Recensione: Red

Di Giulio Caputi - 19 Agosto 2004 - 0:00
Red
Band: King Crimson
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1974
Nazione:
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92

Oggi come oggi possiamo vedere il 1974 come un anno importante per diversi motivi: il progressive rock nel senso più tradizionale del termine stava attraversando una lenta ma inesorabile fase di trasformazione, i dischi più significativi di questo genere erano ormai già stati prodotti in modo tale da segnare e definire un’intera epoca musicale all’insegna della creatività e della sperimentazione (supportati dalle stesse case discografiche), le generazioni di bands che avrebbero preso piede da qui a pochi mesi, faranno tesoro degli insegnamenti dai gruppi precedenti, prendendo spunto ed elaborando il suono in maniera personale ed innovativa. Ma inevitabilmente il periodo d’oro del prog rock stava segnando il passo e gruppi come Family, Gentle Giant, Van der graf Generator, Atomic Rooster, Caravan etc.. etc.. non se la stavano certo passando bene. La scena prog italiana era tenuta in piedi ormai solo dalla PFM e da Le Orme, mentre la quasi totalità dei gruppi nati come funghi solo tre anni prima, era già scomparsa o quasi. Occorrevano stimoli ed idee nuove, e così i King Crimson prima di sciogliersi temporaneamente (per circa sei anni), dettero alle stampe quello che può essere considerato un vero e proprio colpo di coda e cioè “Red”. Il gruppo ridottosi a trio dopo la pubblicazione dell’ottimo “Larks tongue in aspic”, vedeva al basso e alla voce John Wetton che entrerà l’anno successivo negli Uriah heep prima di unirsi agli Asia, alla chitarra il leader genialoide e fondatore del gruppo Robert Fripp e alla batteria un portento che non ha bisogno di presentazioni e cioè Mr. Bill Bruford. Che dire o meglio come iniziare a parlare in modo distaccato di un capolavoro come questo? Non è affatto semplice credetemi, l’opener strumentale “Red” mette subito in risalto il perfetto affiatamento dei tre musicisti e fa capire le intenzioni “belligeranti” dei nostri con un sound aggressivo ed originale. Vengono così messi in risalto sia i claustrofobici giri di chitarra di Fripp che la sezione ritmica a tratti travolgente di Bruford/Wetton in cui il suono del rullante viene sostituito da autentiche “scudisciate”. “Fallen angel” è il perfetto prototipo di canzone prog “crimsoniana”: melodie dolcissime, suoni misteriosi, ed un refrain irresistibile che conduce l’ascoltatore verso ipotetici viaggi pindarici. La terza traccia “One more red nightmare” è forse quella più diretta e tosta del lavoro, sugli scudi la solita devastante sezione ritmica e l’ipnotica chitarra di Fripp, elementi perfettamente amalgamati che rendono questo platter imperdibile e assolutamente originale. Tetra, malinconica e soprattutto misteriosa è “Providence” con quei violini disarmonici che in parte ricordano gli High Tide di Simon House e per concludere la bellissima “Starless” che sembra essere il seguito dei primi due album dei King Crimson, traccia permeata di quel romanticismo e di quel senso di solitudine umana che da sempre il progressive ha evidenziato in certi passaggi intimisti.

In conclusione posso dire che ci troviamo di fronte ad un altro caposaldo storico della musica prog degli anni 70, un lavoro oscuro, sicuramente il più duro ed il più vicino alle sonorità hard rock del gruppo inglese, ottima la produzione, cinque splendide tracce all’insegna dell’arte fatta musica, certo è che la voce di Wetton non mi ha mai esaltato più di tanto, ma in questo caso proprio per il suo timbro inquietante e diretto è più che azzeccata; non voglio dilungarmi con ulteriori complimenti (comunque meritati), ma forse l’intera scena progressive odierna deve qualcosa a questi signori e questo disco testimonia la creatività e l’importanza di “Red” visto e considerato lo sviluppo futuro di questo genere attraverso le tante sonorità riprese anche da questi solchi.

Tracklist:

  1. Red
  2. Fallen Angel
  3. One More Red Nightmare
  4. Providence
  5. Starless

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