Recensione: Prophetic

Di Daniele D'Adamo - 14 Maggio 2013 - 16:37
Prophetic
Band: Eternal Rest
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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77

 

Malgrado la grande distanza presente sia dagli Stati Uniti sia dall’Europa, l’Australia si è sempre dimostrata una buona fucina di band dedite al death metal (Asphyxia, Be’lakor, Mortification, Psycroptic, The Berzerker, Thy Art Is Murder, …).

Una tradizione di vecchia data che alimenta il background delle nuove generazioni, sì da consentir loro di progettare e realizzare ensemble di tutto rispetto. Come gli Eternal Rest che, a dispetto della presenza di un solo EP (“Seize Of Anubis”, 2009) nel loro curriculum, riescono a debuttare con un album, “Prophetic, che sin dalle prime note appare adulto e maturo; scevro cioè dai difetti più evidenti che minano le Opere Prime.  

Peraltro, Josh Robinson e i suoi soci sono in possesso di una tecnica rilevante, tale da farli catapultare nella rarefatta atmosfera del technical death metal. Ma, a differenza di altre realtà nelle quali la bravura con gli strumenti rende meno consistente il suono, gli Eternal Rest mantengono ai massimi livelli l’impatto fonico caratteristico, appunto, del death metal. Pestando come dei fabbri in piena attività produttiva ma facendo male, molto male, utilizzando incudine e… fioretto. Non a caso, Mick Hunter si mostra come batterista dannatamente efficace, in grado sia di inspessire le battute quando la velocità è relativamente bassa, sia di volare alla velocità del suono in occasione dei non infrequenti blast-beats. Il ‘solito’ muraglione di suono eretto dalle chitarre di Jake Kaiser e Chris Clark, in realtà, non è così comune come da definizione della foggia musicale. Anzi. Pur abbellendo lo stile con ricami e orpelli spesso assonanti melodie arabeggianti o comunque folkeggianti (“Prophetic”), i riff prodotti in quantità dalle sei corde dei due hanno la consistenza del granito, evitando accuratamente di scadere in anonimi quanto inconsistenti ‘zanzarii’. Ne è un esempio “Manifestation” dove, fra ritmiche e soli, l’aria che si respira si rifà addirittura all’heavy metal grazie, anche, al rombare del basso di Jannico Kelk, pure lui impegnato a evitare inutili arrampicate sugli specchi. Buona, come cementazione di un sound pertanto potentissimo, l’interpretazione vocale di Robinson. Nulla di stravolgente, sia chiaro, ma qualcosa di morboso e malato; grazie all’alternanza di un rabbioso e ‘trascinato’ growling a uno scellerato e isterico screaming (“Infernal Reign”).

Il bombardamento operato in maniera chirurgia dal combo di Brisbane, a ogni modo, non conosce soste e – a parte l’intro strumentale “First Gate (Isten Baba)” – è foriero di una chiara interpretazione del moderno death metal; ancorato tenacemente alle sue coordinate natie seppur volto in avanti, in direzione delle moderne contaminazioni e progressioni che nascono costantemente nell’ambito del metal estremo. Il tutto senza mai esagerare con un equilibrio, appunto, appannaggio generalmente di formazioni ben più collaudate rispetto a quella australiana.

Difficile, comunque, trovare la quadra perfetta già dal primo lavoro in studio. Lo dimostrano i Nostri in virtù di un songwriting ancora un po’ altalenante, magari capace di tirar fuori dal cilindro pezzi interessanti e ricchi di personalità come “Onset Of Destruction” assieme a episodi più scontati tipo “Remnants” o, magari, la conclusiva “Last Gate”, quest’ultima forse troppo derivativa da act quali Nile in primis. In ogni caso, anche in questi frangenti gli Eternal Rest riescono a manifestare – seppure in modo più soffuso – un carattere non comune e una ferma decisione nel voler marchiare a fuoco con il proprio stile tutte le song presenti nel platter.   

In definitiva, non si può che giudicare positivamente, “Prophetic”. Gli Eternal Rest, come spesso accade per i gruppi provenienti dal continente oceanico, riescono ad alimentare la propria musica senza farsi troppo coinvolgere dalle influenze provenienti dal resto del Mondo. Qualcosa, tuttavia, va ancora limato per giungere a qualcosa di personale al 100%. La strada non è lunga, per centrare quest’obiettivo, poiché i canguri hanno tutte le carte in regola per farcela.

Alla prossima!  

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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