Recensione: Remnant Light

Di Stefano Santamaria - 18 Aprile 2017 - 0:00
Remnant Light
Band: Vaiya
Etichetta:
Genere:
Anno: 2017
Nazione:
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78

Album originariamente uscito nel 2014, “Remnant Light”, oggi viene ristampato via Nordvis Produktion. L’autore di questo album è Vaiya, progetto musicale che vede protagonista Rob Allen, artista già attivo nei doom/sludger Encircling Sea

L’espressività però qui rilasciata è ben diversa, parlando in una lingua più cupa, ambient per atmosfere, e black per suoni. Tre brani di tredici minuti ciascuno, un suono che viene perfettamente rappresentato dalla copertina del disco. Un flusso continuo, un’acqua di una cascata che costante batte sulla roccia. Noi idealmente , forgiati da essa, ci mettiamo alla base, preghiera che fortifica il corpo, ma che modella lo spirito rendendo lucente. 

Così, al di là di un filone la cui nera livrea riflette, ci troviamo in un album che ci trasmette energia, vigore. Un epico crescendo che vede lo scorrere della vita di fronte a noi, una lotta che portata a compimento, regala pace e consapevolezza. Ci torna in mente la natura, così spietata per certi versi, ma come madre che vuole educare ed insegnare, saggia e spontanea donatrice di vita. 

In un cerchio perfetto ruotiamo, parte di un meccanismo che troppo spesso vogliamo scardinare, ma che proprio per bellezza e rarità, molti non riescono a pieno comprendere. Full-lenght che non punta certo sulla tecnica, ma che per come è costruito e per le ambientazioni che regala, riesce perfettamente ad emozionare. Storia in cui notte e giorno si alternano, ed in cui tramonto ed alba diventano catalizzatori di serenità e fede, contemplazione di un mistero che ci angosciava, ma che semplicemente si deve vivere. 

Acqua disegna sempre forme nuove nell’aria, nuvole che  attraverso coscienza ora sappiamo distinguere, interpretare. Ci complimentiamo con Vaiya, perché riesce perfettamente nell’intento di trasmetterci costanza nei suoni, trovando poi un filo conduttore con l’immagine del full-lenght. 

Commoventi i passaggi acustici, un forte sentore di pagan, la cui essenza permane in ogni nota. Tre brani intensi, che vi consigliamo di scoprire, partendo dal presupposto che vi troverete di fronte ad un sound minimale, che non sconvolge nulla, ma che reputiamo comunque originale per una positività intrinseca e che definiremmo pagana. Un grido si espande nella foresta, una voce che corre e che dapprima gelava il sangue, ma che poi si scopre essere veicolo per diventare un tutt’uno con la spazio. La natura così si riempie di spiritualità , e noi ne abbracciamo i colori, il moto e le leggi, incondizionatamente.

Stefano “Thiess” Santamaria

 

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