Recensione: Remembrances

Di Giorgio Vicentini - 29 Marzo 2005 - 0:00
Remembrances
Band: Vedova
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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70

Chiedo scusa a tutti ma mi vien da ridere, so che non è la sede adatta visto l’artwork, il monicker, il titolo, ma è più forte di me; capisco che sia come mettersi a sghignazzare ad un funerale o lo strozzare una risata mentre trasportano la bara, ma questo è troppo. “Qualcuno” ha dissacrato anche il doom! Giuro che ci ho provato, ma è impossibile darsi una posa seriosa e composta di fronte ad un disco musicalmente tanto cupo ma i cui presupposti sono una mail per i contatti come tuamoglievedova@yahoo.it oppure il dare del “grande doomster marchigiano del XVIII° secolo” a Giacomo Leopardi (?!?!?!?).
Fare poi due ricerche e capire chi sia quell’Helios che presta il suo growl al terzetto è scoprire l’acqua calda. Potrà farsi chiamare come gli pare, da Buzzum a CiccioBaciccio ma la sostanza è che dietro a certe parole scritte su un disco dell’etichetta in questione, può soltanto esserci il Gran Maestro Del Male in una delle sue innumerevoli incarnazioni dissacranti. 

Stavolta, sotto le mani di Porz, pardon Helios, passa il doom death gothic inglese, quello dei My Dying Bride (che “vedova” e “bride” abbiano qualche punto in comune?), oltre a Cathedral ed Anathema dei primi periodi, rinverditi da sei brani malinconici onorati per le liriche dalla traduzione in inglese di tre capolavori del già citato Leopardi quali: “Alla Luna”, “L’infinito” e “A me Stesso”. Nessuna delle parole è un’opera inedita, tutto riprende il già scritto, selezionando dalla produzione del poeta italiano e da quella di un autore moderno svedese: Tompa Lindberg. Quest’ultimo mi piace elevarlo ad un rango superiore di quello che normalmente gli compete, per non farlo sfigurare e per cercare di rendere l’idea di quale rilievo assuma la cover il slow motion di “Blinded by Fear”, massicciamente rallentata ma incredibilmente significativa.

Il disco si esprime su trenta minuti abbondanti, accogliendo nella track list tre strumentali d’effetto ed altrettanti pezzi in senso stretto dalle tinte tristi, cadenzati ed implacabili nel loro evolversi atmosferico.
Come cita una delle frasi del sito, “Tutto è già stato detto, l’importante è individuare chi l’ha detto meglio.” ed io userei tale affermazione per dare il senso finale di questo disco: doom metal che coinvolge, capace di accompagnare sotto un cielo grigio lungo un viottolo già battuto da altri. Track rallentate e plumbee tra growl vero e proprio e recitato/parlato drammatico, attimi commoventi ed inquietanti, un organo velato e disarmante come le melodie delle chitarre ed i loro affondi tipicamente My Dying Bride. Sonorità grevi, riffoni pesanti ed heavy (vedasi “The Infinite”) ed un’equalizzazione che punta sui bassi dando un vago senso di old style.

Mi trovo in difficoltà a commentare obiettivamente questo lavoro perché ho una certa predilezione per il personaggio alla guida, non riesco a discernere compiutamente il disco dall’autore ed il suo modo di porsi. Starà al singolo stabilire dove arrivi la mera voglia di sfottere il metal per spingerlo a prendersi meno sul serio e dove inizi l’arte musicale vera e propria. Sicuramente Remembrances non è un disco sciocco o rappezzato, bensì professionale nel gusto estetico (secondo me ottima la copertina e l’artwork in generale) e nella misura della musica che difficilmente sbava in eccessi, che gode delle capacità di musicisti ferrati capeggiati da un cervello sempre operativo, che riesce ad immedesimarsi anche in una veste teoricamente non di sua competenza. 
Nessuna pagliacciata in musica come in tutti progetti “porziani” che ho avuto modo di ascoltare, ma ora come sempre sarà necessario (per alcuni) uno sforzo al fine di concentrarsi esclusivamente sulle note esulandole dal contorno, che potrebbe infastidire gli affezionati del genere nel sentirlo un po’ dileggiato (come già succede in ambito black). Certo, trattandosi di un disco doom, la sua durata limitata ne fa una pillolina facile-facile ed indolore per i più incalliti, piacevolmente ripagati dal suo ascolto senza rimanerne profondamente scalfiti. Urge pertanto una prova più compiuta, per saggiare a tutto tondo la prestazione del combo su distanze consone.

Ed ora il finale. 
Come fossi la vostra mamma, vi faccio le ultime raccomandazioni per l’ascolto del disco: “è gradito l’abito scuro e cerchiamo di avere un atteggiamento decoroso, è pur sempre un funerale, cribbio!”.

Tracklist:
01. Remembrances pt.1
02. To the moon
03. The infinite
04. Remembrances pt.2
05. To himself
06. Remembrances pt.3
07. Bonus track: Blinded by fear

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70