Recensione: Proprioception

Di Daniele D'Adamo - 5 Agosto 2010 - 0:00
Proprioception
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Anno: 2010
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Non fatevi ingannare dalla copertina: niente gore/brutal/porn/ecc. negli And Hell Followed With. Solo metalcore duro e crudo. “Proprioception” è il secondogenito del combo statunitense, il fratello minore di “Domain” (2008). Per il resto null’altro, nel palmarès. Fatto, questo, che non è una novità: il momento d’oro del genere, che si voglia o no, regala alle varie band che vi si cimentano la possibilità di chiudere un contratto discografico con sicura rapidità e relativa facilità.

Facilità relativa, perché comunque bisogna saper suonare, e pure bene. E i Nostri, sotto questo punto di vista, non sembrano essere secondi a nessuno. Padronanza tecnica irreprensibile, professionalità a piene mani, esecuzione e produzione senza pecche regalano un suono lindo e pulito senza nemmeno la più piccola sbavatura. Il bilanciamento fra gli strumenti e la voce è inappuntabile: nota per nota teoricamente si può ricostruire tutta la struttura del sound, immaginando di averlo prima demolito.
Chitarre accordate su toni bassi, riff realizzati sia «a corda libera» sia con il palm-muting, basso che esplora i campi ove gli hertz si contano sulla punta delle dita, drumming agile e snello, voce iper-gutturale e/o isterica, commistione fra guitarwork lentissimo e blast-beats in serie. Con un po’ di melodia qua e là, infine, i giochi sono fatti e tutti gli stilemi del genere sono al loro posto.
Con che, purtroppo (per lui), il combo di Detroit «suona» esattamente come decine di altre band dedite alla medesima, moderna interpretazione del death metal. Nella sua maturità e piena formazione il sound è pertanto impersonale, perennemente intrappolato nei suoi stessi, angusti limiti. Il growling di Nick Holland è gustosamente incomprensibile per l’esagerato rigurgito (“In Vastness, I Transfigure”) e lo scream fa il verso, neppure male, ai migliori vocalist black. Dato atto che il resto rientra nella norma, è un po’ poco, per uscir dall’anonimato.

Se il sound non ha nulla di originale, nondimeno il songwriting regala momenti d’intensa emotività. Le canzoni sono concepite più o meno con lo stesso schema. L’alternanza fra lento e veloce, profondo e superficiale, growl e scream, melodia e dissonanza si ripetono in ciascun brano. Se tale idea, fondata sul concetto di contrapposizione, fosse sviluppata in modo meno iterativo e più naturale, “Proprioception” avrebbe un valore artistico prossimo a quello tecnico. Ma così non è.

Fra i dodici pezzi che compongono l’album, è un’impresa assai ardua riuscirne a memorizzarne qualcuno. Anche dopo parecchio tempo passato con gli auricolari nelle orecchie.
Nel grigiore generale, possiamo sottolineare “Mara”, dall’incipit originale nell’alzare vertiginosamente la potenza del suono. “Perpetual Abyssma”, strumentale, per l’introduzione ambient molto coinvolgente e, finalmente, per una convincente melodia fuori dal coro. “VenomSpitter” per la bestiale, a tratti, furia primordiale. “Those Now Sleep Forever” per il trascinante riff portante. Quelli appena citati, però, sono solo brandelli racimolati all’interno delle relative song. Song che poi si perdono nei meandri dell’anonimato risultando, alla fine, inesorabilmente noiose.

Non tutto è da buttare, in “Proprioception”. Alcuni passaggi, come più sopra evidenziato, sono pregevoli e interessanti ma, insesorabilmente, affondano nelle sabbie mobili di un lavoro troppo scolastico e scontato.
Solo per i patiti del genere.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Mara 2:28
2. This Night Is The Coroner’s 4:40
3. Deadworld Reclamation 3:54
4. In Vastness, I Transfigure 3:38
5. Rotting Procession 4:00
6. Dismantle 3:13
7. One Of The Swarm 3:38
8. A Welcome Displeasure 3:35
9. Those Now Sleep Forever 4:46
10. From Burning Sentiments 2:30
11. VenomSpitter 3:34
12. Perpetual Abyssma 2:37

Line-up:
Nick Holland – Vocals
Kyle McIlmurray – Guitar
Pat Hahn – Guitar
Andrew Tate – Bass
Billy Noffsinger – Drums

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