Recensione: Prometheus: the Discipline of Fire & Demise

Di Emanuele Calderone - 21 Aprile 2010 - 0:00
Prometheus: the Discipline of Fire & Demise
Band: Emperor
Etichetta:
Genere:
Anno: 2001
Nazione:
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79

Se si dovesse nominare un gruppo, all’interno del panorama estremo, che si è sempre distinto per l’indubbia qualità delle proprie uscite discografiche, non si potrebbe non pensare subito agli Emperor.
Padri padroni del black metal sinfonico più elegante, i tre, capitanati dalla mente di Ihsahn, hanno saputo reinventarsi ad ogni release, proponendo un sound che nel corso degli anni si è evoluto senza snaturare la natura della band.
Partiti dal black melodico e diretto del capolavoro “In the Nightside Eclipse”, i nostri hanno spostato, con il passare del tempo, la propria attenzione verso territori che incorporassero elementi esterni al genere degli inizi. Questa voglia di contaminare la propria musica con influenze per certi versi avanguardistiche, ha portato gli Emperor al rilascio di due platter quali “IX Equilibrium” ed il controverso ed affascinante “Prometheus: the Discipline of Fire & Demise”, disco del quale ci occuperemo in questa sede.

Criticato da molti fan di vecchia data del combo, “Prometheus: the Discipline of Fire & Demise” è un album lontanissimo dagli Emperor che furono.
Ma quali sono i punti di distacco rispetto alla produzione precedente? In primis, questo disco rappresenta il primo ed unico vero concept firmato dal gruppo: viene raccontata e musicata la storia di Prometeo, figura mitologica greca dell’uomo che rubò il fuoco agli dei.
Musicalmente, nonostante il metal estremo sia rimasto la base da cui partire, si può notare come le composizioni si siano fatte via via sempre più complesse ed articolate, incorporando parti più vicine al progressive.
I pezzi, ancora una volta, non presentano mai la tipica forma canzone. Le ritmiche e i riffs si susseguono uno dopo l’altro senza lasciare un momento di respiro. I terzetto costruisce brani vari ed assolutamente coinvolgenti come nella loro migliore tradizione, alternando momenti tirati ad altri più atmosferici.
Il disco viene aperto dai sei minuti e mezzo di “The Eruption”, una canzone in cui si possono scorgere i tratti che caratterizzano l’intero album. La traccia risulta strutturalmente molto articolata e dinamica, presentando un guitar-work fantasioso e fresco, che poggia su una sessione ritmica possente. La voce di Ihshan alterna scream a parti pulite eseguite con grande precisione e classe. A creare atmosfera ci pensano invece le tastiere, suonate dal mastermind, che si dimostra anche in questo caso a proprio agio.
Ottimo lo stacco strumentale posto verso i tre quarti del brano, che mostra una band in possesso di un’ottima tecnica esecutiva e di un gran gusto in fase di composizione.
Proseguendo con l’ascolto si incontrano tracks di altissima qualità: tra queste è doveroso sottolineare la presenza della splendida “Depraved”, dotata di linee melodiche convincenti e di un’interpretazione vocale di qualità superiore, o ancora dell’ipnotica “The Prophet”, pezzo più cadenzato rispetto agli altri.
Tra gli episodi più vicini alla tradizione black risulta impossibile non citare invece “In the Woodless Chamber” e l’ultima “Thorns On My Grave”, decisamente più votate alla violenza e alla ricerca di un impatto “in-your-face”, grazie ad un riffing incalzante e possente ed ad una sessione ritmica massiccia e compatta.
Il resto delle tracce prosegue sulle coordinate tracciate dalle prime tre citate, muovendosi su territori avanguardistici e progressivi, con risultati il più delle volte convincenti, alternando molti alti e pochi bassi (non convince a pieno “The Grey”, che, pur non essendo una brutta canzone, aggiunge comunque poco musicalmente, non fosse per alcuni interessanti spunti melodici creati dalle keyboards).
Lodevole la prestazione tecnica del trio di Notodden, totalmente esente da critiche, grazie anche all’esperienza maturata nel corso della carriera. Buono anche il lavoro in fase di registrazione che rende giustizia al compito svolto dai singoli musicisti, facendo risaltare ogni strumento a dovere.

Questo è quanto. Tirando le somme, “Prometheus: the Discipline of Fire & Demise” altro non è che l’ideale continuazione della strada già intrapresa con “IX Equilibrium”, nonchè preludio di quelli che saranno i lavori solisti del mastermind Ishahn.
L’impegno dimostrato in fase di songwriting, la ricerca di soluzioni originali ed accattivanti, fanno di questo un album sicuramente interessante e gradevole, seppur lontano dalle vette toccate in precedenza dagli Emperor.

Tracklist:
01 The Eruption
02 Depraved
03 Empty
04 The Prophet
05 The Tongue of Fire
06 In the Wordless Chamber
07 Grey
08 He Who Sought the Fire
09 Thorns On My Grave

Emanuele Calderone

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