Recensione: Rekreatur

Di Daniele Balestrieri - 26 Marzo 2012 - 0:00
Rekreatur
Band: Equilibrium
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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72

Non invidio per nulla le band che nascono all’ombra di un grande album, perché sono destinate a una vita di rincorse. Nel pagan in particolare, in alcuni casi la rincorsa ha funzionato (Finntroll), in alcuni casi ha fallito (Ásmegin) e in alcuni casi la fatica della rincorsa è percepibile in ogni singola nota di un nuovo disco (Turisas).
Gli Equilibrium appartengono a quest’ultima categoria: progenie dal sangue blu, esattamente come i Turisas si sono distinti fin dal loro primo e acclamato demo e hanno volteggiato tra le guglie di label-powerhouse fin dal primo album. Sono stati tacciati, esattamente come i Turisas, di eccessiva pomposità, di fanfare degne del carnevale di Rio e di plasmare e modellare il proprio prodotto a seconda della direzione in cui spirava il vento del pagan europeo, che al tempo della loro ascesa al potere viveva uno dei suoi periodi di massimo splendore e dinamicità.  

Chi segue il genere da qualche anno avrà ormai sviluppato un certo sesto senso e sarà in grado di riconoscere facilmente le band create per cavalcare un’onda e le band che invece quell’onda hanno sempre avuto voglia di generarla. Equilibrium – e Turisas – ai miei occhi sono completamente innocenti: basta sentire i loro pezzi d’esordio nei demo per capire che la musica che ci ritroviamo tra le mani in questi anni è figlia pura e diretta del loro modo di intendere il pagan, così fittamente striato di power e iniettato di humppah, folk metal e di una spolverata di black metal. Questa mistura ha definito i primi anni 2000 e nella mia mente non c’è alcun’ombra di dubbio che Rekreatur, o Sagas, o Stand Up and Fight, o Rasputin, non siano lavori ruffiani ma semplicemente figli – ed eredità – dei propri tempi.
Con questo preambolo in mente è più facile iniziare a discutere di Rekreatur, frettoloso terzo album dei bavaresi Equilibrium che di Sagas raccoglie tutto il possibile e ne tenta di duplicare forma e colore nel tentativo di replicarne il successo.

La copia purtroppo non riflette interamente la luce dei suoi due predecessori e in più di un’occasione risulta un po’ arida, priva forse di quell’anima genuina che ha tracciato alcune tracce seminali dei due album precedenti. È immediatamente palese la voglia di tornare a giocare con atmosfere beffarde, tracce fiume e arrangiamenti sontuosi e più che mai articolati, senza perdere il trademark musicale tipico della band.
Un esempio su tutti è la conclusiva “Kurzes Epos“, manifesto tentativo di replicare la stellare monumentalità di quel “Mana” che in quel lontano 2008 ha lasciato attonito il mondo del pagan epico per 17 minuti. I riff purtroppo non funzionano allo stesso modo e mancando del vibrante flauto di pan di Ulrich Herkenhoff, dell’impalpabile violino di Agnes Malich e della profondità del fiato di Jörg Sieber, creano un’amalgama affascinante ma prevedibile e senza una direzione precisa.
Alla fine dei conti, la stella dell’album sembra proprio essere “Aus Ferner Zeit“, cavalcatona di 10 minuti piantata nel bel mezzo dell’album e di fattura pregevole, stanti i numerosi cambi di tempo, di stile e di regime, con tanto di cori femminili, maschili, accelerate brutali, ballate medievali e un cane. Quella è una traccia che avrebbe brillato per epicità persino in Sagas, ma non mancano anche le strizzate d’occhio alle atmosfere più scanzonate come nel caso di “Die Affeninsel“, obolo da pagare ai maestri Finntroll e traccia che oscilla tra il serio e il faceto senza svilire il valore totale dell’opera.

Rekreatur è un album compatto, ben suonato e congegnato, veloce e senza particolari cali di tono: un notevole esempio di powerpagan epico che non ho la disonestà intellettuale di bocciare. Tuttavia, purtroppo, vive all’ombra di Sagas e stringe la mano a Turis Fratyr, con il quale condivide pregi (diverse tracce di prim’ordine) e difetti (altrettante tracce pronte ad essere dimenticate). L’edizione limitata contiene, oltre a un pendaglio in peltro raffigurante il logo della band, un secondo disco con le versioni acustiche di diverse canzoni tratte dai tre album della loro carriera.
Il giudizio finale è una mistura di sentimenti contrastanti, difficili da valutare con un numero. Gli Equilibrium sono una buona band, onesta ma pomposa, abile ma piena di sé, fantasiosa ma rigida, tutti tratti che rendono il loro genere, il nostro genere, vivo e palpitante. Una pacca sulle spalle per i nostri cinque di Monaco e speriamo in visioni ancora più imperiose sul volgere del nuovo anno.

Questa recensione è dedicata a quel C di Gerlando Abyss.

Daniele “Fenrir” Balestrieri

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TRACKLIST:

Disc I
01. In Heiligen Hallen
02. Der Ewige Sieg
03. Verbrannte Erde
04. Die Affeninsel
05. Der Wassermann
06. Aus Ferner Zeit
07. Fahrtwind
08. Wenn Erdreich Bricht
09. Kurzes Epos

Disc II [edizione limitata]
01. Der Ewige Sieg [acoustic version]
02. Nach Dem Winter [acoustic version]
03. Blut Im Auge [acoustic version]
04. Die Prophezeiung [acoustic version]
05. Heimwärts [acoustic version]

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