Recensione: Regrinding The Axes

Di Fabio Del Negro - 27 Novembre 2012 - 0:00
Regrinding The Axes
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
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76

Nuova sessione di lavoro per una delle leggende del southern rock mondiale, niente di meno che i Molly hatchet, gruppo che torna a calcare la scena rock/metal dopo aver dato vita a dodici grandi full-length che molti amanti del genere annovereranno certamente tra le pietre miliari di questo impervio e duro settore.
Difficile dimenticare le ballate country e rock’n roll che Elvis e soci hanno magnificamente inciso cinquant’anni or sono, giusto per fonderle poi con un’attitudine metal che i nostri Molly Hatchet hanno saputo reinterpretare a dovere.
Il tredicesimo album in questione però, è in sostanza un album di cover e di fatto non aggiunge niente di nuovo al sound dei ragazzi del sud della Florida, pur regalando vecchi brani rivisti nella loro “chiave di sol”.

Si parte subito con l’ottima “Bad to the Bone” di George Thorogood, brano dove si recupera una forte matrice blues alle chitarre, ben fatta, ed una distorsione talvolta quasi noise. La tromba trova la sua perfetta posizione verso metà del pezzo, come pure nel solo finale.
La straordinaria “Missisipi Queen” sembra una delle migliori tracce del disco, grazie alla travolgente voce country che possiede Phil, perfetta da sentirsi in qualche locale texano degno di ogni tipo di fama.
Assieme alla perfetta “Missisipi Queen” troviamo l’ancor più perfetta “Back In the USSR” dei Beatles, che regala quel ritorno al passato misto alla poderosità metallara che il gruppo ha ormai intrapreso già da tempo, andando ad appesantire ulteriormente la chitarra e la sezione percussiva.

“Sharp Dressed Man” risulta essere anch’essa leggermente più pesante dell’originale degli ZZ Top, ma giustamente l’interpretazione deve essere più che personale, e quindi anche qui il gruppo da ad intendere la propria caparbietà musicale.
Ritroviamo ancora i Beatles con una versione di “Yesterday”, ben realizzata ma non adatta sicuramente ad un gruppo così virile. Presenti inoltre due brani dei Rolling Stones, rispettivamente “Tumbling Dice” e “Wild Horses”. Spazio infine, per tre estratti dal vivo, la lunga “Layla” (Derek And The Dominos), la celeberrima “Tequila Sunrise” degli Eagles e la grandissima “Dreams I’ll Never See”, cover degli Allman’s Brother già presente in due precedenti album degli Hatchet.
La registrazione è ottima, non c’è che dire, infatti, non abbiamo di fronte qualche garage band di second’ordine ma una bandiera del southern rock.
Anche se, nel contesto, si dovrebbe forse preferire una registrazione leggermente più sbavata tanto per far intendere sempre da dove il suono trae origine.
I dettagli e le eventuali imperfezioni ci possono stare, come del resto ci sono in qualsiasi altro disco che intende riferirsi con passione ad epoche meno recenti.

Pensiamo in ogni modo a questo album di cover molto ben realizzate ed eseguite, uscito due anni dopo l’ultimo “Justice” per regalare quel ritorno al passato di cui si accennava poco su.
Ma valutiamo pure con un minimo di senso critico anche i motivi per cui i Molly Hatchet, dopo una così fulgida carriera, hanno voluto di loro spontanea volontà “arrancare”, senza dar sfoggio di qualche nuova idea, rilasciando un disco di vecchie cover.
Vena creativa un po’ in ribasso dopo tutti questi anni di attività? Questione danarosa? O puro e romantico omaggio alle grandi muse di un tempo?

Difficile dirlo, spetterà al pubblico sovrano dare questa risposta, soprattutto ai fan più agguerriti della band di Jacksonville.

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Tracklist:

01. Bad to the Bone
02. Mississippi Queen
03. Free Bird
04. Back in the U.S.S.R
05. Sharp Dressed Man
06. The Boys Are Back In Town
07. Tumbling Dice
08. Dreams I’ll Never See
09. Melissa
10. Wild Horses
11. Tequila Sunrise
12. Yesterday
13. Get in the Game [Live}
14. Layla (Guitar Solo, [Live]
15. Dreams I’ll Never See [Live]

Line Up:

Dave Hlubek- Chitarra
John Galvin- Tastiere
Bobby Ingram- Chitarra
Phil McCormack- Voce
Tim Lindsey- Basso
Scott Craig- Batteria

 

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