Recensione: R U Naughty Enough

Di Fabio Vellata - 5 Gennaio 2008 - 0:00
R U Naughty Enough
Band: Naughty Boys
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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74

Città d’origine, Hagfors…
Ancora Svezia, ancora hard rock ed ancora una band pronta sulla rampa di lancio in attesa di spiccare il volo verso l’olimpo di un genere che, sino a non molto tempo fa, era questione limitata ad un lembo di terra decisamente lontana e remota, più o meno localizzabile in quella zona che i nostri atlanti chiamano California.

Se questo sia un segno di quanto i vichinghi fossero, in realtà, i primi veri colonizzatori del nuovo continente, non è dato sapere, fatto sta che, ancora una volta, eccoci a discorrere di una proposta proveniente dalla fredda Scandinavia, intenta a sciorinare note e melodie dal sapore più “americano” di quanto fatto dagli stessi “americani”, in un revival d’attitudini e sensazioni tali da far supporre che, da quelle parti, lo “sport” nazionale più in voga sia divenuto quello di ricreare le atmosfere del Sunset Strip direttamente sotto il circolo polare.

Lasciando da parte scherzi e battute, ciò che più a noi interessa è, ad ogni modo, la materia musicale vera e propria, entrando nel merito di un album, ‘R U Naughty Enough‘ che, sebbene non esente da qualche pecca evidenziata più avanti, porta nuovi consensi alla causa del rock melodico più tradizionale.

Non certo neofiti o imberbi principianti, sebbene poco noti e con una produzione a dir poco striminzita (attiva sin dal 1989, la band giunge con questo cd, al secondo capitolo discografico sulla lunga distanza), i Naughty Boys dichiarano il proprio spirito senza alcuna remora, ponendolo in bella mostra sin dai primi contatti con il disco.
Al di là delle canzoni, infatti, l’immagine – a partire dal nome del gruppo (Naughty Boys, i ragazzi “birichini”) – rimanda direttamente all’epoca glam, tradendo tuttavia, un approccio che sa rendersi, in uguale misura, molto vicino al tipico hard rock di “frontiera”: elettrico sì, ma al contempo armonioso e dai contorni raffinati.

Non solo alcolico e bollente whisky quindi, ma anche una buona dose di morbido e frizzante champagne…

Una miscela interessante, effettivamente amalgamata a dovere e capace di sfornare una serie di brani di buona godibilità e facile presa, mai impegnativi o troppo elaborati, per quanto, eseguiti con una consapevolezza nei propri mezzi ed una maestria, evidenti e solari.
Piacciono, ad esempio, le buone soluzioni proposte nelle sbarazzine “I Will” ed “Is This Love”, così come ben confezionate risultano essere canzoni di sicuro fascino come le eleganti “Bitter Tears”, “Trail Of Tears” e “Something To Believe In”, ottime per mettere in mostra i risvolti più romantici della musica del quintetto svedese.
Qualche citazione illustre infine, in “Worlds Collide” e “Nothing Can Bring Me Down”, verosimilmente ispirate dal songwriting di David Coverdale e dei suoi Whitesnake, tra i punti di riferimento immancabili per un certo modo di far musica.

Tutto rose e fiori?
Purtroppo no, qualche “magagna” c’è, inutile nasconderlo, e, nonostante si tratti pur sempre di aspetti migliorabili, le imperfezioni sono tali da zavorrare in buona percentuale una valutazione altrimenti vicina all’eccellenza.

Tolti i consueti problemi di pulizia dei suoni, cosa ormai secondaria se paragonata alle irraggiungibili produzioni di fine ’80, inizio ’90, è la voce l’elemento che, alla resa dei conti, appare come l’aspetto meno convincente dell’intero lavoro.
Il pur volonteroso Mikael Sandvik, infatti, ha dalla sua brillanti doti come compositore ed ideatore di buone melodie, ma, sfortunatamente, non appare impeccabile e del tutto consono al ruolo, certo scomodo e difficilissimo, di singer hard rock.
Tonalità spesso monocordi, potenza limitata ed un’estensione non elevatissima, rendono il cantato talvolta incerto, penalizzando così un prodotto che, diversamente, avrebbe potuto raggiungere vette più importanti ed elevate.

Un disco buono dunque, realizzato con discreta perizia ed accettabile personalità, purtroppo limitato nelle ambizioni da qualche elemento da rivedere.

I patiti di hard rock scandinavo, diano comunque una chance anche ai Naughty Boys: l’ascolto risulterà certamente piacevole e gradito al di là di ogni ragionevole dubbio.

Tracklist:

01. Only God
02. I Will
03. After The Rain
04. Trail Of Tears
05. Last Man Standing
06. Stay
07. Close My Eyes
08. Bitter Tears
09. Is This Love
10. Learn To Fly
11. Nothing Can Bring Me Down
12. Worlds Collide
13. Something To Believe In

Line Up:

Mikael Sandvik – Voce
Morgan Valentin – Tastiere / Back. Vocals
Hasse Olsson – Chitarra
Jonas “Ludde” Ludwigson – Batteria
Robert Norberg – Basso

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