Recensione: Remission of Sin

Di Marco Giono - 11 Marzo 2015 - 0:00
Remission of Sin
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2014
Nazione:
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70

[radio]Siete sempre sintonizzati con HeavySound degli anni ’80 con il vostro C.Billy.

…due della band sul furgone…

“…come ti è sembrato il pubblico stasera?”
“Qua…quale pubblico? Ah vuoi dire quelli che avrebbero potuto esserci solo che sono venuti tardi perchè ci hanno anticipato il concerto per dare più spazio a quelli là?!”
“Quelli là? Chi? Dai però stavolta ci hanno offerto un tramezzino e un bicchiere d’acqua quelli del locale. Il mio non era nemmeno ammufito!”
“Ne valeva pena eh… Si certo… ‘Sto tour è propria una bomba, però quel tizio che ci è venuto a salutare… dai si è fatto trecento chilometri in autostop per noi…”
“Già. Sai stavo sistemando il furgoncino, lo vedo passare a piedi e parlottava ripetendo qualcosa tipo: ‘a piedi, casa…’ Manco fosse E.T. Passano cinque minuti, infilata l’ultima scatola, sai che non ci credo fino alla fine di farci stare tutto, me lo trovo di nuovo a pochi metri che dice: ‘A piedi, casa…’ Allora vedo lì vicino il padrone del locale e gli chiedo informazioni su quel ragazzo. Dice che è lì da giorni, non l’hanno mai visto sobrio…”
“Proprio una bomba sto tour. Prossima tappa?”

[radio] Qui è sempre C. Billy con l’HeavySound degli anni ’80, il dodicesimo ascoltatore che chiama, vince due biglietti per lo show dei Miracoli Tatuati. […] Vince il dodicesimo che chiama alla stazione dove gli anni ’80 non sono mai finiti. 

…il furgone di metallo in versione Emmett “Doc” Brown…

La strada, quella lunga e tortuosa dei tour è roba mica da tutti.
Rialzarti per l’ennesima volta, dopo una nottata di promesse infrante, un bicchiere di troppo per dimenticare, tanti calci nel dietro e al mattino vedi solo il grigio del cemento non sapendo nemmeno come ci sei finito a faccia in giù in quel parcheggio. Ci vuole coraggio e passione per la musica. Mi sa che sto eccedendo con la retorica.  
In realtà speculo su quale sia il motivo per cui gli italiani Burning Black dopo il loro ultimo tour del 2010 (a supporto del loro secondo album “Mechanichell” del 2009) abbiano subito diversi cambi di line-up e siano rimasti fermi così a lungo, ma in realtà l’unica certezza è che sono ancora qui tra noi a suonare heavy metal, per cui vediamo com’è il loro ultimo album.
Uscito nel 2014 “Remission of Sin” (terzo dall’album dagli esordi del 2008 con “Prisoner of Steel”) è titolo di ribellione, forse dalla chiesa, forse dai luoghi comuni o molto più probabilmente dai nemici, quelli pronti a fotterti sempre e comunque. 
I cinque anni intercorsi dal loro album precedente hanno modificato per nulla l’attitudine del gruppo italiano, dediti da sempre ad un heavy metal roccioso, ora hanno solo aggiunto con misura parti di chitarra acustica e di tastiera a dare varietà al monolitico incedere della loro musica. Roccioso è pure il cantante Dan Ainlay, voce roca con tendenza a salire, ma senza mai strafare. 
Per raccontarvi l’ultimo lavoro dei Burning Black partirei dalla singolo “Flag of Rock” che rappresenta il lato maggiormente hard rock della band. Le distorsioni rimangono grevi a introdurre la voce motolitica, all’apparenza grezza che però si concede qualche acuto per poi aprirsi in un ritornello che diventa essa stessa bandiera da sventolare in ogni live di questo pianeta.  
Se cerchiamo qualcosa di simile all’interno dell’album possiamo saltare alla traccia nove “Soulless Stone” che prende l’avvio in veloci note di chitarra e una voce carica di energia, ancora ci muoviamo in un ritornello di buon impatto. 
Diveramente “Love me” è bondage rock o almeno racconta di una storia hard: lui rapisce lei, poi si diverte un po’. E la melodia del ritornello è beffarda a scherzare verso la finzione pulp. Infine aggiungo “True Metal Jacket” il cui incedere pare rimandare ad Alice Cooper travestivo da Angus Young, ma volendo sbilanciarsi, di nuovo funziona. 
Non è finita qui. I Burning Black diventano più pesanti ed oscuri nel brano di apertura “Mercenary of War”, riff appesantiti da distorsioni primordiali lasciano spazio alla batteria di Will Olswin che accelera i tempi, diversamente la voce diventa più efentica e nel ritornello diviene drammatica (lasciando intravere somiglianza con i Jag Panzer). L’assolo centrale varia sulla melodia ed ancora una volta di ottima fattura. Il brano rimanda a quell’ heavy metal anni ottanta da cui non è possibile prescindere e lo rilegge personalizzandolo. Così la terza traccia “Remission of Sin” si apre su riff che si installa nella testa e la melodia del ritornello esplode colorando le note di un bianco e nero in alta definizione. 
Crucified Heart” è brano veloce, la voce si muove in un punti esclamativi vero l’alto, stavolta Dan ci parla con acuti sporchi e violenti. 
Vorrei inoltre menzionare “Visionary in A Primitave Future” anche solo per il fatto che i Burning Black qui citano Pulp Fiction (Ezechiele 25:17 “Il cammino dell’uomo timorato…” interpretato nel film da Samuel L.Jackson) a conclusione del testo, ma siamo anche di fronte ad un pezzo ricco di passaggi oscuri e ben suonati che convergono in un ritornello epico.

…si prega di scendere. Siete arrivati a destinazione…

Gli edifici, le strade, i negozi ci indicano che siamo in uno dei quei quartieri antichi ove, a prima vista, vi sono cose che non esistono più altrove, poi ci accorgiamo, ad un esame più attento, che quelle stesse cose sono state ristrutturate senza tradire l’idea originale alla base della quale erano state create. Infatti i Burning Black suonano heavy metal che affonda le proprie radici nel passato (quello di Iron Maiden, Judas Priest o Accept), ma lo aggiornano pur rimanendo rispettosi dell’antico splendore. Infatti la produzione dei suoni viene lasciata all’artificiosa naturalezza della registrazione quasi analogica di studio. Così facendo i brani risultano più grevi, le distorsioni delle chitarre suonate da Eric Antonello e Chris Jeremy diventano pesanti, la batteria non fà eccessivamente male. A mio modo di vedere questa scelta paga però sopratutto nei brani più pesanti, diversamente in quelli più rock: suoni meglio definiti avrebbero creato una maggiore distanza tra la voce e il resto mettendo ulteriormente risalto le ottime melodie.  Tuttavia la band italiana non ha voluto mediazioni di sorta ed il risultato è comunque buono. 
Remission of Sin” è  ribellione verso ciò che è moda e pur non rigettando il presente i Burning Black decidono che il passato va onorato con brani davvero ben scritti e tanta passione che tracimeranno live con furioso impeto. 
 

Marco Giono

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