Recensione: Privilege To Overcome

Di Orso Comellini - 15 Giugno 2013 - 11:09
Privilege To Overcome
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Anno: 2013
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78

Ci eravamo lasciati circa quattro mesi fa con il track by track in anteprima di “Privilege To Overcome”, scoppiettante debutto sulla lunga distanza dei giovani thrasher piemontesi Ultra-Violence, e dopo aver fatto ‘decantare’ l’album il tempo necessario, passiamo ad analizzarlo più nel dettaglio.

Autori del micidiale Ep “Wildcrash”, ideale punto d’incontro tra il più ragionato thrash bay area ed il più viscerale stile teutonico, con il quale i Nostri sono riusciti a conquistare le attenzioni di pubblico ed addetti ai lavori, prodigandosi in vari show al fulmicotone nel Bel Paese, alzando, così, sensibilmente l’asticella delle aspettative per un album che senz’altro si candida tra le uscite più solide in campo thrash in questo 2013, non solo in ambito nazionale.

La principale novità, destinata a far discutere i fan della prima ora, che caratterizza “Privilege To Overcome” è, purtroppo, il quasi totale abbandono di quelle sferzanti sonorità di matrice tedesca (o più in generale europea) che legittimavano in toto la scelta del moniker e davano al gruppo quel che di imprevedibilità che rendeva la loro proposta non facilmente inquadrabile in un filone ben preciso. Certo, non si può dire che la violenza sonora non sia tuttora un tratto distintivo della musica degli Ultra-Violence, semmai quello che è cambiato è l’approccio agli arrangiamenti e in parte le modalità adottate per scuotere dalle fondamenta l’ascoltatore. I Nostri, infatti, hanno privilegiato nettamente composizioni che rimandano alla scena statunitense, non necessariamente – o almeno non esclusivamente – a ciò che proveniva negli eighties dalla ben nota Baia californiana, però. Ciò si evince da un song writing generalmente un po’ meno irruento che in passato, in favore di soluzioni più elaborate e maggiormente curate, con un gusto tipicamente d’oltreoceano per melodie ben congegnate e l’impegno costante a non lasciare niente al caso. Aspetto che va di pari passo con l’indubbia crescita del combo, sia tecnicamente, sia dal punto di vista compositivo. Una maggiore maturità artistica, perciò, unita ad una più radicata sicurezza nei propri mezzi, che ha permesso loro (individualmente e collettivamente) di confezionare un album tutto da scoprire, anche perché molto vario. Ogni singola traccia, infatti, ha un elemento distintivo dalle altre, mantenendo comunque una certa coerenza con le altre, introducendo anche qualche soluzione non sperimentata prima, come già evidenziato nel track by track.

Quasi impossibile rimanere fermi ascoltando brani travolgenti come l’ispirata “L.F.D.Y.”, il finale pirotecnico di “Order Of The Black” e ancora “Restless Parasite” o “The Beast Behind Your Back”, che oltretutto mettono in luce quella che è la personalità del gruppo, se proprio non si può parlare di originalità, così come l’azzeccata e coinvolgente “Metal Milizia”, cover dei torinesi IRA, tanto per fare qualche esempio. Tuttavia, per il futuro, qualche meccanismo andrà messo a punto per fare il salto definitivo di qualità che è lecito aspettarsi da loro. Qualche piccola incertezza dettata probabilmente da un pizzico d’inesperienza. In primo luogo l’eccessiva lunghezza dell’album, sebbene non ci sia un vero e proprio filler che potevano eliminare a cuor leggero. Eccessiva prolissità che coinvolge anche il brano “The Voodoo Cross”, che forse poteva essere un po’ sfrondato, sebbene si tratti di un pezzo valido e piuttosto atipico. Infine, in parte da rivedere il cantato di Castiglia, talvolta teso troppo all’esasperazione portando le sue urla ai limiti del growl. Forse un cantante di ruolo carismatico, con un timbro più personale e che cerchi linee vocali più accattivanti, sulla scia per esempio dei vari Zetro Souza, Belladonna, Russ Anderson o il duo Randy Rampage/Coburn Pharr (senza rincorrerli, ovviamente), permetterebbe agli Ultra-Violence di fare il botto. Senza nulla togliere alla grande capacità polmonare di Castiglia, il quale se riuscisse a distaccarsi maggiormente da certi stilemi resi celebri da Chuck Billy (diciamo nei suoi lavori da “Demonic” o “The Gathering” in poi) e provasse a interpretare le melodie dei brani con maggiore intraprendenza, con buona probabilità otterrebbe allo stesso modo risultati più che confortanti. Ciò non deve suonare come una critica fine a se stessa, ma come uno stimolo a fare sempre meglio, a non accontentarsi mai. Al momento, infatti, l’aspetto sul quale possono (e devono) lavorare per migliorarsi è proprio questo, specie in riferimento alla scelta stilistica ‘filo-americana’ a cui alludevo prima.

In tutti i modi “Privilege To Overcome” è un debutto senz’altro sopra la media, che ci presenta una giovane band talentuosa che avrà tante altre occasioni per dimostrare il proprio valore e che ha l’opportunità concreta di farsi conoscere ed affermarsi anche all’estero, mettendo a punto certi dettagli. La cosa più importante, però, è che gli Ultra-Violence rimangano con i piedi per terra, avendo ancora tutto da dimostrare, e proseguendo con convinzione, certo, ma mantenendo una certa umiltà, sono certo che sentiremo parlare di loro ancora a lungo!

Orso “Orso80” Comellini

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