo fatto di rifarsi a quella o a quell’altra band oltretutto, se la proposta presentata non riesce a “decollare” come dovrebbe anche a causa di quanto detto, perfino una buona label come la portoghese Sound Riot Record non riesce a fare miracoli, nonostante metta a disposizione, come nel caso affrontato, i mezzi necessari per presentarsi degnamente al pubblico.

Primal Exhale è un lavoro che denota una certa sufficienza nei contenuti ed una problematica situazione di stasi compositiva nello stile che lo descrive; nonostante una produzione decisamente all’avanguardia, suoni puliti e riconoscibili e qualche capitolo davvero degno di nota.

Si parte con “Temptation Wasteland” che ricorda molto da vicino gli Stratovarius ed i primissimi Sonata Arctica, quelli di Ecliptica tanto per intenderci, ensemble sonoro che ha nel suo complesso tocchi di classe portati in scena dalle divagazioni progressive e dai tempi rallentati che aiutano a percepire anche i minimi dettagli del pezzo.
Anche con “A moment in a Spotlight”, gli Excalion rinunciano ai classici 12/8 che fecero grandi i loro predecessori, puntando sulla cadenza e soprattutto sul coro melenso ma, con “Reality Bends”,  l’inversione di tendenza è netta in quanto il brano si sposta sulle dimensioni usuali di Tolkki & Co soprattutto per quanto riguarda la linea vocale seguita da Jarmo Paakkonen ed il chiaro tentativo di esibirsi “alla Kotipelto”.
Fin qui il disco scorre anche piacevolmente, purtroppo però l’attenzione, dopo i primi brani, tende a calare sensibilmente a causa della ripetitività degli stessi che, nonostante il taglio coinvolgente, si riducono ad un minimo comune denominatore ormai ecceduto ed obsoleto.
Da annotare “Stage of Lies” che pare essere il decimo brano di Infinite, pronta a regalare un ritornello avvolgente e tremendamente intuitivo. Tutto qui? Purtroppo si.

Gli amanti delle sonorità accennate si rechino dal proprio negoziante di fiducia, oppure ancora più semplicemente entrino sul sito internet ufficiale della band, diano un ascolto anche superficiale all’album o ai samples (anche perché darne uno approfondito non avrebbe senso, è sin troppo immediato) e decidano tranquillamente se, le semplici melodie condite dalla doppia cassa di Henri Pirkkalainen possano soddisfare, sappiano però che non si troveranno davanti ad un lavoro complesso ed estremamente curato, sicuramente adatto per chi ha voglia di ascoltarsi un album semplice, diretto e, non si preoccupa ulteriormente di una sostanza che, mi rincresce dirlo, appare scontata ed a tratti di una banalità sconfortante. 

Gaetano “Knightrider” Loffredo

Tracklist:
01.Temptation Wasteland
02.A Moment in the Spotlight
03.Reality Bends
04.Dire Waters
05.Stage of Lies
06.Heart & Home
07.Megalomania
08.My Lecacy
09.Obsession to Prosper

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