Recensione: Primo Victoria

Di Leonardo Arci - 16 Settembre 2005 - 0:00
Primo Victoria
Band: Sabaton
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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77

“Through the gates of Hell/as we make our way to heaven/through the nazi lines/Primo Victoria”. E’ con queste parole che inizia questo nuovo capitolo musicale degli svedesi Sabaton. L’esordio di questa band dedita ad un roccioso heavy-power metal risale al 2001 quando venne rilasciato Fist for Fight, lavoro autoprodotto ma pubblicato sotto le insegne della italiana Underground Symphony, contenente una serie di demo risalenti agli anni precedenti e mai pubblicati. Nonostante si trattasse, per ovvie ragioni, di un prodotto piuttosto eterogeneo, le qualità del combo svedese apparvero in tutta la loro potenzialità, ed è proprio alla luce di simili considerazioni che risulta piuttosto difficile ed anacronistico capire le ragioni per le quali il secondo lavoro ufficiale della band, Metalizer, non sia mai stato pubblicato dalla casa discografica italiana, alla quale il materiale è stato da diverso tempo consegnato purtroppo senza vedere ancora la luce. I Sabaton non si sono fatti scoraggiare da questi inconvenienti e si sono alacremente messi al lavoro dando vita a Primo Victoria, rilasciato per l’etichetta Back Lodge.

La proposta musicale di questi 5 artisti svedesi si sviluppa su coordinate oscillanti tra power epic metal ed un heavy metal di stampo teutonico molto simile, per rendere l’idea, a quanto proposto dai tedeschi Grave Digger. Le similitudini con questa storica band non si limitano soltanto all’aspetto musicale: già dai secondi iniziali del disco appare evidente come la timbrica del vocalist (nonché tastierista degli Stormwind) Joakim Broden sia molto simile a quella del mastermind degli scavatori di fosse Chris Boltendhal.

Nel complesso il lavoro suona piuttosto compatto, veloce, roccioso ma anche molto melodico grazie ad un costante ed azzeccato uso delle tastiere, la produzione gioca un ruolo fondamentale nel mettere in risalto tutti gli strumenti, le liriche sono incentrate su temi bellici sulle quali si incastra alla perfezione la prestazione e la particolare timbrica del frontman. La struttura armonica è piuttosto varia lungo tutto il lavoro, indicando la strada lungo la quale la band abilmente riesce a sviluppare linee melodiche molto accattivanti e a tratti ruffiani, capaci di far viaggiare la mente dell’ascoltatore e portarti indietro nel tempo facendoti vivere sensazioni ed esperienze emozionanti. Infatti, la musica, proprio come la poesia, essendo una espressione del genio artistico dell’uomo, va a mio avviso valutata non solo sulla base delle metriche, delle ritmiche e di tutti gli aspetti tecnici che un orecchio attento può individuare. La forza e la bellezza della musica risiede anche e soprattutto nella miriade di sensazioni che essa può scaturire in ciascuno di noi, sensazioni diverse essendo molteplici le esperienze e gli schemi mentali attraverso i quali riceviamo ed interpretiamo una nota, un accordo, una atmosfera.

Come abbiamo detto, il lavoro si apre con la titletrack, Primo Victoria: già dal chorus proposto in avvio di traccia appaiono chiare le caratteristiche del gruppo, voce grezza ma adeguatamente melodica, sound possente e robusto che dà vita ad un mid tempo molto catchy sia nel bridge molto melodico che nel coro dall’appeal vagamente commerciale. La seconda traccia, Reign of Terror, si apre con un riffing compatto e ruvido che dura per tutta la durata della composizione, lasciando spazio nella parte centrale ad un assolo di chitarra breve ma veloce. Anche su questa traccia il singer dà dimostrazione di grande espressività e di totale padronanza della propria voce, autentico marchio di fabbrica di questa sorprendente band. Panzer Battalion è introdotta da un solo di chitarra e si dimostra subito più power oriented rispetto alle due tracce precedenti, sebbene mantenga una struttura ritmica poderosa e melodica soprattutto nel refrain centrale. Wolfpack è un roccioso mid tempo che parte con un’atmosfera magistralmente creata dalle tastiere affidate allo stesso Broden. Il refrain centrale si basa su un chorus piuttosto riuscito che caratterizza l’intera traccia e che lascia spazio ad un’assolo della lead guitar che mi ha ricordato per certi versi i Manowar. Counterstrike è un up tempo piuttosto compatto le cui liriche narrano del conflitto in Israele; la canzone si avvicina a certe speed songs targate Blind Guardian ma il chorus non appare di grande impatto né particolarmente originale, registrando pertanto il primo vero calo di tensione all’interno del disco. Stalingrad si presenta intrisa di un’atmosfera epica e oserei dire tragica, compreso il malinconico e sognante solo centrale, l’esecuzione da parte della band è di riguardo tuttavia la composizione non riesce a decollare e ad attrarre la mia attenzione, l’impressione è che questi svedesi abbiano inserito le migliori tracce all’inizio del disco per sorprendere l’ascoltatore, sottovalutando però l’effetto noia che rischia seriamente di distogliere la nostra attenzione e facendoci venire voglia di premere il tasto stop e ripartire dall’inizio per godere dei bellissimi e suggestivi capitoli iniziali. Le successive Into the Fire e Purple Heart non fanno che confermare la sensazione espressa poc’anzi: sebbene la prima delle due canzoni sia dotata di un refrain veloce ed orecchiabile, il valore complessivo di tali composizioni si assesta su livelli decisamente inferiori al resto dell’album, e questo è un vero peccato perché a mio avviso la band in questione è dotata di qualità nel songwriting di buon livello. La conclusiva Metal Machine appare subito diversa dalle altre tracce, l’ho intesa infatti come una sorta di omaggio al metal anni ’80, a mio avviso suona molto simile a certi lavori targati Running Wild. Particolarmente azzeccato il refrain centrale, melodico e potente, sul quale si innesta un chorus sicuramente d’impatto dove le liriche si discostano dal concept sulla guerra. Indubbiamente una chiusura di disco originale e che riporta il valore complessivo di “Primo Victoria” su livelli più che buoni.

Era la prima volta che ascoltavo un lavoro di questa band ed il mio giudizio è più che positivo: nonostante qualche, probabilmente inevitabile, calo di tensione nell’ultima parte del disco, nel complesso il lavoro dei Sabaton è da valutare con favore e da elogiare, uscite di questo spessore è merce sempre più rara negli ultimi tempi, per cui consiglio vivamente l’acquisto di questo prodotto e sono curioso di vedere all’opera dal vivo questi ragazzi; se riusciranno a colpirmi positivamente anche on stage allora potremo affermare che l’heavy power metal ha trovato i suoi nuovi paladini (insieme agli ottimi Savage Circus).

Leonardo “kowal80” Arci

Tracklist:

01. Primo Victoria
02. Regin Of Terror
03. Panzer Battalion
04. Wolfpack
05. Counterstrike
06. Stalingrad
07. Into The Fire
08. Purple Heart
09. Metal Machine

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