Recensione: Rebirth

Di Nicola Furlan - 17 Giugno 2012 - 0:00
Rebirth
Band: Disaffected
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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78

Dischi come “Rebirth” sono davvero un toccasana per un mercato disocgrafico molto spesso identificato da produzioni piatte che, non di rado, presentano produzioni e missaggi che ‘aggiustano’ gli scadenti meccanismi compositivi non adatti alle reali capacità tecniche dei musicisti (lo constatiamo, troppo di frequente, in sede live). I Disaffected, almeno da questo punto di vista, lasciano pochi dubbi.
Sulla linea del caro, quanto esclusivo, technical death metal, i portoghesi strutturano undici brani con grande variabilità compositiva, mettendo sulla brace un sacco di carne gustosa. Difficile inquadrare la proposta musicale del quartetto di Oeiras. Balzano alla mente gli Atheist (per la parte più articolata del sound), così come i Voivod per certe soluzioni ossessive e ripetute, sopratutto riguardo i giri di chitarra e il lavoro, puntellante, del basso di António Gião. Il tutto è un sali-scendi di sensazioni e di spunti compositivi. Sì va dal groove, alle strutture meno impattanti, ovvero maggiormente orientate a strutture complesse, fino ai pezzi lenti delicatamente ricamati dal piano. Qui c’è poco di progressivo, per quanto alcune idee possano richiamare alla memoria certi orpelli compositivi. Si entra in contatto, invece, con una sorta di avantgarde che affonda le radici in terreni molto vicini alle varie correnti sviscerate di continuo dal tocco geniale di maestri come Devin Townsend, piuttosto che dalla cosmicità teatrale di gruppi come gli Arcturus, per esempio.
Purtroppo risulta già dozzinale l’atteggiamento di cerca di confinare una proposta musicale in un perimetro definito, tanto più cercando di citare nomi la cui musica possa assomigliare o possa aver ispirato gli autori. Nel caso di band come i Disaffected, la miglior cosa da fare è cerca di trasmettere quello che questa musica vuol comunicare. Purtroppo s’entra nel campo della soggettività, ma non abbiamo molti altri strumenti a disposizione.
“Rebirth” è un disco da godersi quando si vuole ascoltare musica impegnativa. Le molteplici idee che identificano le canzoni strutturano il disco in maniera sostanziale, rendendolo ‘denso’ di contenuti, spesso apprezzabili come tali in quanto non riescono a identificare il singolo brano che appare quindi un collage di raffinatezze esecutive. Più che di canzoni possiamo quindi parlare di un’opera in continua evoluzione; un’opera che pesca un po’ dal passato, sopratutto dagli anni d’oro della prima sperimentazione in ambito estremo (Atheist, Nocturnus, Pestilence, Cynic), ma pure dal presente (Augury). Forse a tratti appare un po’ freddo e l’operato alla voce non sembra posseddere quella dinamicità in grado di dare colore ad un sound già di per sé abbastanza inumano, scarno di melodia.
La produzione per mano di Fernando Matias è invece eccellente e, oltre a dar corpo alle idee partorite in sala prove, riesce anche nell’intento di illuminare la vasta gamma di arrangiamenti messi in atto da José Costa e compagni.
In definitiva, questa seconda fatica discografica della carriera dopo l’esordio del 1995, “Vast”, è una chicca per appassionati del death metal elaborato e, perché no, della musica estrema, celebrale, che non disdegna la raffinatezza. Purtroppo non aspettatevi nulla a pronta presa perché di melodie qui ce ne sono pochine e di ‘forme canzone’ ancora meno… siamo altresì certi che gli estimatori di “Rebirth” non mancheranno. Quando si sa suonare, si sa suonare… poche storie!

Nicola Furlan

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Tracce:
01. Mankwala (Intro) – 01:47     
02. C.ult O.f M.y A.shes – 09:47     
03. Getting into the Labyrinth – 08:18     
04. Dreaming III (A Nightmare) – 09:04     
05. Evilution Within –    07:03     
06. Miracle Dance – 02:07       
07. Our Will – 05:37     
08. Hypnotic Prophecy –    08:01     
09. The Rebirth of… –    06:10     
10. 1460 Steps to Divine – 04:55     
11. Arrival (Outro) – 03:45     
      
Durata: 1 ora e 7 min ca.

Formazione:
Sérgio Paulo: Chitarra
Octávio Custódio: Batteria
José Costa: Voce
António Gião: Basso

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