Recensione: Rebirth

Di Giuseppe Casafina - 2 Giugno 2016 - 10:00
Rebirth
Etichetta:
Genere: Shred 
Anno: 2016
Nazione:
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72

Morale della favola: a volte é davvero piacevole essere sorpresi.

A maggior ragione se il risultato poi proviene da colui che già dal nome rappresenta una sorpresa: vale a dire Raff Sangiorgio, chitarrista ben noto nelle fila dei Gory Blister, pregevolissimo ensemble techno-death tricolore, che in questa insolita veste solista si mette per così dire ‘a nudo’ per mostrarci se stesso a 360 gradi, senza limiti di sorta.

Il risultato é “Rebirth”, un pregevolissimo album strumentale pregno di ogni possibile contaminazione: dal metal al rock, dal blues alla fusion.

Un calderone ribollente al cui interno troverete di tutto in quanto l’anima ribollente del ‘Raff artista’ é quando di più poliedrico ci sia in circolazione, una mente che plasma con maestria affreschi ricolmi di svariate sfumature in ogni singolo colore dello spettro. E sono io stesso a sorprendermi di quanto scirtto, in quanto da non amante sfegatato quale sono dei dischi strumentali ho trovato il disco sinceramente profondo, in grado di rivelarsi nei dettagli ascolto dopo ascolto: merito del songwriting a tratti assolutamente non convenzionale per i quelli che sono i ‘generis’ di questo genere di dischi, un punto a favore che molto regala alla corposità della musica proposta dal talentuoso chitarrista.

Talentuoso non solo nei numerosi ‘sali e scendi’ di shreddiana memoria, ma anche nel saper inserire sempre il passaggio giusto al momento giusto: il gran gusto nei solismi é quello che trasforma un buon chitarrista in un gran chitarrista e, permettetemi, il buon Raff fa parte di quest’ultima categoria.

Il disco dimostra sin dai primi ascolti di essere non facile (ma non fate caso su questa affermazione in quanto ho già affermato di essere essenzialmente estraneo a questo genere di proposte) ma mantenendo al contempo una certa voglia di ‘farsi scoprire’: le venature epiche e gli intrecci chitarristici in sincrono sono sicuramente l’unico elemento che accomuna i brani, decisamente vari, del platter.

E’ davvero molto stimolante ascoltare un disco come “Rebirth”, perché come già detto trattasi di un album che di sostiene grazie alla poliedricità della mente di chi lo ha composto: se la finale ‘Voices From The Sea’ é un’estasi strumentale che ribolle di sincero sentimento (davvero un grande esempio del motto “la chitarra é voce del suo interprete”) di soli 2 minuti, il monumentale pezzo di apertura a nome di ‘Quick Trigger’ é a tutti gli effetti un eccellente miscuglio strumentale di sonorità death melodiche e sostenuta classicità heavy, il tutto attorniato da una produzione davvero potente in grado di far risaltare stupendamente sia i singoli elementi che il disco nel complesso.

La forte personalità del gusto melodico di Mr. Sangiorgio ribolle anche nelle vibrante ‘Lil Church Blues’, dove ad un inizio di puro stampo blues classico seguono moderate esplosioni heavy in grado di regalarci uno splendido solo portante: la costruzione del brano e l’impronta solistica chiaramente riconoscibile sono chiaramente segno di un un musicista di gran classe e personalità.

Ma soprattutto, la cosa che più eleva questo album dalla media dei tanti dischi strumentali sul mercato è il fattore di avere ogni singolo tassello che parla una storia a sè: tutti i brani brillano di luce propria, rendendo “Rebirth” un piccolo gioiello dal primo all’ultimo secondo di durata.

Consigliato non solo ai chitarristi militanti, ma anche a tutti coloro in grado di apprezzare la musica di qualità a 360 gradi.

Un album costruito per essere in perenne crescita nel tempo e vincente anche dal punto di vista della durata non eccessiva (i singoli brani sono sempre ponderati dimostrando la volontà di trasmettere emozioni senza risultare ridondanti all’eccesso al contrario di molti altri ‘sboroni’ in giro), ricco di dettagli e tanta, ma propria tanta voglia di comunicare.

Grande Raff, la tua “Rinascita” non potrebbe essere più rosea di questa.

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