Recensione: Psychedelicatessen

Di keeper-of-metal - 4 Settembre 2004 - 0:00
Psychedelicatessen
Band: Threshold
Etichetta:
Genere:
Anno: 1994
Nazione:
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85

Registrato nel lontano 1994, questo Psychedelicatessen rappresenta uno dei capitoli più riusciti del gruppo inglese Threshold. È proprio con questo secondo album che la prog band ottiene la definitiva consacrazione a gruppo-icona del genere, bissando già le ottime reazioni al primo “Wounded Land”: le più che positive recensioni per questo cd (“album del mese” in più di una rivista), avevano portato infatti i Threshold ad un grande tour europeo con band del calibro di Psycotic Waltz e Dream Theater. Ancora oggi “Psychedelicatessen” rimane – parole testuali dei Thresold nella versione rimasterizzata – “one of the quintessential genre albums of the 1990’s”. Ma vediamo di capire il perché di tanto successo. Psychedelicatessen è innanzitutto un lavoro che mostra una band molto creativa, capace di combinare elementi tipicamente prog (che avevano spadroneggiato nel debut album) con suoni più heavy e trash. Dal punto di vista delle liriche è invece una vera e propria avventura: testi ricercati, che mostrano una complessità compositiva notevole. Nessuno che ascolti un cd dei Threshold potrà rimanere indifferente ai testi. Il cd comprende in totale 9 songs, ottimamente suonate da un gruppo abbastanza giovane: buona la prestazione canora e molto “heavy” di Glynn Morgan, ottime le chitarre dalle distorsioni che rasentano il trash di Karl Groom e Nick Midson, precise e mirate le ritmiche della batteria di Nick Harradence e del basso di Jon Jeary. Per quanto riguarda le tastiere (Richard West), a mio parere esse rappresentano la ciliegina sulla torta di quest’album: sempre azzeccate e mai fuori luogo, condiscono le canzoni conferendole sempre una particolare atmosfera.

L’album si apre con la potentissima Sunseeker, un brano che parte subito con una sferzata dritta al cuore di pura energia: riffs molto heavy e ritmiche incedenti portano, dopo due strofe, al bellissimo ritornello, in cui si inseriscono finalmente, dopo quattro minuti, le keyboards. Segue quindi un assolo molto tecnico, e si ripete di nuovo il tema principale della strofa; la song infine si chiude con le tastiere psichedeliche di Richard West. Si passa quindi alla seconda canzone, A tension of souls, sicuramente meno heavy della prima, ma con atmosfere più ricercate e sinfoniche, soprattutto nel chorus. Degno di nota è sicuramente il testo: I have no faith I have no unbelief / There’s no neutral round there is no relief / I didn’get what I expected to receive/ Don’t let them tell you what they want you to believe. La successiva Into the light è sicuramente uno degli episodi più risuciti dell’intero album: dieci minuti in cui si snodano atmosfere sinfoniche, psichedeliche (ancora una volta merito delle keys), heavy, prog e persino trash. Non da meno le lyrics, che mostrano un gruppo maturo alla ricerca continua di risposte sulla propria vita. Citerò ancora una volta il testo, mai come in questo caso significativo: Motivate your mistery / I’m young enough to cry / Quantify your influence / I’m old enough to die / Signify your energy / I’m tired of asking why / Resolve your dichotomy / I am both truth and lies. La quarta song, Will to give, è molto trascinante ed aggressiva, con riffs “assassini”. In questo caso segue lo schema opposto delle canzoni precedenti: è la strofa a partire molto lenta ed a sfogarsi poi progressivamente nell’aggressivo chorus. Under the sun ci mostra invece il genio compositivo di Richard West: questa ballad, basata sulle tastiere e sulla chitarra acustica, e cantata ottimamente da Morgan, che si dimostra capace anche per generi diversi da quelli più heavy. Non scontato anche il testo, che prende spunto da tematiche del Vecchio Testamento. Ma già con la successiva Babylon Rising torniamo a stili più consoni al gruppo: chitarre molto potenti con il classico inserimento delle tastiere nel bridge prima e nel chorus poi. Degna di nota è sicuramente He is I am, ed ancora una volta sia dal punto di vista musicale che da quello delle liriche. I classici riffs potenti e la voce suadente di Morgan ci introducono ad un ritornello dalla particolare atmosfera: He is /I am/ We are/ Too late you’ve come this far/ He is/ I am / we be/ give us your individuality. La seguente Innocent è invece una canzone molto “da atmosfera”, ancora una volta grazie soprattutto alle tastiere: abbandonati momentaneamente i killer-riffs i Threshold si dedicano con maggiore attenzione alle chitarre acustiche e ad un chorus davvero coinvolgente. L’ultima Devoted sembra subito invece fare un passo indietro. Partenza a cento all’ora, con chitarre quasi thrash; ma dopo due minuti la song si addolcisce leggermente rivelando un’indole piuttosto sinfonica, pur senza perdere la matrice heavy.

Concludendo, quest’album è sicuramente consigliato a tutti gli amanti del prog e dell’heavy, ma non aspettatevi di certo una prog band come i Dream Theater: si tratta sicuramente di un gruppo estroverso come il teatro dei sogni, ma le influenze sono sicuramente molto più indirizzate verso l’heavy ed il trash, senza comunque disdegnare episodi decisamente sinfonici.

Tracklist:

1 Sunseeker
2 A tension of souls
3 Into the light
4 Will to give
5 Under the sun
6 Babylon rising
7 He is I am
8 Innocent
9 Devoted

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