Recensione: Relentless Reckless Forever

Di Emanuele Calderone - 12 Marzo 2011 - 0:00
Relentless Reckless Forever
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Anno: 2011
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60

Sarò onesto, non sono mai stato un grandissimo fan dei Children of Bodom, così come non ho mai amato particolarmente tutto quel filone death melodico/power che tanta fama ha portato ad Alexi Lahio e soci.
C’è però da ammettere che i primi lavori dei finlandesi portarono una ventata d’aria fresca in una scena che cominciava a mostrarsi stanca e stagnante ormai da qualche anno. Fu di conseguenza impossibile non tessere lodi a dischi quali “Something Wild” e “Hatebreeder”. Con il tempo però la proposta perse il senso di novità che l’aveva caratterizzata, divenendo ripetitiva e poco interessante.
Per ovviare a questo problema, i bambini di Bodom decisero di arricchire la propria musica con influenze thrash, specialmente in “Are You Dead Yet?” e “Blooddrunk”, cercando con ciò di svecchiare il proprio sound. Il risultato fu altalenante e non sempre convincente.

Lasciata alle spalle la rovinosa esperienza del disco di cover (“Skeletons in The Closet”) ecco quindi che la band di Espoo torna a calcare le scene in questo inizio 2011, con il nuovo “Relentless Reckless Forever”. Non sapendo cosa aspettarmi stavolta, me ne sono avvicinato con curiosità mista al solito timore di essere al cospetto di un album che non avrebbe soddisfatto a pieno le mie aspettative.
È bastato premere il tasto play per capire di trovarmi davanti a un lavoro che definire classico è addirittura riduttivo: i Children of Bodom hanno fatto infatti marcia indietro per virare nuovamente al power metal con voce in scream, che aveva caratterizzato i loro primi parti.
Sembra quasi che i cinque abbiano deciso di ritornare sui propri passi per paura di snaturare eccessivamente il proprio sound, perdendo il marchio di fabbrica che da sempre li rendeva riconoscibili.
Parlare oggi di un’opera del genere non è semplice come si potrebbe pensare: di acqua sotto i ponti ne è passata molta e trovarsi fra le mani un prodotto come questo rischia di condurre in errore molte persone, specie per quanto concerne la valutazione finale.

Strutturalmente “Relentless Reckless Forever” è alquanto semplice, ricco di brani diretti e anche piuttosto brevi. Le chitarre di Lahio e Latvala macinano riff a non finire e spesso si lanciano in assoli al fulmicotone, oltre che negli abituali scambi con le tastiere di Janne Wirman. Queste, unitamente alle sei corde, sono le vere protagoniste dell’intero platter. Henkka Seppälä e Jaska Raatikainen, rispettivamente basso e batteria, come da copione, si limitano ad accompagnare gli altri tre musicisti, svolgendo però un compito gradevole e del tutto privo di sbavature. Le ritmiche tessute sono quadrate e ben definite, senza variazioni eccessive, rendendo pertanto i pezzi molto lineari e di facilissima assimilazione.
Alexi al microfono, come è ormai consuetudine, si destreggia con sicurezza tra scream di discreta fattura e più rari growl comunque ben eseguiti.

Tutto bene e tutto bello dunque? No, nella maniera più assoluta. Se infatti tecnicamente i nostri ripropongono un disco perfetto e privo di sbavature, dall’altra bisogna notare come sovente le canzoni stentino a decollare, non brillando sia per freschezza che per dinamicità. Il songwriting appare abbastanza piatto e banale, non proponendo assolutamente nulla di nuovo.
Sono esempio di quanto esposto episodi come “Pussyfoot Miss Suicide” con le sue melodie scontate, passando per la statica “Ugly”, che davvero poco aggiunge alla lunga discografia dei ragazzi, o  l’abusata “Not My Funeral” la quale ancora una volta ribadisce quanto già ampiamente detto dal quintetto in passato.
Fortunatamente non tutto è da buttare. Quando i Children of Bodom riescono a riordinare le idee, nascono alcune tracce di discreta levatura: “Roundtrip to Hell and Back” con il suo assolo e le linee di chitarra riesce finalmente a catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Niente male anche la seconda “Shovel Knockout” dotata del giusto tiro e capace di richiamare alla mente i bei tempi andati.
Divertenti, sebbene lontane dall’essere capolavori, anche la title-track e “Was it Worth it”, entrambe note al grande pubblico già da diversi giorni. Notevole, specie nel secondo pezzo citato, il lavoro delle due asce, che, assieme al quattro corde, danno vita ad una delle song più “scanzonate” del full-length.

Volendo aggiungere qualche riga per produzione e qualità di registrazione, non si può che notare la bontà dell’operato. La Spinefarm, al solito, permette alla band di godere di grandi professionisti che li aiutino nel mixing. I suoni sono puliti, cristallini, pur senza risultare eccessivamente artificiali e plasticosi.

Segnaliamo infine la presenza di una “Super Deluxe Edition”, con tanto di libro di 64 pagine, un DVD con il making of del video di “Was it Worth it”, il concerto tenuto al Bloodstock Open Air, un’anteprima del nuovo corso per chitarristi di Alexi Lahio e, non ultimo, un orologio da muro.

Eccoci dunque giunti alle conclusioni. “Relentless Reckless Forever” è in definitiva un prodotto che sembra più indirizzato ai fan di vecchia data, che non agli appassionati del secondo corso. Se avete amato i Children of Bodom di “Hatebreeder”, “Follow the Reaper” e “Hate Crew Deathroll”, sicuramente rimarrete piacevolmente stupiti da quest’ultimo arrivato. Allo stesso modo, se non siete mai stati colpiti dal power/death e se più in generale non avete mai apprezzato questi finlandesi, di certo non cambierete idea questa volta.
A noi non resta che assegnare una sufficienza risicata ad un cd che, tra ombre e luci, non spicca mai per la musica, ma solo per esecuzione e perfezione sonora. Ennesima occasione sprecata, peccato.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Not My Funeral
02- Shovel Knockout
03- Roundtrip to Hell and Back
04- Pussyfoot Miss Suicide
05- Relentless, Reckless Forever
06- Ugly
07- Cry of the Nihilist
08- Was it Worth it
09- Northpolethrowdown
10- Party all the Time (Bonus Track)

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