Recensione: Public Glory, Secret Agony

Di Matteo Lasagni - 30 Marzo 2005 - 0:00
Public Glory, Secret Agony
Band: White Skull
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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90

Questo è l’ultimo capitolo della saga White Skull sotto l’egida della bravissima singer Federica “Sister” De Boni, che un anno più tardi lascierà la band per problemi personali. Ritengo questo il momento più alto della carriera dei White Skull, la massima espressione compositiva raggiunta dalla band. Anche i lavori successivi alla dipartita di Federica, targati Gus Gabarrò, non riusciranno ad eguagliare il songwriting maturo e profondo di “Public Glory, Secret Agony“. Il concept basato sulle vicende dell’antico impero romano aumenta indiscutibilmente la caratura di questo lavoro che, grazie ad una produzione davvero potente e cristallina, si dimostra una vera perla nel panorama power mondiale. Il disco viaggia spesso e volentieri su tempi velocissimi, il riffing della premiata ditta Savio/Fontò è davvero devastante e sprigiona carica da ogni nota, mentre la sezione ritmica affida le proprie fortune al preciso basso di Fabio Pozzato ed allo strabordante drumming di Alex Mantiero. Il sound dei White Skull si sposa alla perfezione con il timbro graffiante di Federica, che dimostra tutte le sue grandi doti sia dal punto di vista interpretativo sia da quello strettamente tecnico, grazie ad un estensione vocale invidiabile. Il clima di questo cd è davvero particolare ed ogni brano porta con sè un alone di “pagano misticismo” che difficilmente troviamo in uscite di questo genere.

La splendida intro “Burn Rome, Burn” ne è l’esempio più lampante e funge da perfetto antipasto alla prima vera song intitolata “High Treason” che si dimostra fin da subito un’autentico gioiello power-speed metal. La partenza è affidata ad un solo pirotecnico di chiara matrice neoclassica che travolge e convince, mentre il resto del brano si snoda con grande disinvoltura fra strofe ricche di lirismo e terremotanti accelerazioni in doppia cassa. L’epico chorus rappresenta poi il vero epicentro di questo pezzo in cui Federica De Boni sovrasta tutto e tutti con una prestazione eccezionale per cattiveria ed espressività. Le successive “The Roman Empire” e “Greedy Rome” sposano in pieno la furia agonistica dell’opener, ma ricorrono ad un sound più heavy e meno neoclassico. Il risultato è comunque ottimo e le scelte melodiche non lasciano mai l’amaro in bocca. Da sottolineare come il tocco sinfonico dato all’intero lavoro aumenti in modo consistente l’appetibilità della proposta e si leghi a meraviglia con lo stile natio dei White Skull. “In Caesar We Trust” è una lunga cavalcata metallica discretamente strutturata che permette ai nostri timpani un minimo di respiro, anche perché con la successiva “Valley Of The Sun” si torna a pestare pesante, ma il risultato non è forse all’altezza delle precedenti rasoiate. “Anubis The Jackal” invece comincia su tempi medi per poi lanciarsi a velocità sostenuta verso un coro particolare e di buon impatto. Con la seguente “Mangler” i ritmi si rifanno serratissimi; il gruppo in questa occasione costruisce un impressionante muro sonoro che funge da perfetta rampa di lancio per l’anthemico refrain in cui Federica vola altissima e regala emozioni. “Cleopathra” come si evince dal titolo stesso, assume connotati più eleganti e le atmosfere ispirate al mondo egiziano prendono forma attraverso un mid-tempo roccioso e graffiante. “The Field Of Peace” rappresenta l’unico episodio lento dell’album ed anche in questo frangente i nostri dimostrano una raggiunta maturità artistica, sfornando una ballad atipica, ma allo stesso tempo di grande presa, che si inserisce splendidamente nel contesto generale del disco. Già ampiamente soddisfatti arriviamo a “Time For Glory“, da cui ci aspettiamo nulla più che una degna conclusione. Ed invece i White Skull, quasi volessero gridare al mondo la loro fame di vittoria, confezionano quella che per il sottoscritto è la top-track del cd: una meravigliosa bordata symphonyc speed, in cui ogni singolo elemento è al posto giusto, proteso a lanciare ed esaltare lo straordinario chorus centrale dai toni epici e trionfali. La prestazione di “Sister” De Boni in questo brano è assolutamente incredibile ed il finale da brividi mette il sigillo ad un album che segna uno dei momenti più alti nella storia del metal italiano.
Da avere!

Tracklist
1. Burn Rome, Burn
2. High Treason
3. The Roman Empire
4. Greedy Rome
5. In Caesar We Trust
6. Valley Of The Sun
7. Anubis The Jackal
8. Mangler
9. Cleopathra
10. The Field Of Peace
11. Time For Glory

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