Recensione: Profondo Rozzo

Di Francesco Sorricaro - 14 Ottobre 2009 - 0:00
Profondo Rozzo
Band: Subhuman
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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84

Potenza, cattiveria invereconda ed umorismo nero al limite del nichilismo: questo sono i Subhuman, thrash metal band toscana che già aveva fatto gridare al miracolo tutto il mondo dell’underground italiano con la loro demo d’esordio Delirio n°1, con il quale si erano affermati come una delle thrash death metal band italiane migliori in circolazione; qualifica amplificata da decine di esibizioni live infuocate in giro per la penisola che non hanno potuto fare altro che accrescere lo stuolo dei loro cultori, i quali non attendevano altro che il primo full-lenght ufficiale.
Dopo una spasmodica ricerca di un’etichetta che li distribuisse alla fine hanno trovato approdo alla canadese Maple Metal Records di proprietà di John Belrose, tra le altre cose produttore del masterpiece degli Exciter “Heavy Metal Maniac”, che li ha lanciati definitivamente sul mercato.

Così ha potuto vedere la luce Profondo Rozzo, album di nove traccie, già autoprodotto mesi prima, che è puro sound “subumano” e che mantiene il vero originale trademark della band, ovvero il cantato in Italiano, mai troppo volentieri utilizzato dalle compagini del bel paese per motivi di presunta minore musicalità rispetto all’Inglese.

Premesso che non so se si possa parlare di musicalità ascoltando la voce rabbiosa di Fabrizio ‘Zula’ Ferzola che vomita le liriche dell’album tra screaming e growling selvaggi, comunque posso dire che il risultato di questa scelta non è niente male per via della buona amalgama tra musica e parole e, anzi, sicuramente essa aumenterà il divertimento e l’interazione (almeno con il pubblico italiano) in fase live. Chissà cosa ne penserebbe il loro illustre conterraneo Dante ad ascoltare il nostro dolce idioma adattarsi così perfettamente ad una musica tanto brutale!

E allora parliamone di questa musica! Thrash metal moderno e groovy, figlio dell’influenza di Pantera e Nevermore che sposa incestuosamente il proprio cuginetto death metal e partorisce un killer sound da spaccarsi il collo. Il tutto gode di una produzione più che buona, che ne rende ancora più grosso il sound.

Il principale songwriter è Matteo Buti, chitarrista esperto ed eclettico, dotato di grande tecnica, con la passione per l’umorismo senza compromessi e per la velocità esecutiva, e difatti sono le linee di chitarra, divise con la seconda ascia di Elia Murgia, a guidare ogni brano con riff mai scontati e soprattutto violenti e diretti come mitragliate. Molto frequenti gli assoli di chiara scuola thrash, brevi e melodiche chicche all’interno di pesanti monoliti.

Il disco parte subito con la title track Profondo Rozzo e subito rapisce per l’immediatezza e l’assoluta perizia del combo, che poggia le basi sulla devastante sessione ritmica composta da Francesco Micieli e Fabien Marangio. Il testo surreale e dalle liriche orrorifiche è solo un assaggio, poichè il meglio deve ancora venire.

E cosa c’è di più diretto di intitolare la seconda traccia Nata Troia (vi lascio scoprire da soli di cosa parla il testo)! Al di là del titolo che certamente attirerà l’attenzione di molti, questa traccia è una delle migliori qui presenti. Estrema, dall’impatto genuinamente hardcore, sa davvero che corde toccare nel cuore di chi ama questa musica con il suo nucleo di sfogo rabbioso che poi esplode in un finale assassino.

Ogni pezzo meriterebbe una citazione se non altro per la varietà di argomenti trattati: titoli come Mafia Infamia e Potere non hanno bisogno di spiegazioni. Odio chiama odio, che contiene un riff che sembra uscito da un brano dei Darkthrone, esprime il punto di vista di un cane costretto dal padrone a lottare contro i propri simili. Trenta denari è invece pura e figurativa critica all’ideologia cristiana.

Babbo Fatale potrebbe stare benissimo in un album di brutal death per come inizia oltre che per il sanguinario losco figuro di cui parla, personaggio che potrebbe tranquillamente andare a cena col Mostro di Firenze protagonista del brano conclusivo: 1110 Giorni, che si chiude con l’eco inquietante della voce di Pietro Pacciani.

Umorismo, sesso e perversioni dunque, ma anche religione e politica con la cover di una vecchia canzone partigiana: tematiche serie trattate con sarcasmo e personalità.

Musicalmente i Subhuman si dimostrano, alla prova del nove, una band veramente solida, sotto tutti gli aspetti, che non deluderà nessuno di quelli che vorranno mettersi all’ascolto di Profondo Rozzo, magari anche solo incuriositi all’inizio da qualche titolo ad effetto, ma che certamente verranno conquistati dalla grande sostanza che c’è dietro le italiche parole e che non potranno che ritrovarsi a battere colpi su qualsiasi superficie ai ritmi indiavolati imposti dai cinque Pisani.

Personalmente non sentivo un mix così diretto e divertente dai tempi dei Pantera e dunque, nell’attesa della perfezione assoluta, senza paura di blasfemia, credo di poter dare ai Subhuman la palma d’oro italiana di miglior thrash metal band “esordiente” dell’anno.

Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

 

Tracklist

1. Profondo Rozzo   04:04 
2. Nata Troia  02:55 
3. Trenta Denari  04:45 
4. Mafia   03:48
5. Odio Chiama Odio   03:25 
6. Babbo Fatale   04:03 
7. Il Bersagliere Ha 100 Penne   02:18 
8. Infamia & Potere   03:58
9. 1110 Giorni   06:20 

Durata totale   35:36

 

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