Recensione: Ravnenes Saga

Di Daniele Balestrieri - 30 Maggio 2008 - 0:00
Ravnenes Saga
Band: Svartsot
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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79

La prima volta che ho visto una nuova uscita della Napalm occhieggiare dagli scaffali di un negozio di dischi con lo sticker “Nordic Folk Metal” in bella vista era uno scuro e gelido pomeriggio del 2003 e la band, al tempo sconosciuta, era l’ormai leggendiaria Àsmegin. Quando ho rivisto (quasi) lo stesso sticker, ovviamente, non ho potuto fare a meno di provare un brivido lungo la schiena.

“I nuovi Àsmegin?” mi sono chiesto. La risposta, dopo decine di ascolti, è ovviamente “no”, ma la Napalm ha sempre avuto naso per il viking e il folk, per cui ogni volta si può quasi andare a colpo sicuro.
Gli Svartsot non sono una band neo-viking qualunque: provengono infatti non dai soliti tre paesi iperproduttivi della penisola scandinava, bensì dalla Danimarca, terra di nessuno schiacciata tra due mostri del pagan metal come la Norvegia e la Germania. L’età media dei componenti, almeno a una rapida occhiata del libretto, è decisamente avanzata, altro tratto decisamente peculiare per una band che si è gettata a capofitto in un genere che dopo la morte clinica a cavallo del nuovo millennio ha rivisto un periodo di insperata giovinezza – e giovinezza significa anche giovinezza sia di autori che di fruitori.
A dire il vero all’inizio mi preoccupava l’uso del danese, una lingua dal suono scomodo che può creare più di un problema in fase compositiva, e invece gli spettri di 60 minuti di lingua intorcinata si sono dissolti allo scoccare dell’eroica “Gravøllet“.

Ravnenes Saga (“La Saga dei Corvi”) rappresenta un viaggio esplosivo nell’universo pagano nordico in groppa ai due chiacchieroni corvi di Odino che ci portano in volo lungo campi di battaglia, bevute colossali e sfruttamento indiscriminato del sesso femminile, così come si addiceva un migliaio di anni fa presso le coste di quei paesi ora quasi addormentati nel loro pigro benessere.
La formula di quest’album è semplice e vincente: rapidi giri di flauto, chitarre grezze e spietate e linee vocali grevi e ruggenti supportate da cori maschili rochi e polverosi. I brani lasciano poco spazio all’immaginazione e ancor meno ai viaggi mentali. La musica degli Svartsot è tutta lì, spiattellata su un tavolo appiccicoso di birra e di sangue. Siamo lontani dalle leggiadre atmosfere dei Myrkgrav, dai brani alcolici malcelatamente multisfaccettati dei Trollfest, dalla sfacciatezza dei Korpiklaani e dalla presunzione dei Finntroll di classe post-Jaktens Tid.

Ravnenes Saga è composto da brani brevi, in tensione perpetua, al fulmicotone, di una orecchiabilità sorprendente e di una carica esplosiva a dir poco micidiale. Le intense ballate sul filo dell’erotico come “Skovens Kælling” o “Bersærkergang“, le ritmiche selvagge di “Havets Plage“, la finntrolliana “Festen“, impreziosita da una linea vocale che non sfigurerebbe nel più cavernoso death americano, e la sorprendentemente brutale “Hævnen” compongono un quadro dinamico, completo, in grado di far trascorrere un’ora al decuplo della velocità senza ripercussione su mente e orecchie. Di dischi così, per alternare i recenti oceani di spasmodica epicità di Moonsorrow o Equilibrium, ce ne vorrebbero a pacchi.
Disco schietto e già maturo, senza pretese di essere la nuova sensazione del folk eroico, Ravnenes Saga verrà guardato con sospetto da chi non tollera il growl a tutto campo e da chi preferisce che il folk sia un viaggio lento e trasognato piuttosto che una fucilata a sangue freddo.
Acquisto praticamente obbligato per ogni fan della grande famiglia dei Finntroll old style e di tutta la scena che ruota attorno al tradizionale folk “mostruoso” scandinavo.

Daniele “Fenrir” Balestrieri

TRACKLIST:

  1. Gravøllet
  2. Tvende Ravne
  3. Nidvisen
  4. Jotunheimsfærden
  5. Bersærkergang
  6. Hedens Døtre
  7. Festen
  8. Spillemandens Dåse
  9. Skovens Kælling
  10. Skønne Møer
  11. Brages Bæger
  12. Havets Plage
  13. Drekar
  14. Hævnen

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