Recensione: Refuge Denied

Di CirithUngol - 30 Dicembre 2004 - 0:00
Refuge Denied
Band: Sanctuary
Etichetta:
Genere:
Anno: 1988
Nazione:
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90

Il primo nucleo di quello che oggi viene riconosciuto dai più con il nome di Nevermore nacque a Seattle ad opera di cinque ragazzini che incominciarono ad ottenere un discreto seguito sotto il leggendario nome di Serpent’s Knight, cinque sbarbatelli caratterizzati da un look esageratamente metallico che abbinava il classico chains & leather alla Judas Priest ad una componente horror stile Ripper ( alcune foto dell’epoca scattate in alcuni cimiteri farebbero invidia ai migliori Death SS d’annata).

Correva l’anno 1984 quando questo sconosciutissimo gruppo (Serpent’s Knight) diede vita, a mio modesto parere, ad uno dei più bei lavori di U.S. metal con contaminazioni power/thrash sulla scia dei primi due capitoli degli Overkill ed una forte componente dark/epic. Purtroppo queste 10 gemme (più intro) non videro mai la luce per via del prematuro scioglimento del gruppo e mai come in questo caso vi posso garantire che la storia ci ha negato un piccolo gioiello d’acciaio che non avrebbe faticato a raggiungere il cuore degli appassionati di queste sonorità. Non esagero nell’affermare che alcune di queste 10 reliquie non avrebbero sfigurato all’interno del qui recensito Refuge Denied, primo capitolo della sfortunata storia chiamata Sanctuary e aggiungo senza timor di smentita che alcune di esse come Serpent’s Knight la tetra Disturbing Your Peace, la speedy Trial By Fire ma soprattutto l’agghiacciante No Sanctury (spettacolare esempio di power /dark/epic metal) sarebbero risultate addirittura tre le migliori song se omaggiate da una buona registrazione.
Purtroppo queste tracce rimarranno sconosciute al 99% della popolazione metallica mondiale per via dello sgretolamento completo di una band passata alla storia con all’attivo un disco mai uscito e testimoniato solamente da queste registrazioni amatoriali (comunque caratterizzate da una buona resa sonora) che non fanno altro che accrescere il dispiacere di non averle potute apprezzare con un ottima produzione.

Dal nucleo principale formato dagli sconosciuti Warrel Dane, John Kimmel, Doug Stibbs, Brad Poland, rimase solamente il vocalist Warrel Dane che, con l’ arrivo del chitarrista Lenny Rutledge, decise di cambiare il nome del gruppo in Sanctuary.

Non riuscirò mai a capire cosa abbia impedito all’esordio Refuge Denied ( e di conseguenza anche al successivo Into The Mirror Black) di imporsi nella scena metal mondiale. L’indiscutibile qualità di ogni singola canzone, l’appoggio in fase di produzione di Dave Mustaine, la distribuzione ad opera del colosso Epic, il tour di supporto ai Megadeth e le recensioni entusiastiche ( in Italia venne ottimamente recensito sulle due testate metal principali dell’epoca) non bastarono a lanciare il loro nome ai vertici delle preferenze dei metal kids. Aldilà della mancata esplosione commerciale rimane il fatto concreto che Refuge Danied rientra, insieme al successivo Into The Mirror Black, tra i classici dell’heavy metal mondiale, indispensabile esempio di heavy metal intelligente quanto lontano dagli stereotipi che ultimamente affliggono la scena odierna. Il disco prosegue il percorso stilistico intrapreso dai Serpent’s Kinght: heavy metal di stampo americano reso più pesante e dinamico da oscure influenze power/thrash che non sfociano mai in territori eccessivamente pesanti rimanendo ancorate orgogliosamente su territori heavy metal.

L’iniziale Battle Angel è una cavalcata metallica d’altri tempi che non faticherà ad entrare dritta nei vostri cuori. Warrel Dane ci dimostra subito cosa significa cantare in una band heavy metal modulando la sua splendida voce ed andando così ad evidenziare, con helfordiani screaming vocals, le parti più metalliche. Si passa su territori tetri ed oscuri con l’arrivo della darkeggiante Termination Force dove ancora una volta è l’interpretazione demoniaca di Dane a conferire quell’aurea solenne e maligna che pervade i solchi di quest’indispensabile lavoro. La successiva Die For My Sin appartiene senza ombra di dubbio a quell’enorme mole di canzoni che a me piace definire “classici sconosciuti”, song che solo la sorte avversa ha impedito di essere affiancate a quei classici unanimemente riconosciuti, magari diventati tali solo perché appartenenti a gruppi più affermati e quindi maggiormente reperibili. La song in oggetto è la quint’essenza dell’heavy metal: scriming vocals, riff tagliente dall’andamento sostenuto, ritornello potente dalle tinte epiche. L’alternanza tra mefistofeliche parti arpeggiate, evidenziate da un’interpretazione luciferina di Dane, alternate a rasoiate metalliche condite da screaming vocals fanno della successiva Soldiers Of Steel l’ideale anello di congiunzione tra Refuge Denied e le atmosfere più ricercate del successivo Into The Mirror Black.
Sfortunatamente dalle cenerei dei Sepent’s Knight viene ripescata solamente White Rabbit, cover di Jefferson Airplan. Non conosco l’originale ma la versione dei Sanctuary non si discosta molto dal loro modo di concepire il metal. In questo caso l’atmosfera si fa più epica soprattutto nella porzione finale evidenziata da una paradisiaca prestazione di Dane.

L’ottima coesione fra i membri viene ottimamente evidenziata in schegge d’acciaio come Ascension to Destiny e The Third War o nell’agghiaccianti melodie di Sanctuary caratterizzate da lancinanti vocalizzi di Dane. Ed è ancora Mr. Dane a rendersi partecipe di una prestazione assolutamente sopra le righe con la conclusiva Veil Of Disguise ennesima perla incastonata in questo dimenticato monolite d’acciao. Un’atmosfera gelida e tagliente disegnata da una tetra introduzione arpeggiata viene amplificata da un Dane luciferino soprattutto nella porzione che precede l’arrivo inesorabile di un riff al cemento che funge da ossatura portante di questo splendido brano.

Di certo se siete abituati ad associare il metal ad una forte dose di melodia questo disco potrebbe risultarvi abbastanza ostico ad un primo superficiale ascolto, la melodia pur presente è ancora lontana dall’eccessivo ammorbidimento che affligge molte di quelle band che oggi a mio modo di vedere vengono erroneamente raggruppate sotto la bandiera dell’Heavy Metal, genere descritto e raccontato in maniera esemplare tra i solchi di questo Refuge Denied. L’abusata frase “Buy Or Die” mi sembra quanto meno d’obbligo!

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