Recensione: Relentless Mutation

Di Daniele Ruggiero - 10 Novembre 2017 - 14:04
Relentless Mutation
Band: Archspire
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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85

Emulare la velocità della luce nello spazio buio ed infinito del death metal.

Questo è ciò che provano a fare i canadesi Archspire, giunti al terzo album in otto anni di carriera. “Relentless Mutation” è la bellezza di un fulmine: un taglio luminoso e geometrico che divide la notte, che appare e scompare in un istante lasciandosi alle spalle un boato di stupore.

Gli Archspire sono maledettamente tecnici, raffinati e veloci, anzi velocissimi, i Nostri non si nascondono dietro al sipario di una galassia lontana, ma si confermano protagonisti indiscussi dell’attuale universo technical death metal brillando di luce propria. Rispetto al passato, il quintetto capitanato da Oli Peters alza l’asticella di difficoltà tecnica e compositiva, un’evoluzione tale capace di raggiungere picchi altissimi in termini di appagamento acustico. “Relentless Mutation” si cinge di una versatilità sonora straripante che conquista repentinamente coloro che masticano il genere, oltre ad affascinare qualsiasi ignaro ascoltatore. Il denso nucleo di maestria, che contraddistingue il platter, è circondato da una miriade di satelliti armonici in grado di plasmare un microcosmo nel quale si fondono oscure sfuriate frenetiche con luminescenze melodiche.

Una follia ai limiti dell’inverosimile domina la scena di ogni singolo brano che viene imprigionato nella morsa orchestrale di un’inarrestabile violenza. Il drumming, incontenibile quanto impressionante, si incatena ad una serie infinita di virtuosismi elettrici che mutano in arpeggi disarmanti. La teoria delle parole si applica immediatamente nella concretezza di ‘Involuntary Doppelgänger’: la traccia che apre il disco è un’esecuzione magistrale che illumina tutte le capacità della band abbagliando l’incredulo spettatore attonito. ‘Human Murmuration’ è un’iperbole sonora emozionante: un proiettile di luce, guidato da strofe vertiginose sputate da una mitragliatrice vocale, che attraversa il denso buio dell’ordinario. La meraviglia che si percepisce durante l’ascolto di “Relentless Mutation” è permanente, ogni singolo momento è una stella che prende forma, che fluttua nel vuoto, che cresce a dismisura fino ad esplodere in un fragore immenso. Ciò che ne scaturisce è un buco nero nel quale si scontrano i tempi disparati della fenomenale title-track che deforma gli spigoli della rabbia in curve di incanto sonoro. La progettazione e l’esecuzione dei sette pezzi rasenta la perfezione, le ritmiche disumane esplodono lungo tutto il percorso che gli Archspire percorrono in giusto mezz’ora di tempo, quanto basta per prendersi un posto di diritto nell’olimpo più lussuoso del technical death metal.

Sulle note di ‘Dark Horizontal’ i cyborg di Vancouver completano il taglio del piccolo diamante interstellare, trasformandolo in gemma. Nell’atmosfera alienante di “Relentless Mutation”, la particella preziosa di luce dissennata folgora l’anima ed incendia la miccia di un trionfo echeggiante.

Senza ombra di dubbio uno dei migliori album di questo 2017.

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