Recensione: Pump

Di Paolo Beretta - 22 Marzo 2005 - 0:00
Pump
Band: Aerosmith
Etichetta:
Genere:
Anno: 1989
Nazione:
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83

La crisi che aveva rotto un orologio quasi perfetto verso la fine degli anni ’70 nel 1989, al momento della pubblicazione di PUMP, (undicesimo capitolo della band americana), è lontana. Gli Aerosmith sono tornati in forma e la ritrovata amicizia tra Joe Perry e Steven Tyler ha reso possibile la clamorosa rinascita. Dopo il grande Permanent Vacation gli Aero dimostrano di aver ritrovato la forza e lo smalto di un tempo. Sebbene paragoni tra gli anni ’70 e la fine degli ‘80 non si possano fare PUMP è indubbiamente un grande cd ed una delle migliori testimonianze della seconda carriera di una delle band più famose degli USA. Un disco che sprigiona forza, che si ascolta con immenso piacere e che non perde il suo fascino anche con il passare del tempo.

L’opener Young Lust mette tutti d’accordo. Tempi sostenuti, strofe accattivanti, poche pause per un brano sfernato: una breve e vincente cavalcata rockettara. Quasi in un continuum si prosegue rallentando leggermente con F.I.N.E. Steve mostra la duttilità del suo cantato con note basse alternate ad altre più alte ed impegnative che seguono l’iter del pezzo che aumenta il suo appeal e la sua vena melodica con il passare dei minuti. Si “scende” nell’ascensore con Mr. Tyler per la prima Hit del disco. Love In An Elevator è una top song magniloquente e selvaggia. I solos d’autore e i riff di Perry si scontrano con le strofe ruffiane estremamente riuscite con il lavoro di backing vocals ed il coro. Entra in scena con una sezione ritmica ciondolante l’andatura possente di Monkey On My Back che esalta Steve Tyler in acuti e urli d’impatto. Un’altra breve intro ci porta a svelare la seconda Top song del disco. Janie’s Got A Gun è un pezzo semplicemente stupendo ed altalenante caratterizzato da melodie delicate in crescendo che, proprio quando sembrano prendere il sopravvento si interrompono per poi ricominciare faticosamente la loro scalata. Anche The Other Side viene introdotta da una manciata di secondi (anonimi). Il pezzo sposa un mid tempo riuscito che fa scivolare il tutto nel chorus ipnotico e che si anima nel break di Joe. Puro Hard Rock USA nella elementare My Girl. Steve “si mangia” le strofe e segue il continuo giro di chitarra e la batteria in crescendo. 3 minuti trascinanti al pari del solos in perfetta simbiosi con le melodie del brano. Don’t Get Mad, Get Even si svela solo con il tempo nella sua indole pazza e indomabile: un mid tempo imprevedibile che, quando sembra essere sopito, si scatena nell’ottimo refrain. Si procede verso il finale del disco con Voodo Medicine Man. Un arpeggio accompagna la voce sporca di Steve: la sezione ritmica è sinuosa ed il riffing serpeggia nelle nostre orecchie aspettando sfuriate violente che non si fanno attendere e desiderare: il lato selvaggio degli Aerosmith!!! Chiude la solita ballad che mette in mostra la specialità di Tyler: il cantato in sospiro. Che cosa dire? La ricetta è la solita ma quando il risultato è pelle d’oca sempre e comunque come nel caso di What It takes cambiare sarebbe un delitto. Non è Dream On ma resta comunque un grande brano che chiude l’ennesima fatica degli Aerosmith che con PUMP dimostrano indiscutibilmente di essere tornati in un grande stato di forma. La loro seconda giovinezza.

Un bellissimo album che io consiglio a tutti di fare vostro se manca nella vostra collezione. Tenendo conto del fatto che i cd degli Aerosmith sono sempre in offerta io credo che PUMP valga senza ombra di dubbio la decina di euro richiesti. Un album di spessore senza per questo scomodare capolavori passati: le discografie sono fatte anche da cd di buon livello che non deludono le aspettative e che si ascoltano sempre con piacere a distanza di anni.

TRACKLIST:

1. Young Lust
2. F.I.N.E.
3. Going Down
4. Love In An Elevator
5. Monkey On My Back
6. Janie’s Got A Gun
7. The Other Side
8. My Girl
9. Don’t Get Mad, Get Even
10. Hoodoo
11. Voodoo Medicine Man
12. What It Takes.

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