Recensione: Prognosi Infausta

Di Daniele D'Adamo - 20 Agosto 2016 - 17:53
Prognosi Infausta
Band: Menarca
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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77

Tanta fatica, tanta gavetta, tanti cambi di formazione, dietro ai campani Menarca e al loro debut-album, “Prognosi Infausta”. Un full-length sospirato sin dal 2005, anno di nascita dei Nostri, preceduto, soltanto, dal demo “Heart Bleeding” (2007).

Alla fine, però, è tanta anche la passione e, soprattutto, la determinazione. Fattori fondamentali, in un paese, l’Italia, ove il brutal death metal non è certo una delle tradizioni musicali né primigenie, né principali.

“Prognosi Infausta” è stato registrato e missato da Danilo Leone, masterizzato da Raffaele Sansone, e si è avvalso – per la cover – della penna di César Adrian Soul Asphyx Art. Stampato e distribuito, infine, da 69Records Eyes Of The Dead Productions. Note doverose verso chi, assieme alla band (Stefano Retolatto – voce, basso; Alfredo Tranchedone – chitarra; Gianluca Palumbo – chitarra; Luigi Pio D’Errico – batteria), ha reso possibile questa sorta di miracolo altamente professionale, peraltro in terra sudista.

Dalle note di copertina e dalla biografia allegata al CD non è dato di sapere se “Prognosi Infausta” sia o meno un concept-album. Sicuramente, però, le argomentazioni mediche sono tema conduttore per una formazione che si chiama come la prima mestruazione della donna, e che intitola le song con lo stesso nome, cambiando solo la sequenza numerica. A parte ‘Intro’, ‘Outro’ e ‘Dominate’ (cover dei Morbid Angel, da ” Domination”, 1995).

Testi che, tipologicamente, più di una volta, in passato, da altri ensemble, sono stati accostati al brutal, suonato dai Menarca con una perizia tecnica impressionante (‘Prognosi II’: technical death metal?). Davvero i quattro di Caserta riescono ad arrivare ai vertici della qualità di esecuzione in ambito death. Con una compattezza e unità d’intenti impressionante. Si sente con vigore che sono una band, e non un quartetto di musicisti che suona assieme. Il wall of sound che esce dagli speakers è allucinante. Spessore estremo, compattezza esacerbata, intensità assoluta. Nei suoi trenta minuti di durata “Prognosi Infausta” non conosce né sosta né tregua, manifestando una densità di nota elevatissima.

Le chitarre macinano tonnellate di rocciosi riff più o meno complessi (‘Prognosi VII’), non esagerando con inutili orpelli da mero tecnicismo, rivelandosi anche efficaci durante i laceranti soli (‘Prognosi VIII’). Eccellente anche, a parere di chi scrive, la prestazione vocale di Retolatto che, malgrado abbia a che fare con la completa annichilazione, cerca di passare dal growling all’inhale e viceversa, seguendo linee vocali autonome e varie. Semplicemente terremotante la sezione ritmica, che bombarda senza tregua i denti con tonnellate di blast-beats al fulmicotone.

Peraltro, come già accennato più su, i Menarca non si fanno prendere la mano dalla loro stessa bravura, e si concentrano più che sufficientemente sulla stesura dei brani. Autonomi, dotati di identità propria e tutt’altro che fini a se stessi (‘Prognosi III’).

Opera Prima buonissima, insomma.

Daniele D’Adamo

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