Recensione: Remnants Of Filth

Di Vittorio Sabelli - 26 Settembre 2012 - 0:00
Remnants Of Filth
Band: Phobia
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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82

Da quasi tre decadi la parola grindcore è sinonimo di Napalm Death, brani compressi che raccontano storie in pochi minuti – spesso in pochissimi secondi – batterie impazzite e riff estremi presi in prestito dal punk. Ma, in quest’arco temporale, si è abusato del termine all’inverosimile e una miriade di pseudo-band grindcore (cosa frequente comunque in ogni stile musicale) ha appiattito il discorso e il messaggio iniziale, facendo scadere il genere stesso, con risultati noiosi e poco accattivanti. Fortunatamente altre coraggiose band hanno iniziato a usare espedienti e provato a cercare miscugli per rendere il discorso più variegato e interessante. I nomi sono molteplici, soprattutto sull’asse U.K.- U.S.A. (senza disdegnare quell’Est Europa che continua a contribuire molto alla causa), e proprio dalla terra delle ‘libertà’ da oltre vent’anni i Phobia dettano le regole per l’estremismo in ambito *-core. E lo fanno spingendo il discorso al parossismo, unendo alla violenza brutale del primo grindcore elementi presi da death, brutal, punk e soprattutto una robusta dose di buon gusto nel non rendere il tutto in maniera scontata.      

“Assertion To Demean” è un’ottima intro che trae in inganno con i suoi lunghi accordi, ma crea la giusta atmosfera e suspense per arrivare al primo riff spaccaossa, che rimette subito le cose in chiaro: i Phobia sono tornati – a distanza di quattro anni da “22 Acts Of Random Violence” – agguerriti come non mai, e i contrasti vocali di Shane McLachlan ne sono l’esempio più lampante. Cambia la line-up, passano gli anni ma Lui è una garanzia. La sua ugola da vent’anni brucia l’aria nei paraggi, non lasciando tregua a chiunque s’imbatta sulla sua strada. Nonostante i diciotto short che compongono “Remnants Of Filth”, la durata totale è esigua da permettere una folle analisi track-by-track. “Contradiction” rimette sulla retta via la band, quella via *-core, che non ha preferenze, perché spazia da una parte all’altra toccando le frange più estreme della musica. “Submission Hold” è brutale e il mid-tempo centrale ne esalta il contenuto, mentre “Plagued By The System” ritorna a casa con un omaggio ai padri Napalm Death, ma non c’è tempo di respirare o pensarci che s’inverte la rotta. Questa  volta tocca agli accordi dissonanti di “Dementia Having Overdose” lanciare il treno a mille, capitanato dal drummer Bryan Fajardo. “Got The Fear” è invece una ventinove secondi ‘alla Nasum’ dove un intro voce, una sezione slow e una ultra-fast si susseguono ad anticipare l’intro del basso di Calum Mackenzie nella violentissima “Infraction Of Pride”. La pelle del malcapitato rullante soffre sotto le scariche di blast-beats, tanto da chiamare una sezione thrash sulla quale uno dei pochi soli di chitarra si alza sopra le righe, ma solo per qualche istante, ed ecco che è obbligato a cedere nuovamente il passo al ritmo infernale. I riff punk+grind-core dell’ottima accoppiata Rainwater/CC Loessin in “Resolution” e “Let It Go” sono un’ottima base per spronare ancor di più il growl di McLachlan.

“Deaden To Believe” è un post-punk anni ’90 con tanto di ritornello melodico e solo di chitarra ma attenzione a non rilassarvi, perché i colpi inflitti da “Vengeance Will Be Mine” e “No Sympathy For The Weak” – così come evoca il titolo di quest’ultima – sono per chi è corazzato dalla testa ai piedi. L’ottimo 6/8 di “Freedom Isn’t Free” spezza momentaneamente la valanga ‘quadrata’ di 4/4, che riprende tempestivamente il comando nell’atroce “Atrocious Atrocity”, dove il ritornello è addirittura quasi da stadio. Evocativo il titolo “Filthy Fucking Punks”: non una virgola fuori posto per un ritorno in Inghilterra di fine anni ’70, mentre “Constrain Relations” ritorna ai Napalm Death di qualche anno dopo. “Resuscitate” è la quiete prima della tempesta finale.

Riff riconducibili al death metal scandinavo misti a stop’n’go in perfetto Pantera’s style sono il giusto preludio all’esplosiva “Inaction”, che saluta quest’ennesimo capitolo Phobia, dimostrando ancora una volta che la band è tra le migliori nel suo campo, e soprattutto è capace di far coesistere i diversi colori e le diverse sfumature della musica estrema in un unico eccitante blend, che è molto riduttivo – a mio parere – chiamare ‘semplicemente’ grindcore.

Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:

1. Assertion To Demean 1:30
2. Contradiction 1:04
3. Submission Hold 1:06
4. Plagued By The System 0:40
5. Dementia Having Overdose 1:00
6. Got The Fear 0:29
7. Infraction Of Pride 1:18
8. Resolution 1:34
9. Let It Go 0:56
10. Deaden To Believe 1:24
11. Vengeance Will Be Mine 0:55
12. No Sympathy For The Weak 0:57
13. Freedom Isn’t Free 0:46
14. Atrocious Atrocity 1:07
15. Filthy Fucking Punks 1:13
16. Constrain Relations 1:18
17. Resuscitate 1:28
18. Inaction 0:50

Durata 19 min.

Formazione:
Shane McLachlan – Voce
Dorian Rainwater – Chitarra
CC Loessin – Chitarra
Calum Mackenzie – Basso
Bryan Fajardo – Batteria
 

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