Recensione: Resurrection

Di Eugenio Giordano - 25 Maggio 2004 - 0:00
Resurrection
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Genere:
Anno: 2004
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62

Gli americani Taist of Iron pubblicarono inizialmente questo “Resurrection” nel 1984 proponendosi come una delle prime band statunitensi ad affidarsi a una voce femminile, la loro carriera purtroppo si interruppe poco dopo la realizzazione del disco lascinado all’oblio il nome della band.

La Hot Metal Records ha deciso di rispolverare questo platter riproponendo ai nostri giorni l’opera dei Taist of Iron, il disco non ha subito nessun tipo di “restaurazione” sonora e presenta un sound identico a quello che potete apprezzare sulla versione in vinile. A livello artistico i Taist of Iron ricordano da vicino gruppi più blasonati e famosi della scenna degli eighties come Zed Yago e i primi Warlock. Non siamo di fronte a una band particolarmente innovativa o capace di comporre brani complessi, il metal dei nostri americani si basa su pezzi diretti e giocati su refrain abbastanza semplici. I Taist of Iron possiedono senza dubbio un appeal metal innegabile, l’energia del gruppo è affidata alle chitarre e a una sezione ritmica poco elaborata ma senza dubbio efficace. A queste caratteristiche unite una attitudine live innegabile che rende ogni brano di questo “Resurrection” apprezzabile fin dai primi passaggi, quello che spesso accade è che i pezzi siano fin troppo semplici per poter colpire l’ascoltatore specialmente se si considerano i livelli compositivi attuali. E’ questo in definitiva il difetto dei Taist of Iron, ossia la loro pochezza artistica e la semplicità delle loro soluzioni, all’epoca molti gruppi li superavano nettamente sotto questo profilo. Sappiate e considerate questi aspetti se siete in procinto di mettervi alla ricerca di questo disco.

Le danze si aprono con “The gates” e “Victim child” due pezzi dinamici e aggressivi dove la brava Lorraine Gill mostra di possedere una timbrica cattiva e convincente sebbene i brani non spiccano per profondità compositiva. Bella “We give life” che possiede il mood dei metal anthem stile Accept, senza dubbio questo è il brano migliore del disco. Sotto le aspettative “Feeling you” è un mid tempo piuttosto complicato che si distende su una lunghezza eccessiva finendo per annoiare l’ascoltatore rivelandosi ripetitivo. Meglio messe a fuoco “Metal meets metal” e “Evil” rialzano il tiro del disco sebbene sia ormai evidente che i Taist of Iron non siano stati esattamente delle cime della scena statunitense. Gli spunti oscuri e avvolgenti di “Bloody axe” ricordano i primi Mercyful Fate senza però eguagliarne lo stile compositivo. La conclusiva “Cross the fire” viaggia su tempi medi e si rivela piacevole grazie a una buona prova vocale. Lungo tutto il disco il chitarrista Wylum Pearson mostra una tecnica notevole, purtroppo lo stile dei Van Halen è fin troppo presente nelle parti soliste. Praticamente ogni assolo dei Taist of Iron è una ripetizione di “Eruption” dei Van Halen.

Ancora una volta mi vedo costretto a buttare acqua sul calderone degli anni ottanta, allora come oggi, moltissime band riuscivano a esordire sul mercato specialmente negli States e in Inghilterra. Solo poche di queste band meritano realmente di essere ricordate oggi, mi spiace dirlo ma resto convinto che l’attuale scena metal, nella stragrande maggioranza dei casi, possieda uno stile, una competenza strumentale e una capacità compositiva che negli anni ottanta erano solo un sogno.

1. Resurrection  
2. The Gates  
3. Victim Child  
4. We Give Life  
5. M.O.R.R.  
6. Feeling You  
7. Love & Pain  
8. Metal Taco  
9. Evil  
10. Bloody Axe  
11. Cross Of Fire  
12. Ouija  
 

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Anno: 2004
62