Recensione: Rat King

Di Vittorio Cafiero - 16 Ottobre 2011 - 0:00
Rat King
Band: As You Drown
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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50

Ho sempre ritenuto deleterio il pregiudizio nelle dissertazioni in ambito musicale: troppo spesso si valutano opere non per le loro intrinseche caratteristiche, ma per le aspettative che tendiamo a farci relativamente a ciò che ci verrà proposto. In termini di genere, di catalogazione, di provenienza, ma anche di aspetti puramente estetici.
Ma a tutto c’è un limite.
È stato sufficiente uno sguardo alla copertina di “Rat King” degli svedesi As You Drown per fare il quadro della situazione: una frase di senso compiuto come moniker, un logo in puro stile deathcore assolutamente impersonale (WhiteChapel, Heaven Shall Burn, Job For A Cowboy), un artwork che per soggetto richiama, di nuovo, quello delle copertine dei suddetti Job For A Cowboy… in buona sostanza, ancora prima di premere il tasto play, si ha già la piena consapevolezza di ciò con cui si avrà a che fare.

Nessuna sorpresa, dunque. Con “Rat King”, gli As You Drown arrivano al traguardo del secondo lavoro, dopo “Reflection” del 2009. Una band ancora molto giovane, quindi. Ed è lecito anche pensare in leggero ritardo rispetto ai capiscuola del genere. Come si prospettava dall’inizio, la proposta è un death metal moderno, che non cade nella tentazione dell’appeal melodico, non tanto ossessivo e soffocante da essere definito brutal, ma nemmeno esagerato nell’uso di soluzioni moderne quali il breakdown sistematico, tipico del deathcore. Un’altra uscita sotto l’egida della storica etichetta americana Metal Blade, che ultimamente sembra credere molto in questo approccio estremo alla musica pesante, basti ricordare act quali The Black Dahlia Murder, Unearth, The Red Chord, e, rieccoli, WhiteChapel e Job For A Cowboy, anch’essi tutti facenti parte del roster del mitico Brian Slagel. Il rischio, dunque, è che un album come “Rat King” passi inosservato in questo calderone di gruppi relativamente simili tra loro. E gli ingredienti per una débâcle, purtroppo, ci sono.

Il songwriting è estremamente compatto e la resa è decisamente pesante. Fin dal brano di apertura, “Conqueror”, i Nostri puntano a stordire l’ascoltatore con un wall of sound impenetrabile e che, nei momenti più lenti, si avvicina a certe soluzioni cariche di drammaticità nello stile dei Nile, ma senza la stessa personalità. Anche dopo numerosi ascolti, rimane ben poco. Più nello stile dei Morbid Angel la successiva “Slaves To The Kingdom Of Fear”, caratterizzata da un lavoro di doppia cassa più che discreto e che fornisce l’occasione di soffermarsi sul cantato in growl di Henrik Blomqvist, tanto impenetrabile quanto monotono. E a proposito di monotonia, un altro aspetto della proposta degli As You Drown davvero probatorio in tal senso è la pressoché totale assenza di un lavoro di chitarra solista degno di tale nome: un rifferama massiccio ma nemmeno tanto vario punta ad annichilire chi ascolta, con il concretissimo rischio, invece, di annoiarlo.
Si arriva a metà CD e davvero pochissimi sono stati i passaggi apprezzabili. L’intermezzo atmosferico e strumentale “The Coming” è inclassificabile ed ha l’unica utilità di permettere un attimo di respiro prima dell’attacco finale: “The Nothing” nella sua prima metà è in linea con il resto dell’album, mentre nella seconda parte si fa più moderna, con break che riescono nell’obiettivo di movimentare la ritmica del pezzo; “Bleeding Structure”, ancora una volta, passa del tutto inosservata e, infine, “Cleansing Hands”, nei suoi oltre cinque minuti di durata, presenta qualche timido tentativo di variazione, con inserti lisergici e sintetici. Ma il risultato è ben poca cosa.

Sembra che ancora una volta la Metal Blade, per essere al passo coi tempi, abbia puntato sull’allineamento con le tendenze in corso piuttosto che sulla qualità. Era già successo in passato (con i misconosciuti The Classic Struggle, qualcuno ne ha mai risentito parlare?) e la storia sembra ripetersi con gli As You Drown: “Rat King”, in definitiva, è infatti quel tipo di uscita che non solo non apporta nulla di nuovo al genere, ma contribuisce anche alla sua standardizzazione, al suo impoverimento, in una parola, al suo declino. Mi dispiace essere così drastico per un album almeno formalmente presentabile, tuttavia reputo necessaria una presa di posizione ferma proprio nel nome del rispetto che dobbiamo alla musica estrema.
Assolutamente insufficiente.

Vittorio “Vittorio” Cafiero

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Tracce:
1. Conqueror 5:13     
2. Slaves To The Kingdom Of Fear 4:22     
3. You Should Be Paranoid 4:05     
4. Rabid Wolves In Sheep’s Clothing 4:46     
5. Your Loyal Betrayer 3:34     
6. The Coming 1:54     
7. The Nothing 5:19     
8. Bleeding Structure 4:02     
9. Cleansing Hands 5:37     

Durata 39 min.

Formazione:
Henrik Blomqvist – Voce
Simon Exner – Chitarra
Mikael Åkerström – Chitarra
Robert Karlsson – Basso
Martin Latvala – Batteria

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