Recensione: Refill

Di Tiziano Marasco - 13 Dicembre 2013 - 15:25
Refill
Band: Nordheim
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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71

Non è certo senza diffidenza che ci si accosta ad una band viking metal rispondente all’abusato nome di Nordheim. Mancando tra l’altro una bio di supporto al promo digitale fornito dalla Maple Metal Records, labelper altro piccola, giovane e di belle speranze, si è dovuto spulciare a fondo l’enciclopedia metallum. L’enciclopedia in effetti offre almeno cinque voci corrispondenti a Nordheim, di nazioni a volte improbabili (Brasile) ma tutte irriducibilmente dedite a viking, folk, black. In ultima analisi comunque si riesce a risalire ad un quintetto di ragazzi del Quebec attivi già da diversi anni ma giunti con il Refill di cui oggi al passo del secondo disco.

Bisogna però dire che questi vichinghi del Vinland sanno giocare bene le proprie carte, a cominciare da alcune foto in cui dimostrano di non prendersi troppo sul serio e da una coloratissima covere nella quale si mischiano elementi assai contrastanti tra loro come goblin, drakar, pupazzi di neve e palme.

Al di là di questo, indiscutibilmente  Refill non è un disco che briilla per originalità della proposta, tuttavia si lascia apprezzare molto facilmente. I Nordheim costruiscono le loro canzoni su assiomi basilari estremamente schematici ed efficaci, riuscendo però a dar vita a composizioni piuttosto riuscite e varie. Primo punto fermo dei nostri sono gli assoli di chiara ispirazione Tyriana che si susseguono incessanti grazzie all’opera dell’ottimo Fred. Tali riff guida si ripetono peraltro in maniera ipnotica ed incessante per tutta la durata della canzone. La opener Ov frost and ice si metabolizza al primo ascolto per la sua posizione privilegiata, le altre song comunque non richiedono molti ascolti per lasciar traccia.

A questo si aggiunga poi un blast beat diffuso ma non opprimente e un growl maligno inframezzato da cori tra osteria e Falkenbach di contorno che non colpiscono particolarmente. A tutti gli effetti, al primo distratto ascolto pare di sentire solo il growl, salvo in sporadici casi come As shadow pass by. Oltre a questo, permane l’elemento caciara che si rivela in Get drunk or die tryin’, tre minuti che probabilmente farebbero invidia agli ultimi Korpiklaani, non fosse che violini e fisarmoniche sono sostituiti da una tastiera ai confini del moog. Per non parlare di Under a crying storm, dove si materializza alla chitarra un pezzo del riff di My heart will go on (con la speranza che l’abbiano fatto a posta.)

Con Refill dunque i Nordheim non pretendono certo di cambiare il mondo, né tantomeno di creare una proposta unica e irripetibile, ma offrono quaranta minuti di buona qualità ed una manciata di canzoni davvero piacevoli. Non sorprendono ma intrattengono. Da tenere d’occhio, possibilmente con la speranza che un giorno mettano le loro ottime capacità compositive al servizio di una svolta compositiva di spessore.

Tiziano Vlkodlak Marasco

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